Articoli
BAMBINI E ANZIANI IN MUSICA: UNA VERA FESTA
In Campo de’ Fiori, luglio 2015, pag.7
Il giorno 7 giugno scorso a Roma, al Centro Anziani della Balduina in Piazza Mazzaresi ,si è svolta una vera festa che ha coinvolto bambini e anziani: due età che, notoriamente, si intendono alla perfezione visto che hanno la libertà necessaria per “capire l’essenziale” e riuscire a condividere le passioni comuni. L’occasione è stata il saggio di fine anno del valente gruppo di coristi “I temerari della Balduina”, diretti dalla Maestra di Coro Maria Cristina De Santi, accompagnati al pianoforte dal Maestro Salvatore Piras, che hanno cantato musiche popolari come Reginella e operette tra cui celebri arie tratte dal Cavallino Bianco, Cin-Ci-Là e Donne, Donne Donne dalla Cavalleria Rusticana. Inoltre, una delle coriste nonché nonna di una bambina Gaia, la signora Gabriella Belfiore ha avuto la brillante idea d’invitare i bambini del Coro della Scuola S. Francesco D’Assisi, una scuola pubblica della zona di San Pietro. L’occasione è stata afferrata al volo dai bambini ed alcuni rappresentanti della classe I B e un’esponente della quarta elementare sono intervenuti festosamente, diretti dalla Maestra Maddalena, e si sono esibiti in alcuni brani scelti del loro spettacolo “L’Italia in Musica” – breve viaggio nella canzone popolare italiana- dalla Monferrina, celebre ballata piemontese alla siciliana CiuriCiuri senza dimenticare la famosa canzone romana “La società dei magnaccioni” o la romantica abruzzese Reginella Campagnola. I bambini cantavano a cappella e mimavano le parole dei brani che, in alcuni casi, avevano imparato a danzare. Il repertorio è stato scelto dalla Maestra Maddalena dalla tradizione popolare perché ritiene importante che i bambini conservino il ricordo della nostra storia. Al termine della manifestazione, tutti insieme, piccoli e grandi, hanno intonato l’Inno di Mameli. Il saggio è stato dedicato al ricordo del Presidente Carlo Calicchia. Ci sono stati poi regali per i bambini e fiori per le Maestre e il Maestro. E’ stata un’occasione indimenticabile in una domenica di giugno, di condivisione tra tutte le generazioni: bambini, genitori che li accompagnavano, e anziani a dimostrazione che, a volte, basta poco per creare una vera armonia, che contrasta efficacemente l’isolamento della nostra vita.
C’ È QUALCOSA IN TE
In Campo de’Fiori, febbraio 2015
Scritto, diretto e interpretato da Enrico Montesano, Teatro Sistina Roma, dal 13 al 25 gennaio 2015, un cast di giovani attori, ballerini e cantanti.
Nuove Coreografie di Manolo Casalino
100 costumi
Scene: Gaetano Castelli
Musiche originali di Renato Serio
Canzoni edite di Garinei e Giovannini, Trovajoli, Kramer Rascel e Gianni Mattone
di Maddalena Menza
Uno spettacolo pensato, bello, che riconcilia gli animi con il grande teatro, scritto, diretto, recitato e cantato dal mattatore Enrico Montesano, alla sua seconda prova con due dei suoi figli: i giovani Michele Enrico e Marco Valerio che, sotto la guida di un tale maestro, lo affiancano agevolmente nei panni del barista del bar Tuttofare (Marco Valerio) e del giovane avvocato rampante Nicolò (Michele Enrico). L’anno scorso si erano cimentati al Teatro Brancaccio e ora sono nel tempio della commedia musicale italiana: il Sistina appunto.
C’è qualcosa in te è un omaggio commosso e divertito alla commedia musicale italiana con la C maiuscola, incarnata in modo totale dalla ditta Garinei e Giovannini (G&G) che ha attraversato cinquant’anni di storia italiana proponendo delle musiche e delle canzoni indimenticabili.
La storia, che è un bellissimo “pretesto” su cui si innestano le tappe più importanti di commedie come Giove in doppiopetto, L’uomo inutile, Rugantino, con musiche di autori del calibro di Trovajoli, Kramer, Renato Rascel, Claudio Mattone e i “padroni di casa” Garinei e Giovannini, vede protagonista il custode di un vecchio deposito di costumi, Nando Ciavatta che, a un certo punto, viene avvicinato da una giovane un po’ troppo “impunita” –come si dice a Roma, di nome Delia. La giovane, che è molto brava sia a cantare che a recitare, non sa però che porta lo stesso nome di una celebre soubrette, Delia Scala, appunto. Nasce perciò tra i due un vivace battibecco.
In seguito, il custode scopre dal giovane avvocato Nicolò (interpretato dal figlio Michele: Enrico appunto) che il destino del deposito stesso è segnato: diventerà un Centro Commerciale e lui dovrà sloggiare.
Nando si oppone strenuamente a questo cambiamento ,che distruggerebbe tutta la sua vita e arriva anche allo sciopero della fame, aiutato da un giovane barista del bar Tuttofare (il figlio Marco Valerio) e dalla stessa Delia che ha superato i primi dissapori. Si scopre poi che la ragazza è la figlia della Presidente che vuole la trasformazione … una certa Adelina, come il primo grande amore di Nando che, poi, è misteriosamente scomparsa quando aspettava una bambina da lui.
Ma lo spettacolo è molto di più della semplice storia perché i costumi sono magici e i protagonisti, indossandoli, possono trasformarsi nei grandi nomi che li hanno indossati e diventano anche… “magicamente” intonati.
Così ci troviamo di fronte a Delia Scala, Carlo Dapporto, Renato Rascel, Marcello Mastroianni e tanti altri, grazie anche all’abilità imitativa di Enrico Montesano.
Inoltre i ballerini della Compagnia si esibiscono in numerosi balletti, che rendono ancor più divertente e frizzante lo spettacolo. Non manca la galleria dei personaggi più popolari di Enrico.Il mio preferito è il vecchietto Torquato, alle prese con la crisi, ma sempre pimpante, che vengono riproposti in quest’occasione.
C’è poi lo spazio per la satira politica, con degli accenti pungenti all’attualità politica e di costume che sono sicuramente molto accattivanti.
Pubblico di tutte le età e, nella serata in cui ho visto io lo spettacolo, c’erano molte giovani ammiratrici dei figli di Enrico Montesano, accompagnate dai loro genitori. Insomma, evviva il teatro che unisce le generazioni!
CON LE PERIFERIE NEL CUORE
In Campo de’ Fiori, aprile 2015, pag.40
E’ uscito il nuovo docu-film di Pierluigi Giorgio sul viaggio del papa in Molise edito da San Paolo
di Maddalena Menza
Le periferie sono i posti in cui papa Francesco si è soffermato di più in questi due anni di pontificato. Lui stesso, presentandosi, ha tirato in ballo la lontananza della sua provenienza (vengo dalla fine del mondo) e non è un caso che i suoi discorsi più belli siano avvenuti proprio in posti periferici.
Dalla dignità della persona alla necessità di non emarginare i vecchi rinchiudendoli nelle case di riposo e rinunciando alla loro saggezza e memoria né costringere i giovani all’inattività che toglie speranza , questi discorsi ricorrono nel viaggio del papa in Molise del 5 luglio scorso. E proprio il viaggio del papa è il tema da cui parte questo docu- film. “Le periferie del cuore” sono quelle più significative per capire il senso della vita in un Molise abitato da gente un po’ chiusa ma solida e forte nella difesa dei valori, come questi montanari dal cuore tenero, un percorso che è stato raccontato con accenti poetici dal regista Pierluigi Giorgio, lo stesso narratore ambulante come lui stesso si definisce, autore di tanti documentari e volto noto della trasmissione Geo & Geo, che ha seguito in questo docu-film la visita del papa e una narrazione parallela del viaggio di speranza di Elvira, una sorridente signora avellinese , sulla sedia a rotelle perché colpita da una malattia degenerativa, che ha trasformato la debolezza della sua malattia in forza, assistendo lei stessa negli ospedali i malati e che ha sentito il bisogno di compiere, parallelamente a papa Francesco, con l’aiuto di alcuni volontari, comunque, la sua personale ascesa al monte nell’attesa del papa che, a un certo punto,apparirà.
Il percorso di fede addolcito dalla poesia, che dà un senso nuovo al soffrire culmina nello sguardo stupefatto di una bambina alla stella mentre ascolta la frase conclusiva del filmato: “Bimba mia se io non fossi già nel tuo cuore, tu non potresti vedermi” e da’ allo spettatore una profonda emozione.
La presentazione di quest’opera, definita da Mons. Gian Carlo Bregantini Arcivescovo “un film che va oltre l’aspetto di un documentario perché ha scavato nel cuore del dolore”, è avvenuta a fine marzo presso la sede della Radio Vaticana, alla presenza del regista, del rappresentante di Radio Vaticana,del giornalista Raffaele Luise, vaticanista di lunga data e autore del libro che ha dato il titolo al docu –film, che enuncia nel filmato le qualità di papa Francesco di rinnovatore della chiesa e Mons. Gian Carlo Bregantini,anima del viaggio in Molise e amico del regista con cui si sono scambiati durante la presentazione amene frecciatine linguistiche e la moderatrice e organizzatrice dell’evento, Rita D’Addona , addetta stampa diocesana. E’ stato accolto da grande entusiasmo e si è svolto alla presenza di un folto pubblico sia romano che molisano, venuto per l’occasione soprattutto da Jelsi, paese nativo del regista e località capace di far convivere pacificamente tradizioni ancestrali contadine e vita internazionale. Del resto, solo chi ha forti radici può essere veramente capace di confrontarsi col mondo.
L'ECLISSE DI SOLE DEL 20 MARZO 2015
A cura del Progetto Andromeda di Paolo Conte - progetto.andromeda@gmail.com
Realizzazione grafica: Copisteria Monteverde - monteverdecopisteria@gmail.com
Un'eclisse di Sole si verifica quando la Luna, osservata dalla Terra, passa davanti al Sole e nasconde il disco della nostra stella completamente (eclisse totale) o in parte (eclisse parziale). Il 20 Marzo 2015 ci sarà un'eclisse totale nell'Oceano Atlantico e nel Mar Glaciale Artico, che in Italia vedremo solo come parziale.
DOVE L'ECLISSE SARÀ TOTALE
Anche nell'Oceano Atlantico settentrionale e nel Mar Glaciale Artico l'eclisse comincerà (e poi terminerà) come parziale. Ma, ad un certo momento, in quelle zone il nostro satellite risulterà perfettamente allineato con il Sole, e l'eclisse, per circa due minuti e mezzo, sarà totale. Lo spettacolo sarà grandioso e impressionante al tempo stesso: con il Sole oscurato dalla Luna, il cielo diventerà buio e appariranno i pianeti e le stelle più luminose. La Luna, che rivolgerà alla Terra la sua parte non illuminata, si mostrerà come un disco nero, cui farà da sfondo la corona solare, la regione più esterna dell'atmosfera del Sole, che apparirà come un alone luminoso color bianco perla. Durante la totalità si osserva anche la luce rossastra della cromosfera, lo strato più basso dell'atmosfera solare, dalla quale s'innalzano le protuberanze, getti di gas incandescente simili a enormi fiammate. Per la loro debole luminosità, la cromosfera e la corona si rendono visibili solo durante un'eclisse totale (a meno che non si usino particolari strumenti per l'osservazione solare).
L'ECLISSE PARZIALE A ROMA E IN ITALIA
Per l'Italia, posta molto più a Sud delle zone che osserveranno l'eclisse totale, l'allineamento Luna- Sole non sarà così perfetto e l'eclisse risulterà solo parziale. A Roma il fenomeno avrà inizio alle 09.24 e terminerà alle 11.43. La massima copertura del Sole è attesa per le 10.32, quando il disco della nostra stella sarà eclissato per il 62%. A Milano lo sarà per il 71%, a Palermo per il 54%. Con queste coperture non si registrerà alcun calo di luce, non si vedranno stelle e pianeti, ma sarà interessante osservare i diversi aspetti che assumerà il Sole mano a mano che la Luna gli scorrerà davanti. All'inizio il bordo in alto a destra del Sole ci apparirà mancare di una parte: è la Luna che comincia a nasconderci un "pezzettino" della nostra stella. Poi, nella fase centrale dell'eclisse, il disco del Sole si mostrerà simile ad un sorriso o ad una barchetta luminosa, con le punte rivolte verso l'alto. In seguito, la sovrapposizione della Luna al Sole si ridurrà sempre più, fino a che il disco solare tornerà ad apparirci perfettamente tondo. Per la luminosità del cielo diurno, la Luna non sarà percepibile come un disco nero, nemmeno la parte sovrapposta al Sole.
Per l'Italia il 20 Marzo 2015 sarà l'ultima occasione per vedere il Sole nascosto per più del 50% prima delle eclissi parziali del 12 Agosto 2026 e del 2 Agosto 2027. Infatti, questa copertura non sarà mai raggiunta in nessuna delle eclissi solari previste per il 21 Giugno 2020, il 10 Giugno 2021,i1 25 Ottobre 2022 e il 29 Marzo 2025. A quando, invece, la prossima eclisse totale in Italia? C'è tempo: 3 Settembre 2081! Dove? Lombardia, Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
OMBRA E PENOMBRA
Le zone che osservano un'eclisse totale si trovano immerse nell'ombra della Luna, ma sempre per pochissimo tempo: da qualche secondo ad un massimo di 7 minuti e mezzo. Ciò è dovuto al fatto che la Luna si muove velocemente nello spazio, e di conseguenza anche la sua ombra, non più ampia di 300 chilometri, si sposta rapidamente sulla Terra, viaggiando anche fino a 2.000 chilometri orari! Il percorso dell'ombra lunare sulla superficie terrestre viene chiamato fascia della totalità. Attorno a questa fascia si estende un'area molto più vasta, ampia diverse migliaia di chilometri, in cui il Sole non appare mai completamente nascosto: è la zona di penombra, dove l'eclisse si osserva come parziale.
Il 20 Marzo 2015 l'ombra della Luna comincerà il suo percorso nell'Oceano Atlantico settentrionale, a Sud della Groenlandia. Successivamente, passerà tra l'Islanda e l'Inghilterra, per poi proseguire la sua corsa verso il Mare Glaciale Artico, fino ad arrivare al Polo Nord. Le uniche terre emerse che incontrerà sono le Isole Faroe e le Isole Svalbard. La zona di penombra, invece, è molto più ampia: si estende dagli estremi territori nord-orientali dell'America settentrionale a buona parte dell'Asia centrosettentrionale, abbracciando la Groenlandia, tutta l'Europa, e l'Africa settentrionale. Naturalmente, in questa zona il Sole apparirà sempre meno eclissato quanto più ci si allontana dalla fascia della totalità.
DIMENSIONI E DISTANZE
Se quest'area gialla rappresentasse una parte del Sole, la Luna, in proporzione, sarebbe grande quanto questo puntino "l.
E allora, come fa il Sole ad essere eclissato da un corpo celeste così piccolo?
La risposta è che, per una curiosa combinazione, il Sole è 400 volte più grande della Luna, ma è anche 400 volte più lontano. Di conseguenza, il suo disco, osservato dalla Terra, presenta le stesse dimensioni apparenti di quello lunare. Ecco perché il nostro satellite riesce a nasconderci il Sole: oltre alle dimensioni contano anche le distanze.
Ma il perfetto allineamento Luna-Sole non dà sempre luogo ad un eclisse totale. Questo accade perché la distanza tra la Terra e la Luna non è sempre la stessa, e così pure quella tra la Terra e il Sole. Se la Luna si trova alla massima distanza dalla Terra, e la Terra è alla minima distanza dal Sole, il disco lunare apparirà un po' più piccolo di quello solare e non riuscirà a nasconderlo del tutto: il bordo del Sole rimarrà visibile tutto attorno alla Luna, come a disegnare un anello, e per questo motivo l'eclisse viene detta anulare.
LE ECLISSI SOLARI SONO RARE?
Ii 20 Marzo 2015 la Luna sí troverà tra la Terra e il Soie. Ma questo succede una volta al mese, perché la Luna, girando intorno alla Terra, ogni 29,5 giorni si viene a trovare tra il nostro pianeta e la nostra stella. Perché, allora, non c'è un'eclisse solare ogni mese? La risposta è che, per avere un'eclisse di Sole, non basta che il nostro satellite si trovi tra la Terra e il Sole; la Luna deve passare proprio sulla linea immaginaria che unisce la Terra al Sole. Ma l'inclinazione del suo percorso intorno alla Terra porta la Luna, il più delle volte, a stare un po' più in alto o un po' più in basso rispetto a tale linea: in questi casi l'ombra e la penombra non riescono a raggiungere la Terra, e quindi non si verifica alcuna eclisse. Gli astronomi hanno calcolato che, in un anno, si possono contare da un minimo di 2 fino ad un massimo di 5 eclissi di Sole (indipendentemente che siano totali o parziali). Ma allora perché ogni anno non si vedono almeno 2 eclissi dalla stessa località? Innanzitutto dobbiamo tenere presente che la Terra gira su sé stessa, e quando la Luna si allinea con il Sole, non è detto che quella località venga a trovarsi proprio nella zona interessata dall'eclisse (ad esempio il Sole sarà già tramontato in Italia quando gli Stati Uniti saranno interessati da una eclisse totale il 21 Agosto 2017). Inoltre, dobbiamo anche considerare le limitate dimensioni dell'ombra e della penombra. L'ombra, come si è detto, non è più ampia di 300 chilometri e prima di tornare a passare sulla stessa località trascorrono, di solito, 3 o 4 secoli. La penombra, invece, è molto più estesa e questo rende le eclissi parziali molto più frequenti di quelle totali. Ma siccome la penombra non riesce maì ad abbracciare tutto il globo terrestre, ma solo una sua parte, solitamente una stessa località osserva due eclissi parziali di Sole a distanza di qualche anno l'una dall'altra. Pertanto, possiamo concludere che le eclissi solari non sono rare (da 2 a 5 all'anno), ma non per la stessa località.
OSSERVARE LE ECLISSI SENZA STRUMENTI OTTICI
Anche l'osservazione diretta del Sole effettuata ad occhio nudo (cioè senza l'ausilio di strumenti ottici) espone i nostri occhi a rischi molto gravi se non vengono adeguatamente
protetti. Essi devono essere sempre schermati in modo da ridurre l'accecante luce solare a valori accettabili. I dispositivi più sicuri sono gli appositi occhialetti o visori da eclissi, che si possono trovare nei negozi di ottica specializzati nella vendita di prodotti astronomici. In alternativa, si possono adoperare i vetrini per maschere da saldatore, purché abbiano un grado di oscuramento (DIN) non inferiore a 13 (il valore è indicato, in genere, sul bordo del vetrino). Sono acquistabili nei negozi di ferramenta o nei negozi di articoli antinfortunistici e di sicurezza.
Bisogna, invece, assolutamente evitare di guardare il Sole attraverso occhiali da Sole, vetri scuri o affumicati, lastre radiologiche, pellicole fotografiche, filtri polarizzatori per fotografia e compact disc: tutti questi oggetti non permettono di ridurre a sufficienza la luce solare, e soprattutto non bloccano i raggi ultravioletti e infrarossi.
Non occorre, invece, schermare i nostri occhi se decidiamo di osservare un'eclisse in proiezione. Si tratta di un metodo di osservazione indiretta che consiste nel far passare i raggi solari attraverso un foro piccolissimo (non più ampio di 1 o 2 millimetri di diametro) ricavato in un cartoncino e nel proiettare poi l'immagine del Sole eclissato su un altro cartoncino bianco che funge da schermo (a). In alternativa al cartoncino, un materiale che si fora facilmente con uno spillo sono i fogli di alluminio per alimenti (b). Ne basta un pezzettino, da fissare con nastro adesivo su un intaglio aperto all'interno di una tavoletta (c). L'osservazione in proiezione sfrutta lo stesso principio di funzionamento della camera oscura: la luce emessa da un corpo luminoso o illuminato, propagandosi in linea retta, nel passare attraverso un foro molto piccolo, crea su uno schermo un'immagine rovesciata e capovolta dell'oggetto stesso (d). Pertanto, anche l'immagine del Sole eclissato risulta rovesciata e capovolta. Le sue dimensioni crescono all'aumentare della distanza tra foro e schermo: poco più di 9 millimetri di diametro per 1 metro di distanza. Ma al crescere delle dimensioni, l'immagine perde di luminosità. Per ridurre il disturbo della luce ambientale, la proiezione può avvenire all'interno di una scatola (e) o di un tubo di cartone (f). Possiamo anche non fabbricarci nulla e utilizzare alcuni oggetti di uso comune già dotati di fori molto piccoli, come, ad esempio, quelli di uno scolapasta (g). Oppure ci basterà soltanto intrecciare opportunamente le nostre dita per creare piccolissimi passaggi alla luce solare (h). Infine, possiamo anche metterci all'ombra di un albero o di un cespuglio frondoso e intercettare su un foglio o un lenzuolo bianco le immagini del Sole eclissato (i).
GELSOMINO NEL PAESE DEI BUGIARDI
In “Pepeverde” anno 2015
Gelsomino nel paese dei bugiardi è uno dei primi libri di uno scrittore ,Gianni Rodari, che non ha certo bisogno di presentazioni ma che costituisce uno dei capisaldi della nostra letteratura per l’infanzia , dimostrando che di letteratura con la elle maiuscola si tratta e può essere tolta da quel limbo in cui, a volte, è relegata.
Questo libro però, che al suo apparire ebbe un discreto successo ma che, a poco a poco, è caduto nel dimenticatoio, credo sia opportuno presentarlo.
Si tratta della storia di Gelsomino, un ragazzo di paese dalla voce potentissima che però, a causa di questo suo “dono particolare” che crea sconcerto e imbarazzo negli altri, è costretto ad andar via dal luogo natio perché non è più possibile viverci. Alcuni in effetti, lo acclamano perché le meraviglie della sua voce sono quelle di un angelo, altri lo temono come la peste perché per loro , queste qualità altro non sono che la maledizione di uno stregone.
Cammina, cammina- come direbbero le nonne di una volta- Gelsomino fuggito dal suo paese, si trovò in un luogo veramente singolare dove tutte le persone, che ci tenevano a conservare la loro testa saldamente fissata al collo, dovevano dire bugie.
Questo perché quella nazione era stata conquistata tempo prima, da una banda di pirati capeggiata da Giacomone, che ne era ben presto diventato il re ma che, come si può immaginare, aveva tutto l’interesse a non divulgare la verità circa la sua storia piratesca.
Così re Giacomone, insieme ai suoi loschi compari, aveva deciso che la soluzione era semplice: su tutto il suo regno avrebbe aleggiato lo spirito della menzogna.
Da quel momento, in quel paese, per mangiare un po’ di formaggio si doveva chiedere della gomma da cancellare e dell’inchiostro per bere un bicchier di vino.
Gelsomino ci mise un po’ a capire come funzioni quello strano paese e fa amicizia con uno strano gatto disegnato sul muro da una bambina, che scende dalla parete e che lo affianca nelle sue peripezie.
Il suo nome è Zoppino. Insieme i due amici affrontano la situazione ma la voce (il dono) di Gelsomino è tanto potente che attira le mire di un celebre maestro di musica dal nome, guarda caso, di Domisol , che lo vuole far diventare un celebre tenore .
La bravura di Gelsomino è enorme e il maestro, già pregusta il suo lauto guadagno, quando l’ugola potentissima del ragazzo (come lui aveva previsto) sbriciola letteralmente il teatro.
Così Gelsomino è costretto a scappare e a vivere altre mirabolanti avventure insieme ad altri numerosi amici tra cui il pittore Bananito (che ricorda Picasso) , Benvenuto Mai Seduto (che invecchia ogni volta si siede) zia Pannocchia e Romoletta finché, con una serie di “srotolamenti a catena” come li chiamo io –ossia quella serie brillante di giochi linguistici e colpi di scena che, come una serie di pupazzetti a molla escono dalla scatola delle sorprese della penna di Gianni Rodari, si trascinano i piccoli lettori ( ma anche i grandi) in questo mondo bellissimo dove, alla fine,la verità trionfa ma senza prosopopea e ,in questo senso, Gelsomino è un libro più fresco che sarebbe il caso i rivalutare.
Gelsomino, consigliato dai 7 anni in su, è pure un felice modo per i genitori di stabilire un contatto autentico con il proprio figlio attraverso la lettura ad alta voce magari prima di dormire, che è sicuramente un dei modi più belli per crescere insieme accanto ai propri bambini.
In questo libro, il gioco di parole,l’allitterazione, l’iperbole aumentano la meraviglia per un mondo visto con il necessario distacco, in cui sono trionfanti i valori dell’amicizia, della tolleranza, lontani però dal conformismo e dal luogo comune.
Un’altra caratteristica di questo libro, che mi ha molto colpito e credo sarebbe importante inoculare ai bambini come un buon ricostituente, è l’assenza di quel velo di retorica che, in alcune opere di Rodari, appesantisce il racconto e che risulta molto datato, molto anni ‘Settanta ed è invece totalmente assente nella storia di Gelsomino dove si respira un’aria di libertà, un’aria pura.
In questo libro, lo scrittore ha indicato ai bambini come viatico essenziale per affrontare la difficile avventura della vita proprio il buonumore, l’ironia, la leggerezza, una bella risata che spinge sul terreno della divergenza e della creatività (del riso sottilmente deviante)e risulta anche lo scudo più solido contro le aggressioni (di tutti i generi). L’ironia in funzione antiretorica.
Gianni Rodari compie quest’impresa sottolineando l’importanza della lingua, erige una sorta di monumento alla lingua, nella sua complessità e nella sua corretta architettura e insiste a riscoprire la voce potente di Gelsomino, che, unica voce dissidente, con la forza che viene dall’ironia e dalla bontà, trova lungo la strada compagni di viaggio che lo aiutano a far sgretolare le fandonie costruite nel paese dei bugiardi e ritorna alla verità: l’unica medicina che fa guarire una società già malata, come quella dell’epoca e ancor più la nostra, con una cura miracolosa e cioè l’ottimismo della volontà.
IL MERCANTE DI VENEZIA
Di William Shakespeare
Con GIORGIO ALBERTAZZI
e con Franco Castellano
TEATRO Ghione, Roma dal 21 gennaio all’8 febbraio 2015
La forza e l’immortalità delle opere di Shakespeare sta nella capacità, attraverso una scrittura avvincente e poetica al tempo stesso, di tratteggiare caratteri umani che ci sanno sempre stupire.
Questo accade perché il testo è vissuto, incarnato da attori di razza che sanno far diventare nuova ed inedita la vicenda, che poi null’altro è se non lo spettacolo delle giravolte della vita, quasi in uno specchio che ci mostra nelle nostre grandezze e anche nelle nostre meschinità. A tal proposito, giganteggia Giorgio Albertazzi che impersona la figura del mercante ebreo Shylock, disprezzato dai veneziani perché presta il denaro ad usura ma ricercato quando Antonio, per aiutare il suo amico Bassanio a conquistare la ricca e nobile Porzia, deve ricorrere a lui per un prestito di tremila ducati in quanto le sue ricchezze sono tutte nei traffici marittimi.
La storia è arcinota : Shylock accetta ma se Antonio non riuscirà a restituire il denaro nei tempi stabiliti, come penale una libbra di carne del debitore. Inoltre Shylock ha una figlia:Jessica, che ama moltissimo che fugge con un cristiano, Lorenzo, lasciando il padre solo e sconfitto perché Porzia, per difendere il suo amore Bassanio, amico di Antonio, si traveste da avvocato e dice che per la legge veneziana, potrà prendere la libbra di carne a patto di non far uscire neanche una goccia di sangue. Invano l’ebreo/Albertazzi , che ha una presenza scenica veramente enorme e incanta l’uditorio solo “stando” sul palco, chiede a quel punto perlomeno la restituzione della somma di denaro da lui prestata. Porzia è implacabile: non avrà niente.
Si vede perciò in questa vicenda tutto l’inesorabile declino di Shylock che, però non è affatto un personaggio dimesso e meschino ma appare in tutta la sua lucidità di cui mostra la dignità profonda anche nella sconfitta e l’ipocrisia dei cosiddetti “bravi cristiani” pronti al primo accenno a tradire la fiducia delle donne amate: Porzia e Nerissa, dando l’anello alla stessa (Porzia travestita) che l’aveva pregato di non separarsene mai pena la fine del loro legame e la perdita del suo amore. La delicata architettura della commedia è corroborata in particolare dalla recitazione del “tormentato” Antonio, interpretato da Franco Castellano,dalla furba e divertente-divertita Porzia interpretata da Stefania Masala e da uno “svagato” Doge. Il bravo Franco Trevisi.
Un cenno a parte merita la prova di bravura del servitore di Shylock Job, affettuosamente detto Jobbino che in reltà si chiama Lancillotto. Passa dalla parte di Bassanio, che lo tratta meglio dandogli una livrea gallonata, che però rimpiange qualche volta l’avaro Shylock.
IL GENERALE E I “FRATELLINI D’ITALIA” NEI DISEGNI DI PAOLO CARDONI
Rivista LG Argomenti, anno 2011
In un anno come questo, in cui la nostra Italia festeggia i 150 anni della sua costituzione in senso unitario, non poteva mancare un’opera d’animazione che suggellasse con eleganza ed arte, quest’appuntamento. Ed ecco che nasce “Il generale e i fratellini d’Italia”, un film che in modo divertente e accattivante, racconta ai bambini la storia d’Italia senza tradire la fedeltà storica ma rievocando lo spirito dell’Unità d’Italia attraverso storie di fantasia con i topi come protagonisti.
L a vicenda si apre a Torino, nel 1860, quando un nobiltopo di corte, il marchese Bucaformaggio, finisce per caso nel portadocumenti che re Vittorio manda a Garibaldi, ormai sul punto d’intraprendere la storica impresa, la spedizione dei Mille.
Viaggiano sulla stessa nave anche Camilla, la nobile cagnolina del Conte di Cavour sfuggita al suo padrone e due topi rivoluzionari napoletani, Ciro e Cecilia. Completa la compagnia Ernesto, il topo che segue Garibaldi fin dai tempi dell’America Latina, che è il più infiammato nel proposito di aiutare il generale. Fonderanno così un’associazione segreta dal nome suggestivo “I Fratellini d’Italia” e saranno osteggiati però dal Marchese Bucaformaggio, contrario all’iniziativa.
La vicenda si conclude a Teano con lo storico incontro tra Vittorio Emanuele e Garibaldi, non senza rovesciamenti, colpi di scena, avventure, voli in mongolfiera, che piaceranno di sicuro ai bambini.
Prodotto da Rai fiction e dalla Lanterna Magica, quasi sicuramente, sarà presentato in anteprima al Quirinale, all’apertura dell’anno scolastico, alla presenza del nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e andrà in onda su Raidue in autunno.
IL MONDO DI MAURO L. EVANGELISTA, UN ARTISTA DEL LIBRO TATTILE
In Rivista LG Argomenti anno 2010
Ho conosciuto Mauro L. Evangelista, perché insegnava arte nella stessa scuola dove insegno anch’io e ho avuto la fortuna di collaborare con lui, ad un progetto per una mostra sulle opere di Leo Lionni, che ha entusiasmato i bambini che vi hanno partecipato.
Questo saggio nasce dalla consapevolezza di aver lavorato con un grande artista che, purtroppo, prematuramente è scomparso , ma ha lasciato, in tutti quelli che l’hanno conosciuto, una traccia “magica” grazie alla sua personalità, che sapeva toccare le corde giuste per ottenere il meglio da ognuno e che si è espressa molto anche nel suo ruolo d’insegnante, di chi lascia un segno indelebile nel cuore dei ragazzi.
Quest’articolo vuole essere però anche un modo per far conoscere di più al pubblico così qualificato della rivista LG argomenti , il suo lavoro, con particolare riferimento al libro tattile.
E per farlo bisogna iniziare dalla sua vita. Nato nel 1964, diplomato in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma, Mauro L. Evangelista aveva iniziato a lavorare come fotografo di scena in spettacoli teatrali e nel teatro danza. Successivamente, è stato disegnatore tessile in un grande studio all’interno del quale ha avuto modo si sperimentare numerose tecniche fotografiche.
Come autore indipendente, ha progettato e prodotto complementi d’arredo nel settore tessile e d’illuminazione. Dal 2004 si è occupato d’illustrazione, ben due volte, nel 2005 e nel 2007, Mauro Evangelista ha vinto il premio Tactus, rispettivamente con Troppo ordine, troppo disordine e Cuore di pietra.
Ma cos’è il libro tattile e cosa trasmette a tutti noi ? I libri tattili sono nati per soddisfare la curiosità dei bambini ipovedenti e ciechi ma, in realtà, sono per tutti. Utilizzati come strumenti didattici per stimolare la percezione tattile, questi libri sono illustrati con diversi materiali, forme, textures e accompagnati dalla scrittura braille.
I libri tattili sono comunque libri d’artista poiché sono oggetti per lo più realizzati a mano, dalle tirature molto limitate, che hanno visto negli anni crescere l’interesse per nuove forme di comunicazione.
“Il libro tattile è infatti un altro modo di pensare la grafica e l’illustrazione, è una sfida multisensoriale, un modo per rendere libere le immagini”.[1]
Credo che in questa sua attività di artista del libro tattile, Mauro L. Evangelista abbia messo tutta la sua poetica , sposandone perfettamente le caratteristiche di una diversa comunicazione, che passava attraverso un canale diverso dai soliti, quello sensoriale, che riusciva più profondamente a penetrare il mondo.
Ma vorrei lasciare a lui la parola ricordando un suo contributo scritto nel marzo 2010, in occasione della manifestazione “Libri che prendono forma”, sulle esperienze tattili , che spiega il suo mondo poetico più delle mie parole.
“Il mio interesse nei confronti della percezione tattile viene da lontano ed ora sia come insegnante d’arte nella scuola media sia come autore di libri, si è rafforzato. Sono sempre stato appassionato dalla bellezza della materia.
Ho avvertito spesso il bisogno di avvicinarmi alle cose e di sentire, attraverso il contatto fisico quelle sensazioni che potessero rendere più intensa e completa l’esplorazione della conoscenza.
Questa percezione intensa ha arricchito molte volte le mie passeggiate e i miei viaggi.
In qualche caso, addirittura le “immagini” più forti che ho conservato di un luogo sono state prodotte da memorie tattili .
Sono ricordi legati alle asprezze e alle morbidezze degli elementi naturali ma anche dalla rugosità di un muro accarezzato dalla luce radente del sole o all’ondulazione levigata di un pavimento di pietra. E in effetti quanta meraviglia si prova toccando una piccola superficie!
Questo paesaggio si può scoprire anche in pochi centimetri quadrati! Toccare, sentire una superficie (la “pelle” delle cose)consente di avvicinarsi ad una conoscenza molto profonda del mondo perché permette di avere un contatto intimo con un luogo, una persona o anche solo una materia.
E’ un movimento verso un sapere sensibile. E ‘ un viaggio. Anzi può essere il viaggio.
L’esplorazione e la scoperta sono due temi importanti, sono parole- guida nel lavoro che svolge con gli allievi.
Lavorando in classe, per me, è molto importante far conoscere ai ragazzi soprattutto i materiali “poveri” che, utilizzati distrattamente ogni giorno e considerati spesso privi di valore, posseggono invece caratteristiche importanti e particolari che possono essere evidenziate.
Propongo spesso il cartone da imballaggio: un prodotto apparentemente banale che si rivela invece una grande risorsa. Può essere abraso, scavato, aperto, grattato, schiacciato… ed ognuna di queste operazioni consente di ottenere superfici assolutamente differenti. Nelle mie attività di laboratorio io non vedo tutto questo come un semplice riciclo ma come la scoperta di una ricchezza nuova, di una preziosità inaspettata.
Il cartone da imballaggio nasconde al suo interno un “segreto”, una struttura interna ad onda. Questa vera e propria architettura gli consente di essere enormemente robusto in rapporto alla grande leggerezza .
Nell’attività didattica è possibile affrontare il tema della superficie anche mettendo a disposizione un foglio di carta. La carta è manipolabile, può modificare il suo aspetto in modo radicale.
Sotto le nostre mani non si verifica una semplice trasformazione ma una vera trasfigurazione della materia.
La superficie della carta manipolata può imitare la roccia, la stoffa, la pelle rugosa di un volto o l’ondulazione di una collina.
In classe, si scopre dunque che la carta ha in sé molti altri materiali. Considero estremamente affascinante e stimolante sfruttare queste possibilità con la scuola. Nel lavoro didattico, il contatto intimo con le superfici e con la carta in particolare, è infatti la premessa non solo per progettare in classe libri tattili ma anche per realizzare le immagini che i miei allievi applicano sui quaderni e con i quali illustrano gli argomenti trattati di volta in volta nelle lezioni.
Il quaderno diviene quindi esso stesso una sorta di libro tattile di cui assume spesso il caratteristico spessore… corposo”.
Queste parole potrebbero essere definite, senza tema di smentite ,sicuramente il manifesto programmatico del suo mondo artistico, che esce intatto e limpido anche dall’ultimo libro uscito postumo ,che s’intitola Saremo alberi e che è rivolto essenzialmente ai bambini più piccoli,nasce da un semplice pezzo di corda, formata da strutture più sottili e che quindi riesce ad esprimere i diversi tipi di piante attraverso la diversa disposizione. La bellezza delle molteplicità della natura che deve essere accettata e che si può leggere con le dita. Un libro questo, edito da Artebambini ,che consiglio vivamente di avere per leggerlo con le dita.
[1] Pietro Vecchiarelli, Leggere è uguale per tutti,Libri tattili illustrati, Sito della Federazione Nazionale Ciechi, maggio 2010 .
IN RICORDO DI GABRIELLA DI LUZIO
In Campo de’Fiori, Rivista 137, luglio 2016, pag.15
Un bel ricordo dell’attrice e soubrette napoletana Gabriella DiLuzio, recentemente scomparsa a seguito di una grave malattia, con tanti suoi amici artisti che le hanno voluto rendere omaggio, si è svolto al Teatro Petrolini di Roma qualche sera fa.
Gabriella Di Luzio, napoletana verace, aveva cominciato giovanissima a calcare le scene mossa da un irresistibile amore per l’arte, sia come attrice che come cantante.
Particolarmente congeniale le risultava il ruolo della sciantosa tanto che uno dei suoi cavalli di battaglia era la nota canzone “m’hai fa ffa’”-
Brillante e versatile, la nota attrice era anche una valente scrittrice (aveva scritto uno spettacolo comico tutto di donne, a sei mani, insieme alle sue amiche Sara Pastore e Giò Di Sarno. “Ognuno mette quello che ha”. In quell’occasione l’avevo conosciuta anch’io all’anteprima a Castiglione del Lago e mi aveva colpito per la sua grinta e le sue doti attoriali e aveva dato alle stampe dei libri in cui parlava della sua malattia in chiave ironica e della sua esperienza di donna ed attrice.
La serata è stata organizzata dal regista e commediografo Salvatore Scirè insieme all’attrice Lucy Frazzetto che ha presentato e a Raffaele De Bartolomeis si sono alternati Massimo Milazzo, il Maestro chitarrista Paolo Gatti, il Bartolomeis. Poi il soprano e attrice Argia Sara Pastore, la soubrette Laura Sorel, l’attore Adolfo Bianchi Whites , le cantanti Rosalba Falzone e Priscilla Baldini, il comico Salvatore Mazza.
Ha presenziato , visibilmente commossa, l’unica figlia dell’attrice Valentina Neri, che ha ringraziato tutti gli intervenuti per la splendida serata.
Un ricordo su quel palco che ha rappresentato la vita per Gabriella e che sicuramente, c’è da scommetterci, le sarebbe piaciuto tanto!
L’UOMO, LA BESTIA, LA VIRTÙ
Teatro Arcobaleno (Roma)
Regia di Ennio Coltorti
Dal 28 novembre al 21 dicembre 2014 (venerdì-sabato-domenica)
di Maddalena Menza
In Campo de’Fiori, gennaio 2015
I classici teatrali sono un patrimonio dell’umanità che resta nel nostro immaginario come un baluardo che deve essere difeso contro tutte le sterili contraffazioni.
E’ importante custodirli con cura, studiare, impegnarsi per rendere al massimo quella loro “anima” ed è ciò che fa da anni la compagnia diretta da Ennio Coltorti, un regista rigoroso ed esigente oltre che attore egli stesso che , in questa occasione, ha messo in scena uno dei classici più rappresentati dal grande drammaturgo siciliano Luigi Pirandello, L’uomo, la bestia, la virtù.
La commedia è sempre attuale perché parla di archetipi universali di personaggi, che sono una specie di maschere che nascondono la propria vera identità e che, infatti, nella locandina dello spettacolo si fanno ritrarre come dei personaggi deformati che appaiono in un modo ma sono in un altro.
La storia è un classico triangolo costituito da un professore (l’uomo del titolo) la moglie di un capitano, che viene da lui consolata (la virtù) e lo stesso capitano che non torna quasi mai a casa e quando lo fa non compie “il suo dovere coniugale”(la bestia).Ora la tragedia si sta per compiere: la donna (la virtù del titolo) è incinta e il professore non sa come uscirne. Per questo, implora un dottore che vive da lui (il bravo Matteo Fasanella)a fornirgli un espediente per convincere il marito renitente a fare il marito e a prendere in carico così il nuovo figlio che sta per arrivare, nascita che altrimenti creerebbe un grande scandalo.
Una delle commedie di Pirandello più rappresentate al mondo in cui il grande autore di teatro mostra l’ipocrisia dell’”uomo civile”, che indossa la maschera della “virtù” per nascondere la “bestia” che ha dentro. E’ proprio l’uomo in effetti quello che ne esce con l’immagine più compromessa dall’ipocrisia con cui maschera la sua vera identità, preoccupato solo di uscire da una situazione che lo costringerebbe ad assumere delle responsabilità per i suoi comportamenti.
Gli attori recitano con grande maestria e, dietro questa commedia, si coglie il grande lavoro del regista e degli attori nel preparare lo spettacolo, che è un perfetto meccanismo a orologeria. Particolarmente significativa risulta l’interpretazione di Ennio Coltorti (nel ruolo del Professore) e di Liliana Randi, la moglie, subentrata all’ultimo momento nella parte e quindi da ammirare ancora di più e il capitano impersonato dal bravo Sergio Smorfa, direttore della scuola del Teatro del Sogno da cui arrivano anche altri interpreti. Poi c’è lo straordinario piccolo ruolo , che si potrebbe chiamare cameo della nota attrice Gioietta Gentile, nel ruolo della governante, che ha dei tempi comici perfetti e che, dietro l’efficienza della governante perfetta, nasconde il suo innamoramento senza speranza per il professore.
Grande energia si trae anche dalla presenza di molti giovani che interpretano delle parti di contorno con grande entusiasmo e allegria.
Fa piacere inoltre vedere in platea numerosi ragazzi entusiasti nell’andare a teatro, che riconciliano con l’immagine stantia del teatro come di un divertimento che non ha più nessun fascino per i giovani. Quindi in conclusione, non posso che consigliare a tutti i romani di affrettarsi e di andarlo a vedere!
NON SOLO BELLEZZA ITALIANA MA ANCHE ARTE , MODA, MUSICA E SOLIDARIETA’
In un piccolo teatrino nella zona di San Giovanni a Roma “Lo Spazio”, si è svolta una bella iniziativa che ha dato modo di mettere in luce le tante bellezze che esistono in Italia. Non solo un concorso di bellezza quindi ma anche di arte, cultura, moda, musica e solidarietà.
Tra le tante concorrenti che si sono cimentate, le vincitrici sono state : CrinaCuibus di Roma insegnante di danza e Monica Parisi di Formia.
Ideato dal patron Tino Oreste Maiolo, direttore di RadioUno New York (una radio italiana molto popolare in America ) che ha anche condotto la serata insieme alla bella e brava showgirl Elena Presti di Canale Italia 161, che ha cantato il suo ultimo brano. A little more.
La giuria di qualità è stata presieduta dall’attrice Adriana Russo e formata dalla pittrice internazionale Ester Campese reduce dai successi di Spoleto Arte con Vittorio Sgarbi, dal produttore cinematografico Riccardo Bramante, dall’attore Antonio Tallura interprete di fiction e da Alberto Polifroni direttore di Radio Italia e Presidente dell’Agenzia di Modelle Alpa Model Agency.
Un riconoscimento alla carriera è stato consegnato alla splendida Adriana Russo e al grande attore Lando Buzzanca,che non l’ha potuto ritirare perché impegnato in Sicilia per lavoro.
Numerosi ospiti hanno allietato l’evento: la guest-star Angelus Marino, dj internazionale, il cantante dalla voce potente Benny Albanese, Nadia e Francesco con un loro brano, gli speakers italiani di Radio Uno New York Alessandro Bianconi, Tiziana Guida e Alessio Cigliano.
La bellissima Elisabetta Viaggi, prima miss sordomuta, la ballerina AntonellaD’Angelo, Laura Mastroianni collaboratrice di Radio New York e la collaboratrice brillante e spiritosa, la genovese Cristina Cattoni Miss Over Nazionale 2012.
L’Oltreoceano Band di Napoli ha presentato un brano inedito.
Le ragazza hanno vinto un abito d’alta moda offerto dallo stilista Luigi Auletta e una corona da Anna Suriano dello Xento. Lo sponsor è stato Giuseppe De Cecco dell’omonimo pastificio. Tra poco si apriranno le selezioni per la seconda edizione
consultabili sul sito la nostrabellezzaitaliana. Bellezze italiane preparatevi!
PREMIO “LE MASCHERE” AL Teatro S.Carlo di Napoli
Teatro Cult, anno 2014
Quale sarà il destino del prestigioso “Premio teatrale Le Maschere” e, più ampiamente, la sorte del nostro Paese, tra cent’anni’ Con questo quesito, tra il serio e il faceto, Tullio Solenghi, brillante conduttore della splendida serata di premiazione, che si è svolta al Teatro San Carlo di Napoli il 5 settembre, ha catturato l’attenzione del pubblico mostrando un’ipotetica copia del Mattino di Napoli di quella data portata da un’avvenente Sibilla Cumana e, giocando su questo tema e sull’esiguità dei mezzi che vengono dati al Teatro. Il conduttore ha saputo regalare un tocco leggero e ironico ad una Cerimonia importante come quella del San Carlo, il più antico (e bello) d’Europa, ristrutturato da pochi anni e portato al suo antico splendore grazie anche all’impegno del Sovrintendente, in cui si svolge il massimo riconoscimento agli artisti teatrali d’Italia, dato proprio da addetti ai lavori.
Giunto alla decima edizione, raccoglie l’eredità del premio “Gli Olimpici per il teatro”, nato da un’idea di Luca De Fusco e Maurizio Giammusso e vuole esprimere le eccellenze nel campo teatrale e la varietà delle sue espressioni artistiche e produttive e si svolge a Napoli, che può essere considerata la capitale italiana del teatro.
Organizzato per il quarto anno dalla Fondazione Campania con l’Agis, con un parterre di giurati eccellenti presieduti da Gianni Letta e composto da Luigi Grispello (Presidente della Fondazione Campania del Festival), Caterina Miraglia (Consiglio di Amministrazione Fondazione campania del Festival) Giancarlo Leone (direttore Rai Uno), Carlo Fontana (Presidente Agis), Giulio Baffi (critico La Repubblica)Marco Bernardi (direttore Teatro Stabile di Bolzano), MariclaBoggio (drammaturgo), Emilia Costantini (critico Corriere della Sera) Masolino D’Amico (critico La Stampa), Maria Rosaria Gianni (capo redatore cultura Tg1), Enrico Groppali (critico Il Giornale), Massimo Monaci (direttore Teatro Eliseo), Andrea Porcheddu (critico www.linkiesta.it).
La scelta della terna dei finalisti per le varie candidature è avvenuta nella serata del 30 giugno al teatro Eliseo di Roma ed ha portato ad una selezione da parte dei giurati, che si è conclusa con l’assegnazione del premio teatrale con voto segreto, da parte di 500 colleghi. Per gli artisti teatrali, Le maschere rappresenta il premio più ambito di tutti.
La serata è stata poi trasmessa in differita alle ore 23,00 su Rai Uno ed è stata un’occasione per ricordare il trentennale della morte di Eduardo con il dono che il figlio Luca ha fatto alla cittadinanza del Teatro edoardiano per eccellenza, il San Ferdinando.
All’inizio, è intervenuto Francesco Canessa, ex Sovrintendente e figura storica del teatro, autore di un bel libro dal titolo, Attori si nasce e che apre uno squarcio su un periodo d’oro del teatro, caratterizzato dalla passione, che è andato irrimediabilmente perduto, con protagoniste famiglie di teatranti. Tullio Solenghi, partendo dal decennale del premio Le Maschere, festeggiato così miseramente, come accennavo all’inizio, ha voluto fare un volo pindarico di fantasia e pensare a cosa potrebbe succedere per i cent’anni dal teatro, così un ipotetico mattino del 5 settembre 2114 mostrerebbe le scorie spedite su Marte, i cittadini tedeschi profughi dei vu’ cumprà e Gianni Letta, che si è trasformato nello Jedi di George Lucas.
Moltissimi e di alto livello gli attori, i registi e le maestranze varie, che sono stati premiati. Per la categoria degli attori non protagonisti ha vinto Ariella Reggio con lo spettacolo Boeing Boeing , premiata da Alessandro Preziosi. L’attrice, che lavora anche nelle fiction televisive, ha ringraziato la compagnia per il sostegno che le ha dato. Per la categoria degli attori non protagonisti, è stato premiato, da Gaia Aprea, Tonino Taiuti per Circo Equestre Sgueglia. Taiuti ha dedicato questo premio alla moglie e al figlio. Molte sono state le dediche familiari, segno di una volontà d’intima condivisione con i propri cari. Anche Gianni Clementi, premiato come autore di novità, ha dedicato il premio alla famiglia. Premiato da Maurizio Giammusso, grande critico e studioso per Lo sfascio, una storia di un tentativo di rapina da parte di un gruppo di cialtroni, che vuole essere uno spaccato della situazione del nostro Paese. L’autore ha colpito la platea perché ha voluto ricordare la passione di due professori, che ha avuto al liceo e all’università e che gli hanno trasmesso quest’amore per l’arte. Per la categoria degli autori di musiche, è stato premiato Simone Cristicchi per Magazzino 18 ed ha ritirato il premio Walter Sibilotti, coautore con Cristicchi che ha ringraziato per quest’opportunità. Come attore protagonista da Alessandro Preziosi è stato premiato Pierfrancesco Favino, veramente bravo, interprete di Servo per due, è stato elogiato da Tullio Solenghi anche per l’esempio di teatro virtuoso che dà col suo lavoro in una compagnia dove suddividono i proventi in modo democratico. L’attore si è esibito con delle gustose interpretazioni di Marcello Mastroianni e Titina De Filippo, suscitando un caloroso consenso. Elisabetta Pozzi, con il suo Agamennone è stata incoronata come migliore attrice protagonista. L’attrice è riuscita a portare a teatro all’anfiteatro di Siracusa settemila persone ogni sera e ha lanciato un appello perché il teatro torni ad essere centrale nella vita di tutti. A seguire, il grande Mariano Rigillo, interprete di Masaniello e tanti altri lavori, che ha invitato il pubblico ad andare a teatro a vederlo in Napoli milionaria, ha premiato Alessandro Preziosi, come miglior interprete di un monologo per il testo Cyrano sulla luna. L’attore, sull’onda dell’emozione per l’evento, ha detto che il teatro deve comunque ringraziare la letteratura e la lettura se, ogni volta, crea una magia nell’uditorio, che aumenta il potere della scena. Ha ringraziato l’autore del testo Tommaso Mattei e ha voluto dedicare questo premio alla città di Napoli, che ama dal profondo del cuore. Tra i finalisti, il premio per il miglior attore emergente è andato a Lino Musella, che ha dedicato il premio alla madre e alla sua famiglia per lo stesso Circo equestre Sgueglia. Il premio per i migliori costumi è andato a Zaira De Vincentiis,che ha realizzato i costumi di Antonio e Cleopatra e ha creato un gustoso siparietto con Tullio Solenghi perché si è soffermata nel descrivere tutte le difficoltà del lavoro affrontato tanto che, ad un certo punto, Solenghi ha finto di allontanarsi lasciandola libera di parlare a volontà, creando così un intermezzo comico. La donna ha poi ricordato una figura importante: suo padre, scomparso recentemente. E’ stata premiata dal presidente Maddaloni della Camera di Commercio di Napoli, che ha ricordato la sapienza artigiana dei grandi sarti napoletani. Un altro momento significativo è stato rappresentato dal Premio in memoria dell’organizzatrice culturale Graziella Lonardi Buontempo, che è stato assegnato dalla nipote agli organizzatori di Pordenone legge di Michela Zin e Daniele Villalta, che portano avanti il ruolo della letteratura nella società italiana , a cui il conduttore ha rivolto la solita domanda che gli fanno da dieci anni “Se Pordenone legge il resto del Friuli scrive? Ma non si può sempre essere brillanti!- ha risposto Solenghi. Altri premi sono stati dati allo scenografo Maurizio Balò per lo spettacolo Antonio e Cleopatra e a Luca de Fusco, regista dello stesso spettacolo, che al San Carlo è di casa tanto da essere stato l’ideatore del Premio, che ha voluto ringraziare le sue donne: la moglie, la figlia e le attrici della sua compagnia. Un plauso particolare va alla regista Emma Dante, per le Sorelle Macaluso, definito il migliore spettacolo dell’anno in cui si è realizzato un vero spirito di gruppo, ritirato da una delle attrici, che ha ricordato tutte le colleghe con affetto. Un altro momento importante è stato quello quello della premiazione di Giuliana Lojodice per la sua lunga carriera. Ha sintetizzato molto bene il personaggio, Gianni Letta, raccontando dei suoi esordi con grandi registi, del suo matrimonio a vent’anni seguito dalla nascita di due figli e dall’incontro della sua vita a 26 con Aroldo Tieri, che ha dato vita ad un lungo sodalizio artistico durato 50 anni. Le sue interpretazioni cinematografiche sono poche ma significative: La dolce vita e La vita è bella. L’attrice ha volto ribadire l’importanza di tornare ad un teatro più incisivo anche in questo momento di crisi. Prossimamente, Giuliana Lojodice porterà in scena sulle piazze italiane (anche a Napoli) diretta da Giancarlo Sepe La professione della signora Warren di George Bernard Shaw. Ha concluso la manifestazione la briosa esibizione dell’orchestrina da Ripostiglio, candidata per le musiche dello spettacolo Servo per due.
BRACHETTI: CHE SORPRESA!
regia di Davide Livermore
In Campo de’Fiori, Rivista 132, febbraio 2016, pag. 4
Indubbiamente, ogni volta che si aspetta uno spettacolo di Arturo Brachetti, si crede che si tratterà di un evento eccezionale, data la straordinaria versatilità dell’artista, capace di trasformarsi in pochi secondi in un caleidoscopio di personaggi in un modo che ha veramente del “magico”.
Questa volta è successo però, che, nonostante le doti innegabili dell’artista, lo spettacolo non sia riuscito a decollare completamente lasciando lo spettatore un po’ deluso, sebbene stregato dall’incantatore Arturo Brachetti capace di trasformarsi nel giro di pochi secondi in un giapponese raffinato o in un africano delle tribù.
Forse l’errore, in questo caso, è di essersi affidato un po’ troppo alla tecnologia e di aver lasciato la scena troppo agli altri comprimari, non sempre alla sua altezza.
Il “pretesto” dello spettacolo è stato una sorta di viaggio tra i suoi ricordi ,rappresentato da una valigia rossa che viene presa da alcuni “lestofanti” (suoi colleghi) e che contiene brandelli delle sue memorie che ogni tanto riemergono e che, inutilmente, Arturo Brachetti rincorre.
Sicuramente come tanti artisti nostrani, Arturo Brachetti conosciuto e apprezzato più all’estero di quanto non lo sia in Italia.Come spettatrice, avrei voluto vederlo di più sulla scena fare le cose che gli sono congeniali come le trasformazioni simultanee che lo caratterizzano e che rappresentano la forza incredibile della sua arte e che avvengono senza che, con tutta la buona volontà, si riesca a capire come ciò possa succedere.
Sembra di vedere un folletto straordinario con il segreto dell’eterna giovinezza cucito addosso (il suo segreto, per sua stessa ammissione, è aver conservato il cervello adolescenziale di un quattordicenne perché già un diciottenne è troppo “maturo” e quindi quella curiosità, quella freschezza che si vede anche nelle sua creazioni artistiche. Un’abilità decisamente affascinante dell’artista è stata la sua abilità nel sand painting, ossia nella capacità di disegnare sulla sabbia lasciando tracce indelebili,che colpiscono lo spettatore per la rapidità e la poeticità di queste immagini e che sono altrettante sfaccettature della sua anima. Arturo Brachetti viene affiancato in quest’avventura da alcuni maghi. Particolarmente bravo ho trovato Luca Bono, una giovane rivelazione e gli stralunati artisti Luca & Tino mentre un po’ stucchevole e ripetitivo è stato Francesco Scimeni.
Il filo conduttore dello spettacolo è un po’ debole ma certamente è difficile imbastire una storia cucita addosso ad un virtuoso del trasformismo che non sia niente più che un pretesto per sfoggiare quei meravigliosi abiti o l’eleganza del suo corpo aereo o divertire con le gag; però nel complesso lo spettacolo ha una sua rilevanza legata alla presenza artistica di Arturo Brachetti, che comunque, da sola, vale la serata!
Brachetti, che sorpresa!, che è già stato portato in scena l’anno scorso in tutte le piazze italiane, torna per tutto il mese di gennaio a Roma (Auditorium della Conciliazione), a S. Benedetto del Tronto, a Monza per concludersi a Bologna. Un’occasione da non perdere per gli amanti del trasformista!
ENRICO BRIGNANO
EVOLUSHOW
Teatro Sistina dal 27 gennaio al 29 marzo 2015
In “Campo de’Fiori, Aprile 2015
Quando la forza della scrittura entra in uno spettacolo, lo trasforma in un’esperienza veramente indimenticabile. E questo viene accompagnato dal grande talento di attore di un Enrico Brignano in splendida forma, che porta a teatro in tempi di crisi, platee sterminate non concedendo nemmeno accrediti ai giornalisti) e protraendo uno spettacolo in cartellone solo per un mese per altri due mesi registrando sempre un tutto esaurito.
E’ veramente riuscito questo Evolushow che abbina al talento attoriale del comico romano, specialista nei dialetti e nella capacità di reggere sulla scena, per oltre tre ore, con i suoi monologhi e la sua prodigiosa memoria, anche un’ideazione scientifica accurata, che racconta in termini divertenti ma assolutamente corretti, la nostra evoluzione di ominidi che è iniziata con un elemento caratteristico che ci ha separato dalle scimmie sugli alberi e cioè lo “spelamento”.
Dall’elemento del pelo viene una tirata veramente comica dove Enrico Brignano (uno degli autori di questo formidabile testo) mette in luce la siderale distanza tra uomini e donne in tutti gli aspetti della vita da quelli più futili a quelli più importanti e come l’amore possa essere stato un “errore” nell’evoluzione umana.
Inoltre, accompagnato da un gruppo di ottimi ballerini e da una scenografia fantastica con un bell’effetto di luci, Enrico Brignano con sicurezza e charme, intrattiene il pubblico alla maniera dei vecchi comici di avanspettacolo che battibeccavano con gli spettatori mettendoli di fronte ad uno specchio in cui ridere dei propri difetti. E in questo fa buon gioco la tecnologia che, partendo dall’insofferenza del comico per la foto “obbligatoria” col divo di turno, ha trovato l’espediente di fare ogni sera un selfie con gli spettatori in platea, da postare immediatamente in rete soprattutto per prenderli in giro e “dimostrare indiscutibilmente che lo spettacolo è in diretta”. Poi l’artista continua deridendo la “moda” della tecnologia, che è diventato un vero e proprio habitus mentale tanto da far stare le persone “sempre da un’altra parte”.
Molto bella ho trovato la lettera scritta con carta e penna da Enrico ad un giovane di oggi, invitandolo a non rinunciare ai sogni e al miglioramento sociale, addormentato da questa confusa alienazione dei mezzi tecnologici che fa perdere di vista i valori importanti.
Divertente è in proposito il rovesciamento dei ruoli nella scuola in questi anni per cui la professoressa, solo 30 anni fa, era un modello a cui guardare e il genitore le dava sempre ragione contro il figlio e la realtà di adesso in cui svogliati e maleducati ragazzi vengono comunque difesi da madri e padri adoranti, che rendono i figli veramente fragili.
C’è pure spazio per la critica politica , mostrando sugli schermi delle foto di personaggi come Falcone e Borsellino, che hanno lottato per un’idea di giustizia e libertà non abdicando all’aspirazione di migliorare la società a costo della vita: messaggio che vuole dare a tutti e non solo alle giovani generazioni.
Una bella serata quindi a dimostrazione che il gusto del pubblico teatrale (certamente un ‘elite) addormentato da decenni di conformismo televisivo, sa ancora riconoscere, come i cani da tartufo, uno spettacolo sincero.
IL FENOMENO FEDEZ
In Campo de’Fiori, Rivista 130, dicembre 2015, pag. 7
Da qualche anno a questa parte, per i più giovani, è sorta all’orizzonte una fulgida stella che brilla ogni giorno di più e che attira a sé una miriade sterminata di giovani e giovanissimi con qualche spiccata preferenza per le ragazze.
Si tratta di Fedez, al secolo Federico Leonardo Lucia o semplicemente Federico come le sue fans più sfegatate lo chiamano, un ragazzo che è diventato nel giro di poco tempo (ha solo 26 anni) a partire dai video su youtube con cui ha cominciato, l’artista più amato tra i giovani fino a sfondare nel mondo discografico vendendo più di ottocentomila dischi premiate con 15 dischi di platino e 5 d’oro.
Fedez è anche vicino ai giovani perché affronta nelle sue canzoni sia dei temi politici come nella bellissima Pop-hoo-lista in cui fa un ritratto spietato ma veritiero degli italiani “che fanno la guerra come se andassero allo stadio e viceversa o aspettano per protestare una giornata di sole” e più intimistici come l’amore “ai tempi delle escort” della società consumistica :“un amore eternit” da cigno nero o magnifico.
Fedez attualmente, dato il grande successo ottenuto grazie anche alla sua partecipazione in qualità di giudice a X-Factor, sta continuando a promuovere il suo nuovo CD Po-Hoo-Lista uscito l’anno scorso in ogni città compresa Roma dove ho avuto l’occasione d’incontrarlo.
L’artista è circondato da folle di adolescenti che sono disposte ad aspettarlo per ore pur di stringergli la mano, guardarlo negli occhi, consegnargli lettere e disegni affinché lui li legga.
Coperto quasi in ogni punto del corpo da tanti tatuaggi colorati, Fedez propone i giovani un modello positivo. Fidanzato da tempo con Giulia con la quale vive a Milano insieme agli inseparabili Guè e Ciubecca. Legatissimo alla nonna che considera la sua più grande fan tanto da farne quasi una star che compare nel suo film. Viene dalla gavetta e ha un rapporto molto intenso con i suoi sostenitori ai quali deve la sua fama e che si chiamano Gianni.
I numerosi ragazzi presenti all’evento, con i quali nell’attesa ho parlato a lungo scoprendo un po’ il loro mondo più intimo cercando di capire i loro sogni e le loro speranze, all’arrivo di Fedez erano veramente a due metri sopra il cielo e questa gioia mi è sembrata il tesoro più bello della giornata con Fedez.
SONIA BERGAMASCO OVVERO LA MADRINA BIONDA DI VENEZIA
In Campo de’Fiori, Rivista 139, ottobre/novembre 2016, pag,8
Se si potesse racchiudere in una sola parola la personalità di Sonia Bergamasco, si potrebbe sintetizzare parlando di preparazione.
In effetti, la parola d’ordine di quest’artista dalle multiformi sfaccettature, scelta tra le migliori attrici italiane per rappresentare il prestigioso ruolo di madrina all’ultima edizione del Festival Internazionale del cinema di Venezia, è studio.
Non può non far piacere tanta determinazione e impegno per conseguire dei risultati che hanno portato quest’artista al prestigioso premio del Nastro d’argento per La meglio gioventù e alla candidatura come attrice non protagonista nel ruolo della dottoressa in Quo vado, grande successo di Checco Zalone oltre a numerosi altri premi.
Studio e impegno con cui Sonia si è preparata anche ad impersonare il ruolo di madrina del 73° Festival di Venezia portando la sua cifra stilistica di discrezione e signorilità.
Avvicinandola proprio nella città della Laguna, quindi abbiamo colto soprattutto la serietà e la grande professionalità dell’attrice.
In effetti, quest’artista milanese dalla bellezza algida e raffinata, di carattere schivo e poco mondano, è una delle artiste italiane più brave. Protegge con grande cautela la sua vita privata da occhi indiscreti ( E’ sposata felicemente da lunga data con il collega Fabrizio Gifuni ed ha due figlie Valeria e Maria) .
Musicista pianista, diplomata al Conservatorio Giuseppe Verdi, poetessa, danzatrice, artista impegnata, ha dato delle prove molto significative della sua bravura lavorando anche in teatro con grandi nomi come Giorgio Strehler alla cui scuola del “Piccolo teatro” si è formata e con Carmelo Bene con una rappresentazione su Pinocchio e Glauco Mauri.
Lei stessa si è cimentata nel ruolo di regista nello spettacolo teatrale Il ballo della scrittrice ebrea Irene Nemirovskji, dimostrando di essere un’ artista a tutto tondo.
Non si può non ricordare il drammatico ruolo interpretato con somma perizia, della terrorista che accetta di uccidere una personalità come Carlo Tommasi (interpretato dal marito Fabrizio Gifuni) nel bellissimo film del 2003 La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, uno spaccato dell’Italia, popolarissimo anche all’estero, di un ventennio di storia visto attraverso la crescita di un gruppo di amici.
Sonia Bergamasco dunque, versatile lo è davvero, e lo dimostrano tutte le sue prove che ne mettono in luce le grandi qualità, sia attraverso ruoli impegnati come nel film di Bertolucci e della Cavani in De Gasperi (anche miniserie televisiva) sia nei ruoli comici dove sa essere esplosiva e stuzzicante come in quello televisivo della fiction Tutti pazzi per amore o nell’altro cinematografico della dottoressa- manager spietata e divertente, interpretato nell’ultimo film di Checco Zalone, Quo vado?, diretto da Gennaro Nunziante e campione d’incassi del 2016, è stata una scelta vincente.
Proprio scegliere un’attrice come Sonia Bergamasco, di formazione teatrale, che scompiglia gli schemi consueti e non s’immaginerebbe mai in un cinema “popolare” come lei, è stata una trovata di genio degli autori, che ha contribuito al grande successo di un film pensato e studiato con cura come quello.
Lei stessa ha accettato la sfida con grande ironia o meglio autoironia, dimostrando che la serietà va a braccetto con il divertimento e sa sconfiggere chi pensa che esistano etichette facili per gli artisti.
FAVINO: MERAVIGLIOSO SERVO PER DUE
In Campo de’ Fiori, Rivista 133, marzo 2016, pag.7
Un clamoroso successo che non accenna a finire , che ha portato all’importante riconoscimento del Premio le Maschere,assegnato nella prestigiosa cornice dell’antico teatro S. Carlo di Napoli e che si ripete con repliche a non finire da più di due anni , per lo spettacolo diretto e interpretato dal bravo e bell’attore Pierfrancesco Favino, che ,tra l’altro, per questo progetto, adattato da un famoso lavoro di Carlo Goldoni Il servitore di due padroni ha rinunciato in parte al suo budget, troppo alto per una produzione teatrale “che non si sarebbe potuto permettere un attore come lui”.
Un gesto non comune in questi tempi così bui!
Una rilettura diversa di un classico del teatro adattato da un noto commediografo inglese Richard Bean, e riproposto nella versione italiana da Pierfrancesco Favino che lo interpreta e lo dirige al fianco di Paolo Sassanelli. Gli altri interpreti che si avventurano stavolta sul palco del Teatro Ambra Jovinelli di Roma sono: MaritNissen e Simonetta Solder.
E’ perfetta la descrizione del regista che dice che “è una perfetta combinazione di commedia visiva e verbale che ha dato vita ad uno spettacolo di grande successo”
Gli attori non si limitano a declamare ma sono dei veri e propri acrobati che si arrampicano sulle scale sbattono le porte, scherzano con il pubblico come da tradizione di avanspettacolo e fanno battute a doppio senso che mantengono viva l’attenzione. Un altro dei protagonisti dello spettacolo è la musica che è suonata dal vivo da un gruppo dal nome comico di Musica da Ripostiglio.
La storia ruota intorno a Pippo che vaga nella Rimini degli anni ’30 alla ricerca di un po’ di soldi che lo mettano al riparo dall’atavica fame. Così fa il servitore sia di Rocco che sta cercando di sposare la dolce e svampita Clarice e di incontrare suo padre Bartolo sia di Bartolo e lo fa all’insaputa uno dell’altro creando spassosi episodi e gags. Anche perché la storia si complica quando si scopre che Clarice non è innamorata di lui e che Pippo stravede per Zaira e fa di tutto per conquistare il suo cuore.
Insomma, dopo tante traversie e rovesciamenti e colpi di scena, “forse” l’amore trionfa, anche se Pippo è sempre in mezzo ai guai.
Fantastica l’interpretazione dei vari attori anche sul piano fisico, che richiama la grande serietà dell’approccio al lavoro del teatro di grandi attori, anche molto conosciuti, alla fatica del teatro e fa ben sperare per le giovani generazioni. Da non perdere!
MORTACCIA
LA VITA È MERAVIGLIOSA
Con Veronica Pivetti
Testo e regia di Giovanna Gra
Teatro Ghione di Roma dal 14 al 26 ottobre 2014
In Campo de’Fiori, novembre 2014
Finalmente un testo divertente, corrosivo, scritto in una maniera straordinaria da Giovanna Gra, sceneggiatrice di successo di fiction ma, soprattutto, autrice fuori dal coro, che riesce con autentico talento, a ricreare tutte le molteplici sfumature, facendo ridere, pensare e commuovere, sull’unico tema attualmente rimasto veramente tabù nella nostra società : quello della Morte che, nonostante le apparenze, è stato bandito totalmente, quasi non esistesse.
Impersonata dalla bravissima Veronica Pivetti, che ha creduto molto nel progetto, visto che ne è anche la produttrice, la Morte anzi la Mortaccia è rappresentata come una bella e sexy signora dark, che padroneggia da par suo la scena e che, nonostante il suo ingrato lavoro, non può risultare antipatica. Sembra un po’ la Regina cattiva di Biancaneve, ma riesce lo stesso molto accattivante! E’ affiancata da due bravi attori: Sentenza (Elisa Benedetta Marinoni) che esegue sferzante e ironica le sue direttive e dal funereo maggiordomo Funesto, pronto ad intervenire per accompagnare all’ultimo trapasso le anime(belle?) e che intrattiene il pubblico prima dell’inizio dello spettacolo(Osvaldo Valente).
Dalle atmosfere gotiche di Rocky Horror Picture Show e, in parte, ispirato ai personaggi fantastici di Tim Burton, lo spettacolo mostra la Morte che commenta, con fare ironico e disincantato, le malefatte degli uomini: dai poveri (polvere, si accoppiano tra loro, un disastro) ai ricchi (talmente preoccupati di controllare i loro averi da non accorgersi che la morte è alle loro spalle).
In fondo, la chiave di questo spettacolo musical in cui i tre personaggi sulla scena, per un’ora e mezza cantano, ballano, recitano, dando il massimo al pubblico, con una Veronica Pivetti in gran forma, in un’altalena di atmosfere che toccano tutte le sfaccettature della vita: dal sesso al potere, sempre sull’orlo della vita che non riusciamo più a vivere, accompagnati dalla musica ideata da Maurizio Abeni, che va dalle tarantelle alla musica classica, all’Orfeo all’Inferno,al jazz, alla musica ballabile; una musica efficacissima per punteggiare e raccontare questo estremo sberleffo alla Signora che tira i fili del destino di tutti noi, affaccendata a guardare alla speciale contabilità che la caratterizza e a suo modo, risulta molto più umana. Anche i costumi hanno una loro bellezza e sono stati realizzati da Valter Azzini, quasi un altro personaggio.
Si parla di donne e di uomini, di ricchi e di poveri, di guerra in Africa, ma soprattutto, il sottotitolo recita che la vita è meravigliosa e si fa capire che, in una società come la nostra, in cui l’apparire è tutto, anche il momento della morte è cannibalizzato o, al contrario, l’agonia è data in pasto alle aziende farmaceutiche, tutto pur di non vivere e, di conseguenza, di non morire : visto che sono due facce della stessa medaglia.
Così, anche la Morte è stata espropriata del suo ruolo e quindi, quando viene superata dagli uomini in crudeltà, anche lei muore.
C’è un piccolo giallo nel testo. Si trova un cadavere senza nome che non ha aspettato di essere mietuto dalla falce di Sentenza, secondo le regole, ma ha fatto di testa sua. E’ la stessa Morte che non ha più senso in una società come la nostra senza pudore,dove si vive oggi.
Insomma, con questo spettacolo, si può dire che il teatro non deve essere sempre noioso per essere intelligente. Si può divertire grandi e piccoli con la bravura degli interpreti ; prima fra tutti Veronica Pivetti, che balla, canta, recita senza sosta ma anche con un testo pensato, scritto benissimo da chi usa le allitterazioni e altri artifici al fine di avvincere gli spettatori al piacere della lingua.
Mortaccia è stato portato in giro per l’Italia da due anni e, attualmente, è in scena al Teatro Ghione di Roma. Speriamo che presto trovi un teatro anche a Napoli. Sarebbe veramente un successo!
In Campo de’ Fiori, luglio 2015, pag.7
Il giorno 7 giugno scorso a Roma, al Centro Anziani della Balduina in Piazza Mazzaresi ,si è svolta una vera festa che ha coinvolto bambini e anziani: due età che, notoriamente, si intendono alla perfezione visto che hanno la libertà necessaria per “capire l’essenziale” e riuscire a condividere le passioni comuni. L’occasione è stata il saggio di fine anno del valente gruppo di coristi “I temerari della Balduina”, diretti dalla Maestra di Coro Maria Cristina De Santi, accompagnati al pianoforte dal Maestro Salvatore Piras, che hanno cantato musiche popolari come Reginella e operette tra cui celebri arie tratte dal Cavallino Bianco, Cin-Ci-Là e Donne, Donne Donne dalla Cavalleria Rusticana. Inoltre, una delle coriste nonché nonna di una bambina Gaia, la signora Gabriella Belfiore ha avuto la brillante idea d’invitare i bambini del Coro della Scuola S. Francesco D’Assisi, una scuola pubblica della zona di San Pietro. L’occasione è stata afferrata al volo dai bambini ed alcuni rappresentanti della classe I B e un’esponente della quarta elementare sono intervenuti festosamente, diretti dalla Maestra Maddalena, e si sono esibiti in alcuni brani scelti del loro spettacolo “L’Italia in Musica” – breve viaggio nella canzone popolare italiana- dalla Monferrina, celebre ballata piemontese alla siciliana CiuriCiuri senza dimenticare la famosa canzone romana “La società dei magnaccioni” o la romantica abruzzese Reginella Campagnola. I bambini cantavano a cappella e mimavano le parole dei brani che, in alcuni casi, avevano imparato a danzare. Il repertorio è stato scelto dalla Maestra Maddalena dalla tradizione popolare perché ritiene importante che i bambini conservino il ricordo della nostra storia. Al termine della manifestazione, tutti insieme, piccoli e grandi, hanno intonato l’Inno di Mameli. Il saggio è stato dedicato al ricordo del Presidente Carlo Calicchia. Ci sono stati poi regali per i bambini e fiori per le Maestre e il Maestro. E’ stata un’occasione indimenticabile in una domenica di giugno, di condivisione tra tutte le generazioni: bambini, genitori che li accompagnavano, e anziani a dimostrazione che, a volte, basta poco per creare una vera armonia, che contrasta efficacemente l’isolamento della nostra vita.
C’ È QUALCOSA IN TE
In Campo de’Fiori, febbraio 2015
Scritto, diretto e interpretato da Enrico Montesano, Teatro Sistina Roma, dal 13 al 25 gennaio 2015, un cast di giovani attori, ballerini e cantanti.
Nuove Coreografie di Manolo Casalino
100 costumi
Scene: Gaetano Castelli
Musiche originali di Renato Serio
Canzoni edite di Garinei e Giovannini, Trovajoli, Kramer Rascel e Gianni Mattone
di Maddalena Menza
Uno spettacolo pensato, bello, che riconcilia gli animi con il grande teatro, scritto, diretto, recitato e cantato dal mattatore Enrico Montesano, alla sua seconda prova con due dei suoi figli: i giovani Michele Enrico e Marco Valerio che, sotto la guida di un tale maestro, lo affiancano agevolmente nei panni del barista del bar Tuttofare (Marco Valerio) e del giovane avvocato rampante Nicolò (Michele Enrico). L’anno scorso si erano cimentati al Teatro Brancaccio e ora sono nel tempio della commedia musicale italiana: il Sistina appunto.
C’è qualcosa in te è un omaggio commosso e divertito alla commedia musicale italiana con la C maiuscola, incarnata in modo totale dalla ditta Garinei e Giovannini (G&G) che ha attraversato cinquant’anni di storia italiana proponendo delle musiche e delle canzoni indimenticabili.
La storia, che è un bellissimo “pretesto” su cui si innestano le tappe più importanti di commedie come Giove in doppiopetto, L’uomo inutile, Rugantino, con musiche di autori del calibro di Trovajoli, Kramer, Renato Rascel, Claudio Mattone e i “padroni di casa” Garinei e Giovannini, vede protagonista il custode di un vecchio deposito di costumi, Nando Ciavatta che, a un certo punto, viene avvicinato da una giovane un po’ troppo “impunita” –come si dice a Roma, di nome Delia. La giovane, che è molto brava sia a cantare che a recitare, non sa però che porta lo stesso nome di una celebre soubrette, Delia Scala, appunto. Nasce perciò tra i due un vivace battibecco.
In seguito, il custode scopre dal giovane avvocato Nicolò (interpretato dal figlio Michele: Enrico appunto) che il destino del deposito stesso è segnato: diventerà un Centro Commerciale e lui dovrà sloggiare.
Nando si oppone strenuamente a questo cambiamento ,che distruggerebbe tutta la sua vita e arriva anche allo sciopero della fame, aiutato da un giovane barista del bar Tuttofare (il figlio Marco Valerio) e dalla stessa Delia che ha superato i primi dissapori. Si scopre poi che la ragazza è la figlia della Presidente che vuole la trasformazione … una certa Adelina, come il primo grande amore di Nando che, poi, è misteriosamente scomparsa quando aspettava una bambina da lui.
Ma lo spettacolo è molto di più della semplice storia perché i costumi sono magici e i protagonisti, indossandoli, possono trasformarsi nei grandi nomi che li hanno indossati e diventano anche… “magicamente” intonati.
Così ci troviamo di fronte a Delia Scala, Carlo Dapporto, Renato Rascel, Marcello Mastroianni e tanti altri, grazie anche all’abilità imitativa di Enrico Montesano.
Inoltre i ballerini della Compagnia si esibiscono in numerosi balletti, che rendono ancor più divertente e frizzante lo spettacolo. Non manca la galleria dei personaggi più popolari di Enrico.Il mio preferito è il vecchietto Torquato, alle prese con la crisi, ma sempre pimpante, che vengono riproposti in quest’occasione.
C’è poi lo spazio per la satira politica, con degli accenti pungenti all’attualità politica e di costume che sono sicuramente molto accattivanti.
Pubblico di tutte le età e, nella serata in cui ho visto io lo spettacolo, c’erano molte giovani ammiratrici dei figli di Enrico Montesano, accompagnate dai loro genitori. Insomma, evviva il teatro che unisce le generazioni!
CON LE PERIFERIE NEL CUORE
In Campo de’ Fiori, aprile 2015, pag.40
E’ uscito il nuovo docu-film di Pierluigi Giorgio sul viaggio del papa in Molise edito da San Paolo
di Maddalena Menza
Le periferie sono i posti in cui papa Francesco si è soffermato di più in questi due anni di pontificato. Lui stesso, presentandosi, ha tirato in ballo la lontananza della sua provenienza (vengo dalla fine del mondo) e non è un caso che i suoi discorsi più belli siano avvenuti proprio in posti periferici.
Dalla dignità della persona alla necessità di non emarginare i vecchi rinchiudendoli nelle case di riposo e rinunciando alla loro saggezza e memoria né costringere i giovani all’inattività che toglie speranza , questi discorsi ricorrono nel viaggio del papa in Molise del 5 luglio scorso. E proprio il viaggio del papa è il tema da cui parte questo docu- film. “Le periferie del cuore” sono quelle più significative per capire il senso della vita in un Molise abitato da gente un po’ chiusa ma solida e forte nella difesa dei valori, come questi montanari dal cuore tenero, un percorso che è stato raccontato con accenti poetici dal regista Pierluigi Giorgio, lo stesso narratore ambulante come lui stesso si definisce, autore di tanti documentari e volto noto della trasmissione Geo & Geo, che ha seguito in questo docu-film la visita del papa e una narrazione parallela del viaggio di speranza di Elvira, una sorridente signora avellinese , sulla sedia a rotelle perché colpita da una malattia degenerativa, che ha trasformato la debolezza della sua malattia in forza, assistendo lei stessa negli ospedali i malati e che ha sentito il bisogno di compiere, parallelamente a papa Francesco, con l’aiuto di alcuni volontari, comunque, la sua personale ascesa al monte nell’attesa del papa che, a un certo punto,apparirà.
Il percorso di fede addolcito dalla poesia, che dà un senso nuovo al soffrire culmina nello sguardo stupefatto di una bambina alla stella mentre ascolta la frase conclusiva del filmato: “Bimba mia se io non fossi già nel tuo cuore, tu non potresti vedermi” e da’ allo spettatore una profonda emozione.
La presentazione di quest’opera, definita da Mons. Gian Carlo Bregantini Arcivescovo “un film che va oltre l’aspetto di un documentario perché ha scavato nel cuore del dolore”, è avvenuta a fine marzo presso la sede della Radio Vaticana, alla presenza del regista, del rappresentante di Radio Vaticana,del giornalista Raffaele Luise, vaticanista di lunga data e autore del libro che ha dato il titolo al docu –film, che enuncia nel filmato le qualità di papa Francesco di rinnovatore della chiesa e Mons. Gian Carlo Bregantini,anima del viaggio in Molise e amico del regista con cui si sono scambiati durante la presentazione amene frecciatine linguistiche e la moderatrice e organizzatrice dell’evento, Rita D’Addona , addetta stampa diocesana. E’ stato accolto da grande entusiasmo e si è svolto alla presenza di un folto pubblico sia romano che molisano, venuto per l’occasione soprattutto da Jelsi, paese nativo del regista e località capace di far convivere pacificamente tradizioni ancestrali contadine e vita internazionale. Del resto, solo chi ha forti radici può essere veramente capace di confrontarsi col mondo.
L'ECLISSE DI SOLE DEL 20 MARZO 2015
A cura del Progetto Andromeda di Paolo Conte - progetto.andromeda@gmail.com
Realizzazione grafica: Copisteria Monteverde - monteverdecopisteria@gmail.com
Un'eclisse di Sole si verifica quando la Luna, osservata dalla Terra, passa davanti al Sole e nasconde il disco della nostra stella completamente (eclisse totale) o in parte (eclisse parziale). Il 20 Marzo 2015 ci sarà un'eclisse totale nell'Oceano Atlantico e nel Mar Glaciale Artico, che in Italia vedremo solo come parziale.
DOVE L'ECLISSE SARÀ TOTALE
Anche nell'Oceano Atlantico settentrionale e nel Mar Glaciale Artico l'eclisse comincerà (e poi terminerà) come parziale. Ma, ad un certo momento, in quelle zone il nostro satellite risulterà perfettamente allineato con il Sole, e l'eclisse, per circa due minuti e mezzo, sarà totale. Lo spettacolo sarà grandioso e impressionante al tempo stesso: con il Sole oscurato dalla Luna, il cielo diventerà buio e appariranno i pianeti e le stelle più luminose. La Luna, che rivolgerà alla Terra la sua parte non illuminata, si mostrerà come un disco nero, cui farà da sfondo la corona solare, la regione più esterna dell'atmosfera del Sole, che apparirà come un alone luminoso color bianco perla. Durante la totalità si osserva anche la luce rossastra della cromosfera, lo strato più basso dell'atmosfera solare, dalla quale s'innalzano le protuberanze, getti di gas incandescente simili a enormi fiammate. Per la loro debole luminosità, la cromosfera e la corona si rendono visibili solo durante un'eclisse totale (a meno che non si usino particolari strumenti per l'osservazione solare).
L'ECLISSE PARZIALE A ROMA E IN ITALIA
Per l'Italia, posta molto più a Sud delle zone che osserveranno l'eclisse totale, l'allineamento Luna- Sole non sarà così perfetto e l'eclisse risulterà solo parziale. A Roma il fenomeno avrà inizio alle 09.24 e terminerà alle 11.43. La massima copertura del Sole è attesa per le 10.32, quando il disco della nostra stella sarà eclissato per il 62%. A Milano lo sarà per il 71%, a Palermo per il 54%. Con queste coperture non si registrerà alcun calo di luce, non si vedranno stelle e pianeti, ma sarà interessante osservare i diversi aspetti che assumerà il Sole mano a mano che la Luna gli scorrerà davanti. All'inizio il bordo in alto a destra del Sole ci apparirà mancare di una parte: è la Luna che comincia a nasconderci un "pezzettino" della nostra stella. Poi, nella fase centrale dell'eclisse, il disco del Sole si mostrerà simile ad un sorriso o ad una barchetta luminosa, con le punte rivolte verso l'alto. In seguito, la sovrapposizione della Luna al Sole si ridurrà sempre più, fino a che il disco solare tornerà ad apparirci perfettamente tondo. Per la luminosità del cielo diurno, la Luna non sarà percepibile come un disco nero, nemmeno la parte sovrapposta al Sole.
Per l'Italia il 20 Marzo 2015 sarà l'ultima occasione per vedere il Sole nascosto per più del 50% prima delle eclissi parziali del 12 Agosto 2026 e del 2 Agosto 2027. Infatti, questa copertura non sarà mai raggiunta in nessuna delle eclissi solari previste per il 21 Giugno 2020, il 10 Giugno 2021,i1 25 Ottobre 2022 e il 29 Marzo 2025. A quando, invece, la prossima eclisse totale in Italia? C'è tempo: 3 Settembre 2081! Dove? Lombardia, Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
OMBRA E PENOMBRA
Le zone che osservano un'eclisse totale si trovano immerse nell'ombra della Luna, ma sempre per pochissimo tempo: da qualche secondo ad un massimo di 7 minuti e mezzo. Ciò è dovuto al fatto che la Luna si muove velocemente nello spazio, e di conseguenza anche la sua ombra, non più ampia di 300 chilometri, si sposta rapidamente sulla Terra, viaggiando anche fino a 2.000 chilometri orari! Il percorso dell'ombra lunare sulla superficie terrestre viene chiamato fascia della totalità. Attorno a questa fascia si estende un'area molto più vasta, ampia diverse migliaia di chilometri, in cui il Sole non appare mai completamente nascosto: è la zona di penombra, dove l'eclisse si osserva come parziale.
Il 20 Marzo 2015 l'ombra della Luna comincerà il suo percorso nell'Oceano Atlantico settentrionale, a Sud della Groenlandia. Successivamente, passerà tra l'Islanda e l'Inghilterra, per poi proseguire la sua corsa verso il Mare Glaciale Artico, fino ad arrivare al Polo Nord. Le uniche terre emerse che incontrerà sono le Isole Faroe e le Isole Svalbard. La zona di penombra, invece, è molto più ampia: si estende dagli estremi territori nord-orientali dell'America settentrionale a buona parte dell'Asia centrosettentrionale, abbracciando la Groenlandia, tutta l'Europa, e l'Africa settentrionale. Naturalmente, in questa zona il Sole apparirà sempre meno eclissato quanto più ci si allontana dalla fascia della totalità.
DIMENSIONI E DISTANZE
Se quest'area gialla rappresentasse una parte del Sole, la Luna, in proporzione, sarebbe grande quanto questo puntino "l.
E allora, come fa il Sole ad essere eclissato da un corpo celeste così piccolo?
La risposta è che, per una curiosa combinazione, il Sole è 400 volte più grande della Luna, ma è anche 400 volte più lontano. Di conseguenza, il suo disco, osservato dalla Terra, presenta le stesse dimensioni apparenti di quello lunare. Ecco perché il nostro satellite riesce a nasconderci il Sole: oltre alle dimensioni contano anche le distanze.
Ma il perfetto allineamento Luna-Sole non dà sempre luogo ad un eclisse totale. Questo accade perché la distanza tra la Terra e la Luna non è sempre la stessa, e così pure quella tra la Terra e il Sole. Se la Luna si trova alla massima distanza dalla Terra, e la Terra è alla minima distanza dal Sole, il disco lunare apparirà un po' più piccolo di quello solare e non riuscirà a nasconderlo del tutto: il bordo del Sole rimarrà visibile tutto attorno alla Luna, come a disegnare un anello, e per questo motivo l'eclisse viene detta anulare.
LE ECLISSI SOLARI SONO RARE?
Ii 20 Marzo 2015 la Luna sí troverà tra la Terra e il Soie. Ma questo succede una volta al mese, perché la Luna, girando intorno alla Terra, ogni 29,5 giorni si viene a trovare tra il nostro pianeta e la nostra stella. Perché, allora, non c'è un'eclisse solare ogni mese? La risposta è che, per avere un'eclisse di Sole, non basta che il nostro satellite si trovi tra la Terra e il Sole; la Luna deve passare proprio sulla linea immaginaria che unisce la Terra al Sole. Ma l'inclinazione del suo percorso intorno alla Terra porta la Luna, il più delle volte, a stare un po' più in alto o un po' più in basso rispetto a tale linea: in questi casi l'ombra e la penombra non riescono a raggiungere la Terra, e quindi non si verifica alcuna eclisse. Gli astronomi hanno calcolato che, in un anno, si possono contare da un minimo di 2 fino ad un massimo di 5 eclissi di Sole (indipendentemente che siano totali o parziali). Ma allora perché ogni anno non si vedono almeno 2 eclissi dalla stessa località? Innanzitutto dobbiamo tenere presente che la Terra gira su sé stessa, e quando la Luna si allinea con il Sole, non è detto che quella località venga a trovarsi proprio nella zona interessata dall'eclisse (ad esempio il Sole sarà già tramontato in Italia quando gli Stati Uniti saranno interessati da una eclisse totale il 21 Agosto 2017). Inoltre, dobbiamo anche considerare le limitate dimensioni dell'ombra e della penombra. L'ombra, come si è detto, non è più ampia di 300 chilometri e prima di tornare a passare sulla stessa località trascorrono, di solito, 3 o 4 secoli. La penombra, invece, è molto più estesa e questo rende le eclissi parziali molto più frequenti di quelle totali. Ma siccome la penombra non riesce maì ad abbracciare tutto il globo terrestre, ma solo una sua parte, solitamente una stessa località osserva due eclissi parziali di Sole a distanza di qualche anno l'una dall'altra. Pertanto, possiamo concludere che le eclissi solari non sono rare (da 2 a 5 all'anno), ma non per la stessa località.
OSSERVARE LE ECLISSI SENZA STRUMENTI OTTICI
Anche l'osservazione diretta del Sole effettuata ad occhio nudo (cioè senza l'ausilio di strumenti ottici) espone i nostri occhi a rischi molto gravi se non vengono adeguatamente
protetti. Essi devono essere sempre schermati in modo da ridurre l'accecante luce solare a valori accettabili. I dispositivi più sicuri sono gli appositi occhialetti o visori da eclissi, che si possono trovare nei negozi di ottica specializzati nella vendita di prodotti astronomici. In alternativa, si possono adoperare i vetrini per maschere da saldatore, purché abbiano un grado di oscuramento (DIN) non inferiore a 13 (il valore è indicato, in genere, sul bordo del vetrino). Sono acquistabili nei negozi di ferramenta o nei negozi di articoli antinfortunistici e di sicurezza.
Bisogna, invece, assolutamente evitare di guardare il Sole attraverso occhiali da Sole, vetri scuri o affumicati, lastre radiologiche, pellicole fotografiche, filtri polarizzatori per fotografia e compact disc: tutti questi oggetti non permettono di ridurre a sufficienza la luce solare, e soprattutto non bloccano i raggi ultravioletti e infrarossi.
Non occorre, invece, schermare i nostri occhi se decidiamo di osservare un'eclisse in proiezione. Si tratta di un metodo di osservazione indiretta che consiste nel far passare i raggi solari attraverso un foro piccolissimo (non più ampio di 1 o 2 millimetri di diametro) ricavato in un cartoncino e nel proiettare poi l'immagine del Sole eclissato su un altro cartoncino bianco che funge da schermo (a). In alternativa al cartoncino, un materiale che si fora facilmente con uno spillo sono i fogli di alluminio per alimenti (b). Ne basta un pezzettino, da fissare con nastro adesivo su un intaglio aperto all'interno di una tavoletta (c). L'osservazione in proiezione sfrutta lo stesso principio di funzionamento della camera oscura: la luce emessa da un corpo luminoso o illuminato, propagandosi in linea retta, nel passare attraverso un foro molto piccolo, crea su uno schermo un'immagine rovesciata e capovolta dell'oggetto stesso (d). Pertanto, anche l'immagine del Sole eclissato risulta rovesciata e capovolta. Le sue dimensioni crescono all'aumentare della distanza tra foro e schermo: poco più di 9 millimetri di diametro per 1 metro di distanza. Ma al crescere delle dimensioni, l'immagine perde di luminosità. Per ridurre il disturbo della luce ambientale, la proiezione può avvenire all'interno di una scatola (e) o di un tubo di cartone (f). Possiamo anche non fabbricarci nulla e utilizzare alcuni oggetti di uso comune già dotati di fori molto piccoli, come, ad esempio, quelli di uno scolapasta (g). Oppure ci basterà soltanto intrecciare opportunamente le nostre dita per creare piccolissimi passaggi alla luce solare (h). Infine, possiamo anche metterci all'ombra di un albero o di un cespuglio frondoso e intercettare su un foglio o un lenzuolo bianco le immagini del Sole eclissato (i).
GELSOMINO NEL PAESE DEI BUGIARDI
In “Pepeverde” anno 2015
Gelsomino nel paese dei bugiardi è uno dei primi libri di uno scrittore ,Gianni Rodari, che non ha certo bisogno di presentazioni ma che costituisce uno dei capisaldi della nostra letteratura per l’infanzia , dimostrando che di letteratura con la elle maiuscola si tratta e può essere tolta da quel limbo in cui, a volte, è relegata.
Questo libro però, che al suo apparire ebbe un discreto successo ma che, a poco a poco, è caduto nel dimenticatoio, credo sia opportuno presentarlo.
Si tratta della storia di Gelsomino, un ragazzo di paese dalla voce potentissima che però, a causa di questo suo “dono particolare” che crea sconcerto e imbarazzo negli altri, è costretto ad andar via dal luogo natio perché non è più possibile viverci. Alcuni in effetti, lo acclamano perché le meraviglie della sua voce sono quelle di un angelo, altri lo temono come la peste perché per loro , queste qualità altro non sono che la maledizione di uno stregone.
Cammina, cammina- come direbbero le nonne di una volta- Gelsomino fuggito dal suo paese, si trovò in un luogo veramente singolare dove tutte le persone, che ci tenevano a conservare la loro testa saldamente fissata al collo, dovevano dire bugie.
Questo perché quella nazione era stata conquistata tempo prima, da una banda di pirati capeggiata da Giacomone, che ne era ben presto diventato il re ma che, come si può immaginare, aveva tutto l’interesse a non divulgare la verità circa la sua storia piratesca.
Così re Giacomone, insieme ai suoi loschi compari, aveva deciso che la soluzione era semplice: su tutto il suo regno avrebbe aleggiato lo spirito della menzogna.
Da quel momento, in quel paese, per mangiare un po’ di formaggio si doveva chiedere della gomma da cancellare e dell’inchiostro per bere un bicchier di vino.
Gelsomino ci mise un po’ a capire come funzioni quello strano paese e fa amicizia con uno strano gatto disegnato sul muro da una bambina, che scende dalla parete e che lo affianca nelle sue peripezie.
Il suo nome è Zoppino. Insieme i due amici affrontano la situazione ma la voce (il dono) di Gelsomino è tanto potente che attira le mire di un celebre maestro di musica dal nome, guarda caso, di Domisol , che lo vuole far diventare un celebre tenore .
La bravura di Gelsomino è enorme e il maestro, già pregusta il suo lauto guadagno, quando l’ugola potentissima del ragazzo (come lui aveva previsto) sbriciola letteralmente il teatro.
Così Gelsomino è costretto a scappare e a vivere altre mirabolanti avventure insieme ad altri numerosi amici tra cui il pittore Bananito (che ricorda Picasso) , Benvenuto Mai Seduto (che invecchia ogni volta si siede) zia Pannocchia e Romoletta finché, con una serie di “srotolamenti a catena” come li chiamo io –ossia quella serie brillante di giochi linguistici e colpi di scena che, come una serie di pupazzetti a molla escono dalla scatola delle sorprese della penna di Gianni Rodari, si trascinano i piccoli lettori ( ma anche i grandi) in questo mondo bellissimo dove, alla fine,la verità trionfa ma senza prosopopea e ,in questo senso, Gelsomino è un libro più fresco che sarebbe il caso i rivalutare.
Gelsomino, consigliato dai 7 anni in su, è pure un felice modo per i genitori di stabilire un contatto autentico con il proprio figlio attraverso la lettura ad alta voce magari prima di dormire, che è sicuramente un dei modi più belli per crescere insieme accanto ai propri bambini.
In questo libro, il gioco di parole,l’allitterazione, l’iperbole aumentano la meraviglia per un mondo visto con il necessario distacco, in cui sono trionfanti i valori dell’amicizia, della tolleranza, lontani però dal conformismo e dal luogo comune.
Un’altra caratteristica di questo libro, che mi ha molto colpito e credo sarebbe importante inoculare ai bambini come un buon ricostituente, è l’assenza di quel velo di retorica che, in alcune opere di Rodari, appesantisce il racconto e che risulta molto datato, molto anni ‘Settanta ed è invece totalmente assente nella storia di Gelsomino dove si respira un’aria di libertà, un’aria pura.
In questo libro, lo scrittore ha indicato ai bambini come viatico essenziale per affrontare la difficile avventura della vita proprio il buonumore, l’ironia, la leggerezza, una bella risata che spinge sul terreno della divergenza e della creatività (del riso sottilmente deviante)e risulta anche lo scudo più solido contro le aggressioni (di tutti i generi). L’ironia in funzione antiretorica.
Gianni Rodari compie quest’impresa sottolineando l’importanza della lingua, erige una sorta di monumento alla lingua, nella sua complessità e nella sua corretta architettura e insiste a riscoprire la voce potente di Gelsomino, che, unica voce dissidente, con la forza che viene dall’ironia e dalla bontà, trova lungo la strada compagni di viaggio che lo aiutano a far sgretolare le fandonie costruite nel paese dei bugiardi e ritorna alla verità: l’unica medicina che fa guarire una società già malata, come quella dell’epoca e ancor più la nostra, con una cura miracolosa e cioè l’ottimismo della volontà.
IL MERCANTE DI VENEZIA
Di William Shakespeare
Con GIORGIO ALBERTAZZI
e con Franco Castellano
TEATRO Ghione, Roma dal 21 gennaio all’8 febbraio 2015
La forza e l’immortalità delle opere di Shakespeare sta nella capacità, attraverso una scrittura avvincente e poetica al tempo stesso, di tratteggiare caratteri umani che ci sanno sempre stupire.
Questo accade perché il testo è vissuto, incarnato da attori di razza che sanno far diventare nuova ed inedita la vicenda, che poi null’altro è se non lo spettacolo delle giravolte della vita, quasi in uno specchio che ci mostra nelle nostre grandezze e anche nelle nostre meschinità. A tal proposito, giganteggia Giorgio Albertazzi che impersona la figura del mercante ebreo Shylock, disprezzato dai veneziani perché presta il denaro ad usura ma ricercato quando Antonio, per aiutare il suo amico Bassanio a conquistare la ricca e nobile Porzia, deve ricorrere a lui per un prestito di tremila ducati in quanto le sue ricchezze sono tutte nei traffici marittimi.
La storia è arcinota : Shylock accetta ma se Antonio non riuscirà a restituire il denaro nei tempi stabiliti, come penale una libbra di carne del debitore. Inoltre Shylock ha una figlia:Jessica, che ama moltissimo che fugge con un cristiano, Lorenzo, lasciando il padre solo e sconfitto perché Porzia, per difendere il suo amore Bassanio, amico di Antonio, si traveste da avvocato e dice che per la legge veneziana, potrà prendere la libbra di carne a patto di non far uscire neanche una goccia di sangue. Invano l’ebreo/Albertazzi , che ha una presenza scenica veramente enorme e incanta l’uditorio solo “stando” sul palco, chiede a quel punto perlomeno la restituzione della somma di denaro da lui prestata. Porzia è implacabile: non avrà niente.
Si vede perciò in questa vicenda tutto l’inesorabile declino di Shylock che, però non è affatto un personaggio dimesso e meschino ma appare in tutta la sua lucidità di cui mostra la dignità profonda anche nella sconfitta e l’ipocrisia dei cosiddetti “bravi cristiani” pronti al primo accenno a tradire la fiducia delle donne amate: Porzia e Nerissa, dando l’anello alla stessa (Porzia travestita) che l’aveva pregato di non separarsene mai pena la fine del loro legame e la perdita del suo amore. La delicata architettura della commedia è corroborata in particolare dalla recitazione del “tormentato” Antonio, interpretato da Franco Castellano,dalla furba e divertente-divertita Porzia interpretata da Stefania Masala e da uno “svagato” Doge. Il bravo Franco Trevisi.
Un cenno a parte merita la prova di bravura del servitore di Shylock Job, affettuosamente detto Jobbino che in reltà si chiama Lancillotto. Passa dalla parte di Bassanio, che lo tratta meglio dandogli una livrea gallonata, che però rimpiange qualche volta l’avaro Shylock.
IL GENERALE E I “FRATELLINI D’ITALIA” NEI DISEGNI DI PAOLO CARDONI
Rivista LG Argomenti, anno 2011
In un anno come questo, in cui la nostra Italia festeggia i 150 anni della sua costituzione in senso unitario, non poteva mancare un’opera d’animazione che suggellasse con eleganza ed arte, quest’appuntamento. Ed ecco che nasce “Il generale e i fratellini d’Italia”, un film che in modo divertente e accattivante, racconta ai bambini la storia d’Italia senza tradire la fedeltà storica ma rievocando lo spirito dell’Unità d’Italia attraverso storie di fantasia con i topi come protagonisti.
L a vicenda si apre a Torino, nel 1860, quando un nobiltopo di corte, il marchese Bucaformaggio, finisce per caso nel portadocumenti che re Vittorio manda a Garibaldi, ormai sul punto d’intraprendere la storica impresa, la spedizione dei Mille.
Viaggiano sulla stessa nave anche Camilla, la nobile cagnolina del Conte di Cavour sfuggita al suo padrone e due topi rivoluzionari napoletani, Ciro e Cecilia. Completa la compagnia Ernesto, il topo che segue Garibaldi fin dai tempi dell’America Latina, che è il più infiammato nel proposito di aiutare il generale. Fonderanno così un’associazione segreta dal nome suggestivo “I Fratellini d’Italia” e saranno osteggiati però dal Marchese Bucaformaggio, contrario all’iniziativa.
La vicenda si conclude a Teano con lo storico incontro tra Vittorio Emanuele e Garibaldi, non senza rovesciamenti, colpi di scena, avventure, voli in mongolfiera, che piaceranno di sicuro ai bambini.
Prodotto da Rai fiction e dalla Lanterna Magica, quasi sicuramente, sarà presentato in anteprima al Quirinale, all’apertura dell’anno scolastico, alla presenza del nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e andrà in onda su Raidue in autunno.
IL MONDO DI MAURO L. EVANGELISTA, UN ARTISTA DEL LIBRO TATTILE
In Rivista LG Argomenti anno 2010
Ho conosciuto Mauro L. Evangelista, perché insegnava arte nella stessa scuola dove insegno anch’io e ho avuto la fortuna di collaborare con lui, ad un progetto per una mostra sulle opere di Leo Lionni, che ha entusiasmato i bambini che vi hanno partecipato.
Questo saggio nasce dalla consapevolezza di aver lavorato con un grande artista che, purtroppo, prematuramente è scomparso , ma ha lasciato, in tutti quelli che l’hanno conosciuto, una traccia “magica” grazie alla sua personalità, che sapeva toccare le corde giuste per ottenere il meglio da ognuno e che si è espressa molto anche nel suo ruolo d’insegnante, di chi lascia un segno indelebile nel cuore dei ragazzi.
Quest’articolo vuole essere però anche un modo per far conoscere di più al pubblico così qualificato della rivista LG argomenti , il suo lavoro, con particolare riferimento al libro tattile.
E per farlo bisogna iniziare dalla sua vita. Nato nel 1964, diplomato in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma, Mauro L. Evangelista aveva iniziato a lavorare come fotografo di scena in spettacoli teatrali e nel teatro danza. Successivamente, è stato disegnatore tessile in un grande studio all’interno del quale ha avuto modo si sperimentare numerose tecniche fotografiche.
Come autore indipendente, ha progettato e prodotto complementi d’arredo nel settore tessile e d’illuminazione. Dal 2004 si è occupato d’illustrazione, ben due volte, nel 2005 e nel 2007, Mauro Evangelista ha vinto il premio Tactus, rispettivamente con Troppo ordine, troppo disordine e Cuore di pietra.
Ma cos’è il libro tattile e cosa trasmette a tutti noi ? I libri tattili sono nati per soddisfare la curiosità dei bambini ipovedenti e ciechi ma, in realtà, sono per tutti. Utilizzati come strumenti didattici per stimolare la percezione tattile, questi libri sono illustrati con diversi materiali, forme, textures e accompagnati dalla scrittura braille.
I libri tattili sono comunque libri d’artista poiché sono oggetti per lo più realizzati a mano, dalle tirature molto limitate, che hanno visto negli anni crescere l’interesse per nuove forme di comunicazione.
“Il libro tattile è infatti un altro modo di pensare la grafica e l’illustrazione, è una sfida multisensoriale, un modo per rendere libere le immagini”.[1]
Credo che in questa sua attività di artista del libro tattile, Mauro L. Evangelista abbia messo tutta la sua poetica , sposandone perfettamente le caratteristiche di una diversa comunicazione, che passava attraverso un canale diverso dai soliti, quello sensoriale, che riusciva più profondamente a penetrare il mondo.
Ma vorrei lasciare a lui la parola ricordando un suo contributo scritto nel marzo 2010, in occasione della manifestazione “Libri che prendono forma”, sulle esperienze tattili , che spiega il suo mondo poetico più delle mie parole.
“Il mio interesse nei confronti della percezione tattile viene da lontano ed ora sia come insegnante d’arte nella scuola media sia come autore di libri, si è rafforzato. Sono sempre stato appassionato dalla bellezza della materia.
Ho avvertito spesso il bisogno di avvicinarmi alle cose e di sentire, attraverso il contatto fisico quelle sensazioni che potessero rendere più intensa e completa l’esplorazione della conoscenza.
Questa percezione intensa ha arricchito molte volte le mie passeggiate e i miei viaggi.
In qualche caso, addirittura le “immagini” più forti che ho conservato di un luogo sono state prodotte da memorie tattili .
Sono ricordi legati alle asprezze e alle morbidezze degli elementi naturali ma anche dalla rugosità di un muro accarezzato dalla luce radente del sole o all’ondulazione levigata di un pavimento di pietra. E in effetti quanta meraviglia si prova toccando una piccola superficie!
Questo paesaggio si può scoprire anche in pochi centimetri quadrati! Toccare, sentire una superficie (la “pelle” delle cose)consente di avvicinarsi ad una conoscenza molto profonda del mondo perché permette di avere un contatto intimo con un luogo, una persona o anche solo una materia.
E’ un movimento verso un sapere sensibile. E ‘ un viaggio. Anzi può essere il viaggio.
L’esplorazione e la scoperta sono due temi importanti, sono parole- guida nel lavoro che svolge con gli allievi.
Lavorando in classe, per me, è molto importante far conoscere ai ragazzi soprattutto i materiali “poveri” che, utilizzati distrattamente ogni giorno e considerati spesso privi di valore, posseggono invece caratteristiche importanti e particolari che possono essere evidenziate.
Propongo spesso il cartone da imballaggio: un prodotto apparentemente banale che si rivela invece una grande risorsa. Può essere abraso, scavato, aperto, grattato, schiacciato… ed ognuna di queste operazioni consente di ottenere superfici assolutamente differenti. Nelle mie attività di laboratorio io non vedo tutto questo come un semplice riciclo ma come la scoperta di una ricchezza nuova, di una preziosità inaspettata.
Il cartone da imballaggio nasconde al suo interno un “segreto”, una struttura interna ad onda. Questa vera e propria architettura gli consente di essere enormemente robusto in rapporto alla grande leggerezza .
Nell’attività didattica è possibile affrontare il tema della superficie anche mettendo a disposizione un foglio di carta. La carta è manipolabile, può modificare il suo aspetto in modo radicale.
Sotto le nostre mani non si verifica una semplice trasformazione ma una vera trasfigurazione della materia.
La superficie della carta manipolata può imitare la roccia, la stoffa, la pelle rugosa di un volto o l’ondulazione di una collina.
In classe, si scopre dunque che la carta ha in sé molti altri materiali. Considero estremamente affascinante e stimolante sfruttare queste possibilità con la scuola. Nel lavoro didattico, il contatto intimo con le superfici e con la carta in particolare, è infatti la premessa non solo per progettare in classe libri tattili ma anche per realizzare le immagini che i miei allievi applicano sui quaderni e con i quali illustrano gli argomenti trattati di volta in volta nelle lezioni.
Il quaderno diviene quindi esso stesso una sorta di libro tattile di cui assume spesso il caratteristico spessore… corposo”.
Queste parole potrebbero essere definite, senza tema di smentite ,sicuramente il manifesto programmatico del suo mondo artistico, che esce intatto e limpido anche dall’ultimo libro uscito postumo ,che s’intitola Saremo alberi e che è rivolto essenzialmente ai bambini più piccoli,nasce da un semplice pezzo di corda, formata da strutture più sottili e che quindi riesce ad esprimere i diversi tipi di piante attraverso la diversa disposizione. La bellezza delle molteplicità della natura che deve essere accettata e che si può leggere con le dita. Un libro questo, edito da Artebambini ,che consiglio vivamente di avere per leggerlo con le dita.
[1] Pietro Vecchiarelli, Leggere è uguale per tutti,Libri tattili illustrati, Sito della Federazione Nazionale Ciechi, maggio 2010 .
IN RICORDO DI GABRIELLA DI LUZIO
In Campo de’Fiori, Rivista 137, luglio 2016, pag.15
Un bel ricordo dell’attrice e soubrette napoletana Gabriella DiLuzio, recentemente scomparsa a seguito di una grave malattia, con tanti suoi amici artisti che le hanno voluto rendere omaggio, si è svolto al Teatro Petrolini di Roma qualche sera fa.
Gabriella Di Luzio, napoletana verace, aveva cominciato giovanissima a calcare le scene mossa da un irresistibile amore per l’arte, sia come attrice che come cantante.
Particolarmente congeniale le risultava il ruolo della sciantosa tanto che uno dei suoi cavalli di battaglia era la nota canzone “m’hai fa ffa’”-
Brillante e versatile, la nota attrice era anche una valente scrittrice (aveva scritto uno spettacolo comico tutto di donne, a sei mani, insieme alle sue amiche Sara Pastore e Giò Di Sarno. “Ognuno mette quello che ha”. In quell’occasione l’avevo conosciuta anch’io all’anteprima a Castiglione del Lago e mi aveva colpito per la sua grinta e le sue doti attoriali e aveva dato alle stampe dei libri in cui parlava della sua malattia in chiave ironica e della sua esperienza di donna ed attrice.
La serata è stata organizzata dal regista e commediografo Salvatore Scirè insieme all’attrice Lucy Frazzetto che ha presentato e a Raffaele De Bartolomeis si sono alternati Massimo Milazzo, il Maestro chitarrista Paolo Gatti, il Bartolomeis. Poi il soprano e attrice Argia Sara Pastore, la soubrette Laura Sorel, l’attore Adolfo Bianchi Whites , le cantanti Rosalba Falzone e Priscilla Baldini, il comico Salvatore Mazza.
Ha presenziato , visibilmente commossa, l’unica figlia dell’attrice Valentina Neri, che ha ringraziato tutti gli intervenuti per la splendida serata.
Un ricordo su quel palco che ha rappresentato la vita per Gabriella e che sicuramente, c’è da scommetterci, le sarebbe piaciuto tanto!
L’UOMO, LA BESTIA, LA VIRTÙ
Teatro Arcobaleno (Roma)
Regia di Ennio Coltorti
Dal 28 novembre al 21 dicembre 2014 (venerdì-sabato-domenica)
di Maddalena Menza
In Campo de’Fiori, gennaio 2015
I classici teatrali sono un patrimonio dell’umanità che resta nel nostro immaginario come un baluardo che deve essere difeso contro tutte le sterili contraffazioni.
E’ importante custodirli con cura, studiare, impegnarsi per rendere al massimo quella loro “anima” ed è ciò che fa da anni la compagnia diretta da Ennio Coltorti, un regista rigoroso ed esigente oltre che attore egli stesso che , in questa occasione, ha messo in scena uno dei classici più rappresentati dal grande drammaturgo siciliano Luigi Pirandello, L’uomo, la bestia, la virtù.
La commedia è sempre attuale perché parla di archetipi universali di personaggi, che sono una specie di maschere che nascondono la propria vera identità e che, infatti, nella locandina dello spettacolo si fanno ritrarre come dei personaggi deformati che appaiono in un modo ma sono in un altro.
La storia è un classico triangolo costituito da un professore (l’uomo del titolo) la moglie di un capitano, che viene da lui consolata (la virtù) e lo stesso capitano che non torna quasi mai a casa e quando lo fa non compie “il suo dovere coniugale”(la bestia).Ora la tragedia si sta per compiere: la donna (la virtù del titolo) è incinta e il professore non sa come uscirne. Per questo, implora un dottore che vive da lui (il bravo Matteo Fasanella)a fornirgli un espediente per convincere il marito renitente a fare il marito e a prendere in carico così il nuovo figlio che sta per arrivare, nascita che altrimenti creerebbe un grande scandalo.
Una delle commedie di Pirandello più rappresentate al mondo in cui il grande autore di teatro mostra l’ipocrisia dell’”uomo civile”, che indossa la maschera della “virtù” per nascondere la “bestia” che ha dentro. E’ proprio l’uomo in effetti quello che ne esce con l’immagine più compromessa dall’ipocrisia con cui maschera la sua vera identità, preoccupato solo di uscire da una situazione che lo costringerebbe ad assumere delle responsabilità per i suoi comportamenti.
Gli attori recitano con grande maestria e, dietro questa commedia, si coglie il grande lavoro del regista e degli attori nel preparare lo spettacolo, che è un perfetto meccanismo a orologeria. Particolarmente significativa risulta l’interpretazione di Ennio Coltorti (nel ruolo del Professore) e di Liliana Randi, la moglie, subentrata all’ultimo momento nella parte e quindi da ammirare ancora di più e il capitano impersonato dal bravo Sergio Smorfa, direttore della scuola del Teatro del Sogno da cui arrivano anche altri interpreti. Poi c’è lo straordinario piccolo ruolo , che si potrebbe chiamare cameo della nota attrice Gioietta Gentile, nel ruolo della governante, che ha dei tempi comici perfetti e che, dietro l’efficienza della governante perfetta, nasconde il suo innamoramento senza speranza per il professore.
Grande energia si trae anche dalla presenza di molti giovani che interpretano delle parti di contorno con grande entusiasmo e allegria.
Fa piacere inoltre vedere in platea numerosi ragazzi entusiasti nell’andare a teatro, che riconciliano con l’immagine stantia del teatro come di un divertimento che non ha più nessun fascino per i giovani. Quindi in conclusione, non posso che consigliare a tutti i romani di affrettarsi e di andarlo a vedere!
NON SOLO BELLEZZA ITALIANA MA ANCHE ARTE , MODA, MUSICA E SOLIDARIETA’
In un piccolo teatrino nella zona di San Giovanni a Roma “Lo Spazio”, si è svolta una bella iniziativa che ha dato modo di mettere in luce le tante bellezze che esistono in Italia. Non solo un concorso di bellezza quindi ma anche di arte, cultura, moda, musica e solidarietà.
Tra le tante concorrenti che si sono cimentate, le vincitrici sono state : CrinaCuibus di Roma insegnante di danza e Monica Parisi di Formia.
Ideato dal patron Tino Oreste Maiolo, direttore di RadioUno New York (una radio italiana molto popolare in America ) che ha anche condotto la serata insieme alla bella e brava showgirl Elena Presti di Canale Italia 161, che ha cantato il suo ultimo brano. A little more.
La giuria di qualità è stata presieduta dall’attrice Adriana Russo e formata dalla pittrice internazionale Ester Campese reduce dai successi di Spoleto Arte con Vittorio Sgarbi, dal produttore cinematografico Riccardo Bramante, dall’attore Antonio Tallura interprete di fiction e da Alberto Polifroni direttore di Radio Italia e Presidente dell’Agenzia di Modelle Alpa Model Agency.
Un riconoscimento alla carriera è stato consegnato alla splendida Adriana Russo e al grande attore Lando Buzzanca,che non l’ha potuto ritirare perché impegnato in Sicilia per lavoro.
Numerosi ospiti hanno allietato l’evento: la guest-star Angelus Marino, dj internazionale, il cantante dalla voce potente Benny Albanese, Nadia e Francesco con un loro brano, gli speakers italiani di Radio Uno New York Alessandro Bianconi, Tiziana Guida e Alessio Cigliano.
La bellissima Elisabetta Viaggi, prima miss sordomuta, la ballerina AntonellaD’Angelo, Laura Mastroianni collaboratrice di Radio New York e la collaboratrice brillante e spiritosa, la genovese Cristina Cattoni Miss Over Nazionale 2012.
L’Oltreoceano Band di Napoli ha presentato un brano inedito.
Le ragazza hanno vinto un abito d’alta moda offerto dallo stilista Luigi Auletta e una corona da Anna Suriano dello Xento. Lo sponsor è stato Giuseppe De Cecco dell’omonimo pastificio. Tra poco si apriranno le selezioni per la seconda edizione
consultabili sul sito la nostrabellezzaitaliana. Bellezze italiane preparatevi!
PREMIO “LE MASCHERE” AL Teatro S.Carlo di Napoli
Teatro Cult, anno 2014
Quale sarà il destino del prestigioso “Premio teatrale Le Maschere” e, più ampiamente, la sorte del nostro Paese, tra cent’anni’ Con questo quesito, tra il serio e il faceto, Tullio Solenghi, brillante conduttore della splendida serata di premiazione, che si è svolta al Teatro San Carlo di Napoli il 5 settembre, ha catturato l’attenzione del pubblico mostrando un’ipotetica copia del Mattino di Napoli di quella data portata da un’avvenente Sibilla Cumana e, giocando su questo tema e sull’esiguità dei mezzi che vengono dati al Teatro. Il conduttore ha saputo regalare un tocco leggero e ironico ad una Cerimonia importante come quella del San Carlo, il più antico (e bello) d’Europa, ristrutturato da pochi anni e portato al suo antico splendore grazie anche all’impegno del Sovrintendente, in cui si svolge il massimo riconoscimento agli artisti teatrali d’Italia, dato proprio da addetti ai lavori.
Giunto alla decima edizione, raccoglie l’eredità del premio “Gli Olimpici per il teatro”, nato da un’idea di Luca De Fusco e Maurizio Giammusso e vuole esprimere le eccellenze nel campo teatrale e la varietà delle sue espressioni artistiche e produttive e si svolge a Napoli, che può essere considerata la capitale italiana del teatro.
Organizzato per il quarto anno dalla Fondazione Campania con l’Agis, con un parterre di giurati eccellenti presieduti da Gianni Letta e composto da Luigi Grispello (Presidente della Fondazione Campania del Festival), Caterina Miraglia (Consiglio di Amministrazione Fondazione campania del Festival) Giancarlo Leone (direttore Rai Uno), Carlo Fontana (Presidente Agis), Giulio Baffi (critico La Repubblica)Marco Bernardi (direttore Teatro Stabile di Bolzano), MariclaBoggio (drammaturgo), Emilia Costantini (critico Corriere della Sera) Masolino D’Amico (critico La Stampa), Maria Rosaria Gianni (capo redatore cultura Tg1), Enrico Groppali (critico Il Giornale), Massimo Monaci (direttore Teatro Eliseo), Andrea Porcheddu (critico www.linkiesta.it).
La scelta della terna dei finalisti per le varie candidature è avvenuta nella serata del 30 giugno al teatro Eliseo di Roma ed ha portato ad una selezione da parte dei giurati, che si è conclusa con l’assegnazione del premio teatrale con voto segreto, da parte di 500 colleghi. Per gli artisti teatrali, Le maschere rappresenta il premio più ambito di tutti.
La serata è stata poi trasmessa in differita alle ore 23,00 su Rai Uno ed è stata un’occasione per ricordare il trentennale della morte di Eduardo con il dono che il figlio Luca ha fatto alla cittadinanza del Teatro edoardiano per eccellenza, il San Ferdinando.
All’inizio, è intervenuto Francesco Canessa, ex Sovrintendente e figura storica del teatro, autore di un bel libro dal titolo, Attori si nasce e che apre uno squarcio su un periodo d’oro del teatro, caratterizzato dalla passione, che è andato irrimediabilmente perduto, con protagoniste famiglie di teatranti. Tullio Solenghi, partendo dal decennale del premio Le Maschere, festeggiato così miseramente, come accennavo all’inizio, ha voluto fare un volo pindarico di fantasia e pensare a cosa potrebbe succedere per i cent’anni dal teatro, così un ipotetico mattino del 5 settembre 2114 mostrerebbe le scorie spedite su Marte, i cittadini tedeschi profughi dei vu’ cumprà e Gianni Letta, che si è trasformato nello Jedi di George Lucas.
Moltissimi e di alto livello gli attori, i registi e le maestranze varie, che sono stati premiati. Per la categoria degli attori non protagonisti ha vinto Ariella Reggio con lo spettacolo Boeing Boeing , premiata da Alessandro Preziosi. L’attrice, che lavora anche nelle fiction televisive, ha ringraziato la compagnia per il sostegno che le ha dato. Per la categoria degli attori non protagonisti, è stato premiato, da Gaia Aprea, Tonino Taiuti per Circo Equestre Sgueglia. Taiuti ha dedicato questo premio alla moglie e al figlio. Molte sono state le dediche familiari, segno di una volontà d’intima condivisione con i propri cari. Anche Gianni Clementi, premiato come autore di novità, ha dedicato il premio alla famiglia. Premiato da Maurizio Giammusso, grande critico e studioso per Lo sfascio, una storia di un tentativo di rapina da parte di un gruppo di cialtroni, che vuole essere uno spaccato della situazione del nostro Paese. L’autore ha colpito la platea perché ha voluto ricordare la passione di due professori, che ha avuto al liceo e all’università e che gli hanno trasmesso quest’amore per l’arte. Per la categoria degli autori di musiche, è stato premiato Simone Cristicchi per Magazzino 18 ed ha ritirato il premio Walter Sibilotti, coautore con Cristicchi che ha ringraziato per quest’opportunità. Come attore protagonista da Alessandro Preziosi è stato premiato Pierfrancesco Favino, veramente bravo, interprete di Servo per due, è stato elogiato da Tullio Solenghi anche per l’esempio di teatro virtuoso che dà col suo lavoro in una compagnia dove suddividono i proventi in modo democratico. L’attore si è esibito con delle gustose interpretazioni di Marcello Mastroianni e Titina De Filippo, suscitando un caloroso consenso. Elisabetta Pozzi, con il suo Agamennone è stata incoronata come migliore attrice protagonista. L’attrice è riuscita a portare a teatro all’anfiteatro di Siracusa settemila persone ogni sera e ha lanciato un appello perché il teatro torni ad essere centrale nella vita di tutti. A seguire, il grande Mariano Rigillo, interprete di Masaniello e tanti altri lavori, che ha invitato il pubblico ad andare a teatro a vederlo in Napoli milionaria, ha premiato Alessandro Preziosi, come miglior interprete di un monologo per il testo Cyrano sulla luna. L’attore, sull’onda dell’emozione per l’evento, ha detto che il teatro deve comunque ringraziare la letteratura e la lettura se, ogni volta, crea una magia nell’uditorio, che aumenta il potere della scena. Ha ringraziato l’autore del testo Tommaso Mattei e ha voluto dedicare questo premio alla città di Napoli, che ama dal profondo del cuore. Tra i finalisti, il premio per il miglior attore emergente è andato a Lino Musella, che ha dedicato il premio alla madre e alla sua famiglia per lo stesso Circo equestre Sgueglia. Il premio per i migliori costumi è andato a Zaira De Vincentiis,che ha realizzato i costumi di Antonio e Cleopatra e ha creato un gustoso siparietto con Tullio Solenghi perché si è soffermata nel descrivere tutte le difficoltà del lavoro affrontato tanto che, ad un certo punto, Solenghi ha finto di allontanarsi lasciandola libera di parlare a volontà, creando così un intermezzo comico. La donna ha poi ricordato una figura importante: suo padre, scomparso recentemente. E’ stata premiata dal presidente Maddaloni della Camera di Commercio di Napoli, che ha ricordato la sapienza artigiana dei grandi sarti napoletani. Un altro momento significativo è stato rappresentato dal Premio in memoria dell’organizzatrice culturale Graziella Lonardi Buontempo, che è stato assegnato dalla nipote agli organizzatori di Pordenone legge di Michela Zin e Daniele Villalta, che portano avanti il ruolo della letteratura nella società italiana , a cui il conduttore ha rivolto la solita domanda che gli fanno da dieci anni “Se Pordenone legge il resto del Friuli scrive? Ma non si può sempre essere brillanti!- ha risposto Solenghi. Altri premi sono stati dati allo scenografo Maurizio Balò per lo spettacolo Antonio e Cleopatra e a Luca de Fusco, regista dello stesso spettacolo, che al San Carlo è di casa tanto da essere stato l’ideatore del Premio, che ha voluto ringraziare le sue donne: la moglie, la figlia e le attrici della sua compagnia. Un plauso particolare va alla regista Emma Dante, per le Sorelle Macaluso, definito il migliore spettacolo dell’anno in cui si è realizzato un vero spirito di gruppo, ritirato da una delle attrici, che ha ricordato tutte le colleghe con affetto. Un altro momento importante è stato quello quello della premiazione di Giuliana Lojodice per la sua lunga carriera. Ha sintetizzato molto bene il personaggio, Gianni Letta, raccontando dei suoi esordi con grandi registi, del suo matrimonio a vent’anni seguito dalla nascita di due figli e dall’incontro della sua vita a 26 con Aroldo Tieri, che ha dato vita ad un lungo sodalizio artistico durato 50 anni. Le sue interpretazioni cinematografiche sono poche ma significative: La dolce vita e La vita è bella. L’attrice ha volto ribadire l’importanza di tornare ad un teatro più incisivo anche in questo momento di crisi. Prossimamente, Giuliana Lojodice porterà in scena sulle piazze italiane (anche a Napoli) diretta da Giancarlo Sepe La professione della signora Warren di George Bernard Shaw. Ha concluso la manifestazione la briosa esibizione dell’orchestrina da Ripostiglio, candidata per le musiche dello spettacolo Servo per due.
BRACHETTI: CHE SORPRESA!
regia di Davide Livermore
In Campo de’Fiori, Rivista 132, febbraio 2016, pag. 4
Indubbiamente, ogni volta che si aspetta uno spettacolo di Arturo Brachetti, si crede che si tratterà di un evento eccezionale, data la straordinaria versatilità dell’artista, capace di trasformarsi in pochi secondi in un caleidoscopio di personaggi in un modo che ha veramente del “magico”.
Questa volta è successo però, che, nonostante le doti innegabili dell’artista, lo spettacolo non sia riuscito a decollare completamente lasciando lo spettatore un po’ deluso, sebbene stregato dall’incantatore Arturo Brachetti capace di trasformarsi nel giro di pochi secondi in un giapponese raffinato o in un africano delle tribù.
Forse l’errore, in questo caso, è di essersi affidato un po’ troppo alla tecnologia e di aver lasciato la scena troppo agli altri comprimari, non sempre alla sua altezza.
Il “pretesto” dello spettacolo è stato una sorta di viaggio tra i suoi ricordi ,rappresentato da una valigia rossa che viene presa da alcuni “lestofanti” (suoi colleghi) e che contiene brandelli delle sue memorie che ogni tanto riemergono e che, inutilmente, Arturo Brachetti rincorre.
Sicuramente come tanti artisti nostrani, Arturo Brachetti conosciuto e apprezzato più all’estero di quanto non lo sia in Italia.Come spettatrice, avrei voluto vederlo di più sulla scena fare le cose che gli sono congeniali come le trasformazioni simultanee che lo caratterizzano e che rappresentano la forza incredibile della sua arte e che avvengono senza che, con tutta la buona volontà, si riesca a capire come ciò possa succedere.
Sembra di vedere un folletto straordinario con il segreto dell’eterna giovinezza cucito addosso (il suo segreto, per sua stessa ammissione, è aver conservato il cervello adolescenziale di un quattordicenne perché già un diciottenne è troppo “maturo” e quindi quella curiosità, quella freschezza che si vede anche nelle sua creazioni artistiche. Un’abilità decisamente affascinante dell’artista è stata la sua abilità nel sand painting, ossia nella capacità di disegnare sulla sabbia lasciando tracce indelebili,che colpiscono lo spettatore per la rapidità e la poeticità di queste immagini e che sono altrettante sfaccettature della sua anima. Arturo Brachetti viene affiancato in quest’avventura da alcuni maghi. Particolarmente bravo ho trovato Luca Bono, una giovane rivelazione e gli stralunati artisti Luca & Tino mentre un po’ stucchevole e ripetitivo è stato Francesco Scimeni.
Il filo conduttore dello spettacolo è un po’ debole ma certamente è difficile imbastire una storia cucita addosso ad un virtuoso del trasformismo che non sia niente più che un pretesto per sfoggiare quei meravigliosi abiti o l’eleganza del suo corpo aereo o divertire con le gag; però nel complesso lo spettacolo ha una sua rilevanza legata alla presenza artistica di Arturo Brachetti, che comunque, da sola, vale la serata!
Brachetti, che sorpresa!, che è già stato portato in scena l’anno scorso in tutte le piazze italiane, torna per tutto il mese di gennaio a Roma (Auditorium della Conciliazione), a S. Benedetto del Tronto, a Monza per concludersi a Bologna. Un’occasione da non perdere per gli amanti del trasformista!
ENRICO BRIGNANO
EVOLUSHOW
Teatro Sistina dal 27 gennaio al 29 marzo 2015
In “Campo de’Fiori, Aprile 2015
Quando la forza della scrittura entra in uno spettacolo, lo trasforma in un’esperienza veramente indimenticabile. E questo viene accompagnato dal grande talento di attore di un Enrico Brignano in splendida forma, che porta a teatro in tempi di crisi, platee sterminate non concedendo nemmeno accrediti ai giornalisti) e protraendo uno spettacolo in cartellone solo per un mese per altri due mesi registrando sempre un tutto esaurito.
E’ veramente riuscito questo Evolushow che abbina al talento attoriale del comico romano, specialista nei dialetti e nella capacità di reggere sulla scena, per oltre tre ore, con i suoi monologhi e la sua prodigiosa memoria, anche un’ideazione scientifica accurata, che racconta in termini divertenti ma assolutamente corretti, la nostra evoluzione di ominidi che è iniziata con un elemento caratteristico che ci ha separato dalle scimmie sugli alberi e cioè lo “spelamento”.
Dall’elemento del pelo viene una tirata veramente comica dove Enrico Brignano (uno degli autori di questo formidabile testo) mette in luce la siderale distanza tra uomini e donne in tutti gli aspetti della vita da quelli più futili a quelli più importanti e come l’amore possa essere stato un “errore” nell’evoluzione umana.
Inoltre, accompagnato da un gruppo di ottimi ballerini e da una scenografia fantastica con un bell’effetto di luci, Enrico Brignano con sicurezza e charme, intrattiene il pubblico alla maniera dei vecchi comici di avanspettacolo che battibeccavano con gli spettatori mettendoli di fronte ad uno specchio in cui ridere dei propri difetti. E in questo fa buon gioco la tecnologia che, partendo dall’insofferenza del comico per la foto “obbligatoria” col divo di turno, ha trovato l’espediente di fare ogni sera un selfie con gli spettatori in platea, da postare immediatamente in rete soprattutto per prenderli in giro e “dimostrare indiscutibilmente che lo spettacolo è in diretta”. Poi l’artista continua deridendo la “moda” della tecnologia, che è diventato un vero e proprio habitus mentale tanto da far stare le persone “sempre da un’altra parte”.
Molto bella ho trovato la lettera scritta con carta e penna da Enrico ad un giovane di oggi, invitandolo a non rinunciare ai sogni e al miglioramento sociale, addormentato da questa confusa alienazione dei mezzi tecnologici che fa perdere di vista i valori importanti.
Divertente è in proposito il rovesciamento dei ruoli nella scuola in questi anni per cui la professoressa, solo 30 anni fa, era un modello a cui guardare e il genitore le dava sempre ragione contro il figlio e la realtà di adesso in cui svogliati e maleducati ragazzi vengono comunque difesi da madri e padri adoranti, che rendono i figli veramente fragili.
C’è pure spazio per la critica politica , mostrando sugli schermi delle foto di personaggi come Falcone e Borsellino, che hanno lottato per un’idea di giustizia e libertà non abdicando all’aspirazione di migliorare la società a costo della vita: messaggio che vuole dare a tutti e non solo alle giovani generazioni.
Una bella serata quindi a dimostrazione che il gusto del pubblico teatrale (certamente un ‘elite) addormentato da decenni di conformismo televisivo, sa ancora riconoscere, come i cani da tartufo, uno spettacolo sincero.
IL FENOMENO FEDEZ
In Campo de’Fiori, Rivista 130, dicembre 2015, pag. 7
Da qualche anno a questa parte, per i più giovani, è sorta all’orizzonte una fulgida stella che brilla ogni giorno di più e che attira a sé una miriade sterminata di giovani e giovanissimi con qualche spiccata preferenza per le ragazze.
Si tratta di Fedez, al secolo Federico Leonardo Lucia o semplicemente Federico come le sue fans più sfegatate lo chiamano, un ragazzo che è diventato nel giro di poco tempo (ha solo 26 anni) a partire dai video su youtube con cui ha cominciato, l’artista più amato tra i giovani fino a sfondare nel mondo discografico vendendo più di ottocentomila dischi premiate con 15 dischi di platino e 5 d’oro.
Fedez è anche vicino ai giovani perché affronta nelle sue canzoni sia dei temi politici come nella bellissima Pop-hoo-lista in cui fa un ritratto spietato ma veritiero degli italiani “che fanno la guerra come se andassero allo stadio e viceversa o aspettano per protestare una giornata di sole” e più intimistici come l’amore “ai tempi delle escort” della società consumistica :“un amore eternit” da cigno nero o magnifico.
Fedez attualmente, dato il grande successo ottenuto grazie anche alla sua partecipazione in qualità di giudice a X-Factor, sta continuando a promuovere il suo nuovo CD Po-Hoo-Lista uscito l’anno scorso in ogni città compresa Roma dove ho avuto l’occasione d’incontrarlo.
L’artista è circondato da folle di adolescenti che sono disposte ad aspettarlo per ore pur di stringergli la mano, guardarlo negli occhi, consegnargli lettere e disegni affinché lui li legga.
Coperto quasi in ogni punto del corpo da tanti tatuaggi colorati, Fedez propone i giovani un modello positivo. Fidanzato da tempo con Giulia con la quale vive a Milano insieme agli inseparabili Guè e Ciubecca. Legatissimo alla nonna che considera la sua più grande fan tanto da farne quasi una star che compare nel suo film. Viene dalla gavetta e ha un rapporto molto intenso con i suoi sostenitori ai quali deve la sua fama e che si chiamano Gianni.
I numerosi ragazzi presenti all’evento, con i quali nell’attesa ho parlato a lungo scoprendo un po’ il loro mondo più intimo cercando di capire i loro sogni e le loro speranze, all’arrivo di Fedez erano veramente a due metri sopra il cielo e questa gioia mi è sembrata il tesoro più bello della giornata con Fedez.
SONIA BERGAMASCO OVVERO LA MADRINA BIONDA DI VENEZIA
In Campo de’Fiori, Rivista 139, ottobre/novembre 2016, pag,8
Se si potesse racchiudere in una sola parola la personalità di Sonia Bergamasco, si potrebbe sintetizzare parlando di preparazione.
In effetti, la parola d’ordine di quest’artista dalle multiformi sfaccettature, scelta tra le migliori attrici italiane per rappresentare il prestigioso ruolo di madrina all’ultima edizione del Festival Internazionale del cinema di Venezia, è studio.
Non può non far piacere tanta determinazione e impegno per conseguire dei risultati che hanno portato quest’artista al prestigioso premio del Nastro d’argento per La meglio gioventù e alla candidatura come attrice non protagonista nel ruolo della dottoressa in Quo vado, grande successo di Checco Zalone oltre a numerosi altri premi.
Studio e impegno con cui Sonia si è preparata anche ad impersonare il ruolo di madrina del 73° Festival di Venezia portando la sua cifra stilistica di discrezione e signorilità.
Avvicinandola proprio nella città della Laguna, quindi abbiamo colto soprattutto la serietà e la grande professionalità dell’attrice.
In effetti, quest’artista milanese dalla bellezza algida e raffinata, di carattere schivo e poco mondano, è una delle artiste italiane più brave. Protegge con grande cautela la sua vita privata da occhi indiscreti ( E’ sposata felicemente da lunga data con il collega Fabrizio Gifuni ed ha due figlie Valeria e Maria) .
Musicista pianista, diplomata al Conservatorio Giuseppe Verdi, poetessa, danzatrice, artista impegnata, ha dato delle prove molto significative della sua bravura lavorando anche in teatro con grandi nomi come Giorgio Strehler alla cui scuola del “Piccolo teatro” si è formata e con Carmelo Bene con una rappresentazione su Pinocchio e Glauco Mauri.
Lei stessa si è cimentata nel ruolo di regista nello spettacolo teatrale Il ballo della scrittrice ebrea Irene Nemirovskji, dimostrando di essere un’ artista a tutto tondo.
Non si può non ricordare il drammatico ruolo interpretato con somma perizia, della terrorista che accetta di uccidere una personalità come Carlo Tommasi (interpretato dal marito Fabrizio Gifuni) nel bellissimo film del 2003 La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, uno spaccato dell’Italia, popolarissimo anche all’estero, di un ventennio di storia visto attraverso la crescita di un gruppo di amici.
Sonia Bergamasco dunque, versatile lo è davvero, e lo dimostrano tutte le sue prove che ne mettono in luce le grandi qualità, sia attraverso ruoli impegnati come nel film di Bertolucci e della Cavani in De Gasperi (anche miniserie televisiva) sia nei ruoli comici dove sa essere esplosiva e stuzzicante come in quello televisivo della fiction Tutti pazzi per amore o nell’altro cinematografico della dottoressa- manager spietata e divertente, interpretato nell’ultimo film di Checco Zalone, Quo vado?, diretto da Gennaro Nunziante e campione d’incassi del 2016, è stata una scelta vincente.
Proprio scegliere un’attrice come Sonia Bergamasco, di formazione teatrale, che scompiglia gli schemi consueti e non s’immaginerebbe mai in un cinema “popolare” come lei, è stata una trovata di genio degli autori, che ha contribuito al grande successo di un film pensato e studiato con cura come quello.
Lei stessa ha accettato la sfida con grande ironia o meglio autoironia, dimostrando che la serietà va a braccetto con il divertimento e sa sconfiggere chi pensa che esistano etichette facili per gli artisti.
FAVINO: MERAVIGLIOSO SERVO PER DUE
In Campo de’ Fiori, Rivista 133, marzo 2016, pag.7
Un clamoroso successo che non accenna a finire , che ha portato all’importante riconoscimento del Premio le Maschere,assegnato nella prestigiosa cornice dell’antico teatro S. Carlo di Napoli e che si ripete con repliche a non finire da più di due anni , per lo spettacolo diretto e interpretato dal bravo e bell’attore Pierfrancesco Favino, che ,tra l’altro, per questo progetto, adattato da un famoso lavoro di Carlo Goldoni Il servitore di due padroni ha rinunciato in parte al suo budget, troppo alto per una produzione teatrale “che non si sarebbe potuto permettere un attore come lui”.
Un gesto non comune in questi tempi così bui!
Una rilettura diversa di un classico del teatro adattato da un noto commediografo inglese Richard Bean, e riproposto nella versione italiana da Pierfrancesco Favino che lo interpreta e lo dirige al fianco di Paolo Sassanelli. Gli altri interpreti che si avventurano stavolta sul palco del Teatro Ambra Jovinelli di Roma sono: MaritNissen e Simonetta Solder.
E’ perfetta la descrizione del regista che dice che “è una perfetta combinazione di commedia visiva e verbale che ha dato vita ad uno spettacolo di grande successo”
Gli attori non si limitano a declamare ma sono dei veri e propri acrobati che si arrampicano sulle scale sbattono le porte, scherzano con il pubblico come da tradizione di avanspettacolo e fanno battute a doppio senso che mantengono viva l’attenzione. Un altro dei protagonisti dello spettacolo è la musica che è suonata dal vivo da un gruppo dal nome comico di Musica da Ripostiglio.
La storia ruota intorno a Pippo che vaga nella Rimini degli anni ’30 alla ricerca di un po’ di soldi che lo mettano al riparo dall’atavica fame. Così fa il servitore sia di Rocco che sta cercando di sposare la dolce e svampita Clarice e di incontrare suo padre Bartolo sia di Bartolo e lo fa all’insaputa uno dell’altro creando spassosi episodi e gags. Anche perché la storia si complica quando si scopre che Clarice non è innamorata di lui e che Pippo stravede per Zaira e fa di tutto per conquistare il suo cuore.
Insomma, dopo tante traversie e rovesciamenti e colpi di scena, “forse” l’amore trionfa, anche se Pippo è sempre in mezzo ai guai.
Fantastica l’interpretazione dei vari attori anche sul piano fisico, che richiama la grande serietà dell’approccio al lavoro del teatro di grandi attori, anche molto conosciuti, alla fatica del teatro e fa ben sperare per le giovani generazioni. Da non perdere!
MORTACCIA
LA VITA È MERAVIGLIOSA
Con Veronica Pivetti
Testo e regia di Giovanna Gra
Teatro Ghione di Roma dal 14 al 26 ottobre 2014
In Campo de’Fiori, novembre 2014
Finalmente un testo divertente, corrosivo, scritto in una maniera straordinaria da Giovanna Gra, sceneggiatrice di successo di fiction ma, soprattutto, autrice fuori dal coro, che riesce con autentico talento, a ricreare tutte le molteplici sfumature, facendo ridere, pensare e commuovere, sull’unico tema attualmente rimasto veramente tabù nella nostra società : quello della Morte che, nonostante le apparenze, è stato bandito totalmente, quasi non esistesse.
Impersonata dalla bravissima Veronica Pivetti, che ha creduto molto nel progetto, visto che ne è anche la produttrice, la Morte anzi la Mortaccia è rappresentata come una bella e sexy signora dark, che padroneggia da par suo la scena e che, nonostante il suo ingrato lavoro, non può risultare antipatica. Sembra un po’ la Regina cattiva di Biancaneve, ma riesce lo stesso molto accattivante! E’ affiancata da due bravi attori: Sentenza (Elisa Benedetta Marinoni) che esegue sferzante e ironica le sue direttive e dal funereo maggiordomo Funesto, pronto ad intervenire per accompagnare all’ultimo trapasso le anime(belle?) e che intrattiene il pubblico prima dell’inizio dello spettacolo(Osvaldo Valente).
Dalle atmosfere gotiche di Rocky Horror Picture Show e, in parte, ispirato ai personaggi fantastici di Tim Burton, lo spettacolo mostra la Morte che commenta, con fare ironico e disincantato, le malefatte degli uomini: dai poveri (polvere, si accoppiano tra loro, un disastro) ai ricchi (talmente preoccupati di controllare i loro averi da non accorgersi che la morte è alle loro spalle).
In fondo, la chiave di questo spettacolo musical in cui i tre personaggi sulla scena, per un’ora e mezza cantano, ballano, recitano, dando il massimo al pubblico, con una Veronica Pivetti in gran forma, in un’altalena di atmosfere che toccano tutte le sfaccettature della vita: dal sesso al potere, sempre sull’orlo della vita che non riusciamo più a vivere, accompagnati dalla musica ideata da Maurizio Abeni, che va dalle tarantelle alla musica classica, all’Orfeo all’Inferno,al jazz, alla musica ballabile; una musica efficacissima per punteggiare e raccontare questo estremo sberleffo alla Signora che tira i fili del destino di tutti noi, affaccendata a guardare alla speciale contabilità che la caratterizza e a suo modo, risulta molto più umana. Anche i costumi hanno una loro bellezza e sono stati realizzati da Valter Azzini, quasi un altro personaggio.
Si parla di donne e di uomini, di ricchi e di poveri, di guerra in Africa, ma soprattutto, il sottotitolo recita che la vita è meravigliosa e si fa capire che, in una società come la nostra, in cui l’apparire è tutto, anche il momento della morte è cannibalizzato o, al contrario, l’agonia è data in pasto alle aziende farmaceutiche, tutto pur di non vivere e, di conseguenza, di non morire : visto che sono due facce della stessa medaglia.
Così, anche la Morte è stata espropriata del suo ruolo e quindi, quando viene superata dagli uomini in crudeltà, anche lei muore.
C’è un piccolo giallo nel testo. Si trova un cadavere senza nome che non ha aspettato di essere mietuto dalla falce di Sentenza, secondo le regole, ma ha fatto di testa sua. E’ la stessa Morte che non ha più senso in una società come la nostra senza pudore,dove si vive oggi.
Insomma, con questo spettacolo, si può dire che il teatro non deve essere sempre noioso per essere intelligente. Si può divertire grandi e piccoli con la bravura degli interpreti ; prima fra tutti Veronica Pivetti, che balla, canta, recita senza sosta ma anche con un testo pensato, scritto benissimo da chi usa le allitterazioni e altri artifici al fine di avvincere gli spettatori al piacere della lingua.
Mortaccia è stato portato in giro per l’Italia da due anni e, attualmente, è in scena al Teatro Ghione di Roma. Speriamo che presto trovi un teatro anche a Napoli. Sarebbe veramente un successo!
Interviste
CARLO CORONATI: IL MAESTRO IN CAMMINO
In Campo de’Fiori, Rivista 140, dicembre 2016, pag.7
Carlo Coronati è una forza della natura: maestro delle elementari, crede nel suo lavoro come uno dei pochi in grado di rivoluzionare il mondo. Poeta, guida turistica, editore di una casa editrice “Il lupo” che si occupa di viaggi e di cartine geografiche, molto affermata a livello nazionale, autore di molte pubblicazioni di guide turistiche e di un testo, che è diventato un best seller, Roma una vera bellezza.
Lo abbiamo incontrato in occasione di uno dei tanti trekking urbani da lui organizzati, che mettono in luce ancora una volta, la bellezza della nostra splendida città e gli abbiamo rivolto alcune domande:
D. Come è nata la passione per il cammino?
R. Il cammino è un segnale di libertà, un gesto rivoluzionario in una società come la nostra, che prevede solo percorsi obbligati. Un modo per uscire da questi “ sentieri” già prestabiliti e di esprimersi liberamente.
D. Quando è nata questa passione?
R. Intorno ai 18 -20 anni , forse è stato un gesto di affermazione della mia identità rispetto ad una famiglia come la mia, che era orientata solo al turismo verso le spiagge dell’Adriatico.
Una ricerca personale rivolta ad una conoscenza più ampia dell’Italia, che poi si è orientata espressamente verso la montagna che mi ha definitivamente conquistato.
D. L’altra idea forte della sua vita è l’insegnamento ai bambini delle elementari. Secondo alcuni il mestiere più bello del mondo. Come è cominciata quest’avventura?
R. La scuola è stata l’idea di lavorare per una società più giusta. E uno dei pochi mestieri che ti permette di pensare che stai rivoluzionando il mondo, anche se nel tuo piccolo. Ci sono momenti di disillusione, dopo tanti anni, ma i bambini sono sempre creativi, istintivi e vivaci e ti ripagano sempre.
L’insegnamento è il mestiere più bello del mondo: ti può dare un senso di frustrazione ma ti può dare anche un senso di sollievo, di esaltazione. Organizzo molte attività per far apprezzare la bellezza del cammino anche presso la Scuola San Francesco dove lavoro, in zona San Pietro, insieme alla Preside Anna Maria Lamberti e i bambini che partecipano a queste giornate, in quei momenti, appaiono quasi altre persone rispetto alla quotidianità, tale è la forza del cammino.
D. Ha rimpianti di aver lasciato il precedente lavoro in banca?
R. No, anzi i quattro anni trascorsi lì li ho vissuti come un incubo che ogni tanto ritornava. Sognavo che qualcuno mi richiamasse in banca.
D. Chi è stato il suo ispiratore pedagogico?
R. Mario Lodi. Per me, i suoi libri sono stati decisivi nel mio modo di fare il maestro. Un uomo come lui, che ha creduto fortemente nel valore che i maestri possono avere nel loro lavoro, contrastando le spinte omologanti della società tecnologica, che trascura il bambino e non lo rende parte essenziale di un processo di crescita e valorizzazione della società e non esalta le sue qualità migliori come l’amore verso la natura, la capacità di accettare la diversità e il senso ludico della vita. E’ sicuramente un modello di vita!
D. Un altro polo della sua attività è la casa editrice Il Lupo. Ce ne vuole parlare?
R. Cercavo un canale per divulgare lo sci-escursionismo e ho trovato questa casa editrice gestita da una titolare che poi l’ha ceduta e ora ne sono diventato amministratore unico e devo dire che faccio un po’ tutto io ma provo un piacere immenso. In particolare realizziamo guide degli Appennini e delle zone di montagna.
D. Uno dei libri più venduti è stato scritto da lei ed è Roma una vera bellezza. Come lo descriverebbe?
R. Ero un po’ fermo per la riabilitazione dopo una frattura, e ho scoperto così degli itinerari urbani di Roma , un po’ particolari o poco conosciuti, che ho voluto descrivere ai lettori e loro mi hanno premiato sia comprando il libro, sia percorrendo con amici questi itinerari e testimoniando la loro soddisfazione per questa scoperta.
D. Lei ha un animo poetico. Come lo concilia con l’assoluta precisione e razionalità di chi realizza cartine geografiche?
R. Per me questo lavoro è rilassante , è come avere una visione del mondo rassicurante e ordinata: un’armonia totale.
D. Come vede il futuro del libro?
R. Penso che il fascino del libro rimanga intatto anche quando si vive in una società come la nostra così presa dalle nuove tecnologie.
Grazie per questa bella intervista !
INTERVISTA A VAIMO
In Campo de’Fiori, Rivista 140, dicembre 2016, pag,4
Rapper di ultima generazione, di soli 17 anni ma già idolo delle ragazzine grazie al successo dell’ultimo live.
Canta spesso in coppia con il “fratello” come si dice in gergo “Il biondo” che ha la stessa età.
Il suo repertorio è costituito da canzoni d’amore ma anche da melodie che riflettono su alcuni temi importanti a qualsiasi età. L’abbiamo avvicinato mentre era in procinto di girare un video musicale con il giovane regista Matteo Tranquilli nella cornice suggestiva della “Piccola Londra”, una sorta di Londra in miniatura con tanto di villette d’epoca e giardini , nel quartiere Flaminio e gli abbiamo rivolto alcune domande:
La prima non poteva che essere questa:
D. Come è nata la passione per la musica rap?
R. La passione è nata intorno all’età di tredici anni, quando ho cominciato a riflettere sia sulle questioni familiari che di amicizie. Mi sentivo un po’ in trappola e ho trovato nella musica una valvola di sicurezza, che potesse esprimere in forma più libera ciò che pensavo.
D. Quali sono le tue canzoni più popolari?
R. Sicuramente c’è Alta quota in coppia con il fratello Il biondo, poi Diademae Impero prodotte dalla ZetaBeatZ che hanno avuto molto successo.
D. Quali sono i temi trattati nelle tue canzoni?
R. Sicuramente l’amore, che penso sia il sentimento più importante di tutti ma anche altre tematiche come l’amicizia o altri temi su cui si concentra la mia riflessione.
D. Le persone pensano in genere che il rap sia tutto frutto d’improvvisazione. E’ vero o c’è bisogno di studiare ?
R. No, anzi lo studio è molto importante. Io mi preparo continuamente e prendo lezioni di canto presso una scuola di musica.
D. Come è cambiata la tua vita di diciassettenne dopo il successo?
R. Sicuramente ora ci sono più ragazze disponibili nei miei confronti, ma questo mi provoca una certa amarezza se penso che la maggior parte delle volte le ragazze sono poco sincere perché cambiano a seconda della situazione. Solo se si ha successo, si mostrano affettuose e quindi ti deludono un po’.
D. Non tutte le ragazze sono così, devi avere più fiducia nel genere umano. E ora un’altra curiosità:
Come è nato il suo nome artistico Vaimo ?
R. Mi piaceva l’accostamento di vocali e consonanti. Per capirlo, si deve leggere staccato e cioè “Vai Mo”, vai adesso, una sorta di Carpe diem per dire di prendere adesso ciò che vogliamo.
Bene, con questo messaggio, rivolto ai giovani ma non solo, concludiamo quest’intervista ringraziando il rapper Vaimo, idolo delle ragazzine e giovane che coltiva i buoni sentimenti e soprattutto l’amore come si può capire dai testi delle sue canzoni.
I MILLE VOLTI DI VIRGINIA RAFFAELE -INTERVISTA
In Campo de’Fiori, Rivista 138, agosto 2016, pag. 4.5
Virginia Raffaele è un personaggio particolare, lo si capisce appena la si avvicina e, quando la si conosce, anche solo per poco, si vede quanto sia stata influenzata dalla sua famiglia di origine circense: la nonna abruzzese cavallerizza e acrobata, che aveva messo su un circo insieme ai suoi fratelli (il circo Preziotti) o la sua famiglia di estrazione popolare come ama sottolineare, piena di tanta allegria e amore per la vita, che aveva dato vita al Luna Park dell’Eur negli anni ’50 che tanto hanno contribuito a farla diventare quello che è.
Del resto, in tutte le le sue molteplici attività (imitatrice, attrice, conduttrice, cantante) una cifra comune esiste ed è il divertimento con cui persegue i suoi obiettivi con testardaggine e tanto lavoro ma anche con allegria.
L’imitatrice, che si è formata all’Accademia del Teatro Europeo, rappresenta in questi tempi difficili un vero faro nella comicità italiana e comicità al femminile, più rara perché, da sempre, le donne per di più belle come lei, hanno dovuto subire un ostracismo totale perché non si poteva pensare facessero ridere.
Virginia Raffaele l’abbiamo incontrata in occasione della presentazione della stagione teatrale del Teatro Brancaccio, dove sarà in scena con i suoi tanti personaggi dal 17 al 29 gennaio prossimi con la sua rappresentazione Performance in cui si trasformerà di volta in volta nella cantautrice Giorgia Maura , in Belen o negli altri personaggi femminili che l’hanno portata al successo tra cui Sabrina Ferilli.
Con la regia di Giampiero Solari e scritto dall’artista in collaborazione con lui, lo spettacolo teatrale sarà un’esperienza fantastica per la ricchezza e la varietà delle sue maschere come le anime in cui si nasconde e si svela in un susseguirsi di repertori pirandelliani e che rivela agli occhi degli spettatori in modo che siano più veri del vero.
Nella sua brillante carriera, già costellata di significativi premi come il Premio Rivelazione del 2013 è stata ospite nel programma più seguito dai giovani Amici di Maria De Filippi, conduce con Nino Frassica il programma Avanti tutta ed è stata sicuramente la novità più grande del Festival di Sanremo di quest’anno condotto da Carlo Conti e con Gabriel Garko che ha dichiarato lei come donna ideale. A causa della graffiante ironia con cui affronta i personaggi imitati, è stata da qualcuno di loro contestata come da Carla Fracci o da Ornella Vanoni, che non si sono riconosciute nell’imitazione e l’hanno presa un po’ male ma questo non ha fatto altro che contribuire ad accrescere la sua popolarità.
Le ho rivolto alcune domande e mi è sembrata una persona solare, che accetta in modo spontaneo il contatto con i giornalisti senza porre barriere.
D. Quanto ha inciso la famiglia nelle sue scelte?
R. La mia famiglia è di estrazione popolare però hanno avuto sempre tutti un grande senso dell’umorismo per guardare le cose con un certo distacco e leggerezza e questa prospettiva ha contato molto nella mia vita.
D. Come è nata la sua vocazione artistica?
R. Fin da bambina mi piaceva imitare, travestirmi , penetrare la realtà attraverso la comicità e ho sempre pensato che se io non fossi riuscita a fare questo mestiere, avrei fatto qualche altra cosa totalmente diversa: magari vendere le pizze o qualcosa del genere. Quindi mi sento grata e appagata nell’essere riuscita a fare quel che volevo.
D. Pensa che una donna che fa ridere abbia maggiori difficoltà rispetto a un uomo?
R. No, io non le ho avute, forse sono stata fortunata.
D. Lei sembra una persona molto solare e allegra però spesso si dice che dietro il sorriso del comico si celi una grande malinconia. E’ questo il suo caso?
R. Di questa cosa dovremmo parlare a lungo.. magari una sera a cena.
D. C’ è un grande studio dietro i suoi personaggi. E’ vero che a volte l’imitazione risulta più vera della persona imitata e non si riesce a distinguere le due rappresentazioni?
R. Sì, io credo che anche il mio ruolo sia complesso, perché mi nascondo dietro la maschera e contemporaneamente riesco, grazie ad uno studio approfondito del carattere e dell’aspetto del personaggio e al distacco, a rivelare aspetti inaspettati del personaggio imitato che lui stesso riconosce più “reali” della sua stessa realtà.
D. Come è cambiata la sua vita dopo il Festival di Sanremo dove è stata la rivelazione e la star assoluta?
R. Sicuramente c’è più stress e ansia da prestazione perché l’asticella si è alzata più in alto e mi sembra che tutti mi stiano più addosso a vedere cosa riesco a realizzare.
D. Quali sono i suoi progetti futuri?
R. Oltre allo spettacolo teatrale Performance che sarà in scena al Teatro Brancaccio nel prossimo mese di gennaio, avrò un mio programma su Raitre e sarò ospite fissa nel programma di Mika su Raidue.
Grazie! La ringrazio per questa bella intervista e le auguro a nome di tutti i lettori di Campo de’ Fiori di continuare a perseguire la sua brillante carriera.
INTERVISTA A MAX TORTORA
Ho incontrato Max Tortora, in occasione della sua inaugurazione di un oratorio nella zona di San Pietro, a cui è molto legato visto che il padre ha lavorato proprio lì e precisamente all’Hotel Michelangelo, come direttore per ben 35 anni.
Attore, cantante, imitatore, è un uomo di spettacolo eclettico. Alto 1,97 rivela di aver avuto da piccolo il complesso dell’altezza.
Si è mostrato subito disponibile nel rispondere alle curiosità che lo riguardano e ho colto la palla al balzo, in attesa di rivederlo sul piccolo schermo nel mese di gennaio, dove interpreta la parte di uno dei protagonisti dei Cesaroni, Ezio Masetti.
Circondato da un nugolo di ammiratori (e soprattutto ammiratrici) non è stato facile concludere l’intervista inframmezzata da richieste di foto o autografi. E quindi lo ringraziamo particolarmente.
D. Una domanda classica, come ha cominciato?
R. Fin da bambino, non ho mai pensato che potesse esserci un altro lavoro. Guardavo ammirato in televisione artisti come Alberto Sordi, Luciano Salce, Paolo Panelli, Marcello Mastroianni, Aldo Fabrizi e il grande Totò, che sono stati sicuramente i miei maestri. Erano personaggi di un calibro straordinario.
Inoltre in famiglia c’erano mio padre e mio nonno che erano comici straordinari anche se poi la vita aveva disposto diversamente.
Mio padre è stato il direttore dell’Hotel Michelangelo per 35 anni e quindi conosco bene la zona di San Pietro perché, a volte, mio padre mi ci portava.
Ma soprattutto mio padre aveva questo senso della battuta che, da buon romano mi ha trasmesso.
D. Cosa consiglierebbe ad un giovane per aiutarlo nella difficile scelta di una professione in questi tempi così confusi?
R. Sicuramente di capire prima che cosa vuole e poi, una volta che ha capito veramente ,di perseverare nel suo sogno, di coltivare ciò che desidera senza arrendersi.
D. Lei prima ha parlato delle tre categorie che a suo modo di vedere tengono in piedi l’Italia: i preti, i carabinieri e i volontari, che nessuno ringrazia. Lei a quale di queste categorie sente di appartenere?
R. Sicuramente a quella dei volontari.
D. Qual è il suo rapporto con la fede?
R. E’ buono, sono sempre stato convinto dell’esistenza di Dio e la mia famiglia è molto credente. Inoltre penso che gli oratori, soprattutto in alcune zone periferiche, abbiano avuto a abbiano tuttora un’importanza enorme nel salvare tanti ragazzi da strade sbagliate.
D. Come è avvenuta la scelta di farle interpretare il ruolo di Ezio da parte degli autori dei Cesaroni che tanta notorietà le ha dato?
R. E’ stata una scelta reciproca nel senso che ci siamo scelti perché questo progetto è valido e quindi io sono stato contento di esservi inserito.
D. Sente la responsabilità del suo personaggio che viene visto da tanti ragazzi?
R. Sì, la sento a al punto che , a volte, quando il personaggio fa cose che non mi piacciono , intervengo nella sceneggiatura.
D. E la spunta?
R. A volte sì. Comunque faccio sentire la mia voce.
D. Come è il rapporto con i colleghi dei Cesaroni?
R. E’ un po’ come a scuola. Ti trovi a stare per alcuni anni con persone con le quali a volte ti trovi bene altre meno. Ma nel complesso buono.
Lo vedremo a gennaio nella nuova serie dei Cesaroni e anche in teatro in un progetto comico.
Ma lui ha un sogno nel cassetto: lavorare al cinema come protagonista.
Fino ad ora, Max Tortora ha interpretato piccole parti come quella dell’amante della Littizzetto nel film “Genitori e figli” e invece sente di essere adatto a rappresentare parti da protagonista della sua generazione in una bella commedia all’italiana.
Autori e maestranze siete avvertiti.
INTERVISTA A PEPPE BARRA
Peppe Barra è senz’altro un artista che porta in scena un mondo teatrale che sta scomparendo dove è molto importante il rapporto col pubblico, quel filo rosso che lega l’attore allo spettatore e che lo fa partecipare all’esperienza scenica. A Roma, in occasione della nuova fatica teatrale “Peppe Barra racconta”, che ho avuto modo di vedere e che è veramente un viaggio piacevolissimo nel teatro che fu, ho potuto rivolgere qualche domanda al grande artista napoletano che ha risposto alle mie domande con la consueta disponibilità.
D. Come nasce l’idea dello spettacolo?
R. Nasce per l’esigenza di raccontare al pubblico certe cose che ,in fondo, non avevo mai raccontato proponendo al pubblico sia un mio passato e un mio presente ma anche un passato musicale. C’era stato sempre una toccata e fuga perché poi il conserto è un altro discorso, è un altro linguaggio, aggiungere al linguaggio della musica il linguaggio dell’attore quale io sono e mi è piaciuto mettere insieme queste tessere e costruire questo mosaico divertente.
D. Sì, sì, Io che ho avuto la fortuna di assistere allo spettacolo trovo che ci sia quest’armonia riuscitissima tra l’avanspettacolo e il teatro impegnato e la musica.
R. Sì, c’è sempre divertimento ma anche riflessione anche di malinconia positiva, mai quella negativa.
D. Sì perché io ho trovato molto forte e già si evince dal titolo l’attenzione al racconto che poi riguarderà anche il rapporto con sua madre e che poi le chiederò di approfondire.
R. Sì, è stato determinante il rapporto di una brava attrice, di una brava cantante e di una buona mamma. Non è facile avere un rapporto con il proprio genitore sulla scena e invece con lei è stato come un grande gioco che è durato quasi quarant’anni.
D. Infatti, questo le volevo chiedere. Cosa ha rappresentato sua madre nella sua storia sia d’artista che di uomo perché nello spettacolo è molto forte questo legame ma senza che sia soffocante cioè nel rispetto delle personalità reciproche perché spesso sulla scena gli artisti si possono adombrare.
R. Questa è stata sempre una sua grande prerogativa, di essere molto leggera in tutto anche nel ruolo della madre , molto poco invadente , molto rispettosa, molto discreta per cui c’è stato un bellissimo rapporto sia nella vita che sulla scena tant’è che io non mi sono affiancato più ad un’attrice perché lei ha lasciato un grande vuoto (anche se ci sono attrici brave) però ho preferito mettere un attore che mi ricordasse anche nella sua bravura e presenza scenica, Concetta.
D. Che è veramente bravo anzi complimenti sia per la scelta dell’attore co-protagonista o comprimario perché il protagonista assoluto è lei sia per la scelta dei musicisti, che sono veramente bravi.
R. Questa è una scelta che ho fatto quindici anni fa.
D. Sono cresciuti con lei quindi . Lei ha avuto una funzione di pedagogo, di maestro dunque.
R. Non è stato il caso . E’ stata una scelta bene ponderata e ben precisa.
D. E adesso la tournee che a Roma è durata troppo poco sinceramente come proseguirà?
R. Torneremo quest’estate a Roma e lei sa che a Villa Ada c’è un bel pubblico di giovani. Subito dopo siamo a Grosseto, poi in Puglia e poi a Napoli dove restiamo solamente due giorni.
La tournee è breve quest’anno , è durata poco più di un mese.
COSI’ PARLO’ DE CRESCENZO
In Campo de’Fiori, Rivista 137, luglio 2016, paf,34
In occasione dell’anteprima assoluta per la stampa del film-documentario Così parlò De Crescenzo, nelle sale dal prossimo mese di settembre, ideato dal regista e nipote Antonio Napoli e da Serena Corvaglia, un delicato omaggio al grande scrittore, ingegnere, attore e raccontatore partenopeo, ho incontrato Luciano De Crescenzo.
Il titolo del film prende spunto da un suo notissimo libro che poi è diventato anche un film in cui lui stesso recitava, Così parlò Bellavista, che, in sintesi e in modo molto spiritoso, è un sunto della famosa saggezza napoletana, di chi guardando le cose con apparente distacco, riesce a cogliere l’essenza della vita.
Divulgatore di filosofia e, in particolare, di miti greci, i suoi libri hanno venduto tantissimo (anche se il primo Raffaele è stato pubblicato a sue spese) e sono stati tradotti in 26 paesi al mondo.
Eccezionali poi sono stati gli incontri con Bud Spencer da bambino che andava a scuola con lui recentemente scomparso, ma anche con Lina Wertmuller, Renzo Arbore, Marisa Laurito, che gli hanno permesso di approdare anche al mondo dello spettacolo sia cinematografico che televisivo.
E poi … gli amori! Vista la bellezza prorompente da statua greca e l’occhio azzurro, lo scrittore ha avuto molto successo con le donne. Ma le più significative sono state: la moglie che, però, stanca, l’ha lasciato portando via la figlia Paola un’altra donna importante, che lo ricorda come un buon padre e , infine il sogno, Isabella Rossellini con cui ancora mantiene intensi contatti, che ha amato molto, ma ha deciso di vivere in America.
Queste le domande a cui lui, vestito di bianco da buon gentiluomo napoletano, ha risposto con il consueto garbo.
D. Sono 50 anni che abita a Roma, e, precisamente , davanti ai Fori Imperiali. Che rapporti ha con Roma un napoletano verace come lei?
R. Ottimi. E’ una città in cui si vive bene. Io ho vissuto sia a Napoli che a Milano. A Napoli non si ha una vita privata, più che una città è un grande teatro dove si è sempre alla ribalta ed è faticoso. A Milano, al contrario, si possiede sì il senso della vita privata ma è spinto così all’eccesso che si arriva a soffrire di solitudine.
Roma invece rappresenta la giusta via di mezzo.
D. Ormai quindi è un romano d’adozione, a tutti gli effetti.
Come è cambiata Roma in questi anni?
R. Per certe cose è migliorata. Per esempio l’illuminazione. Davanti a casa mia, vicino ai Fori Imperiali, adesso di sera si possono ammirare meglio i reperti archeologici.
D. Certamente lei è un privilegiato visto che abita in un posto bellissimo, culla della civitas. Ma ritiene che Roma sia migliorata anche nel settore della vita culturale o non ci sia stato piuttosto un calo nell’offerta?
R. No, il problema non nasce dalla mancanza di alternative ma dal fatto che ormai l’offerta televisiva è diventata così diversificata e continua che si preferisce comunque la televisione.
D. Quindi l’uscita serale diventa troppo faticosa?
R. Esattamente. Faccio l’esempio della lettura che non richiede ci si sposti da casa. Eppure, nell’ultimo anno, si è letto di meno perché leggere un libro richiede una fatica invece la televisione è immediata.
D. Comunque, anche se leggere è faticoso, è indubbiamente di gran lunga superiore l’appagamento che si prova nel leggere un buon libro. Ora veniamo un po’ a lei. Nonostante lo scarso interesse che c’è da sempre in Italia per la lettura, lei è molto letto, amato dal pubblico, divertente, piacevole, acuto però un po’ snobbato dalla critica. In diverse occasioni, lei ha sottolineato con rammarico quest’atteggiamento. Da che cosa ritiene sia stato causato? Snobismo, invidia, incompetenza?
R. Non è proprio così perché c’è un critico che ogni volta che esce un mio libro mi esalta moltissimo ed è il responsabile della classifica delle vendite.
D. Comunque lei, in varie occasioni, si è lamentato di questa situazione.
R. Beh poi per quello che serve la critica. Pensi che cosa strana! Un mio libro “Il tempo e la felicità” è stato quello più amato dalla critica ma ha avuto meno lettori.
D. Quindi ,lei pensa ci sia un rapporto inversamente proporzionale tra critica e pubblico?
R. Esattamente. Per questo motivo preferisco avere uno zoccolo duro di lettori che essere vezzeggiato dalla critica ma restare sconosciuto.
D. E ora una domanda che riguarda molti lettori con ambizioni letterarie. Che consigli darebbe a un giovane che vuole intraprendere la carriera di scrittore? Lasciare un’eventuale carriera avviata come lei o tenerlo come hobby?
R. Abbandonare una carriera avviata mai ! Facciamo un esempio: in Italia gli scrittori che incassano parecchio si contano sulle dita di una mano o poco più. Se si esclude Umberto Eco, Susanna Tamaro, Camilleri, la Fallaci, Baricco e il sottoscritto, il resto dei libri vende 2500 copie.
Ora se si moltiplica 2500 per 1 euro e cinquanta a copia che vanno allo scrittore si vede che fa 3750 euro. Questa cifra è di gran lunga inferiore a quello che una colf filippina guadagna in un anno.
Non è accettabile poterne fare l’unica professione mentre invece è bello avere questo tipo di hobby senza farsi illusioni.
Così parlò De Crescenzo!
INTERVISTA A EDOARDO VIANELLO
D. Dopo 33 anni siete ritornati con Wilma Goich a cantare insieme. Di chi è stata l’idea?
R. L’idea nasce dall’anno scorso e abbiamo pensato di rifare i Vianella poiché ci è capitato di esibirci insieme durante la sera in cui abbiamo fatto un omaggio a Franco Califano a Piazza del Popolo.
Abbiamo riscosso un successo inaspettato di pubblico per cui abbiamo capito che il pubblico avrebbe gradito un ritorno. Abbiamo inciso un disco l’anno scorso e abbiamo preparato questo spettacolo teatrale che comincerà il 7 aprile e che si concluderà il 27 dello stesso mese presso il Teatro Roma in cui cerchiamo di portare la nostra musica.
D. Ma insisto :chi dei due ha avuto per primo l’idea della reunion?
R. E’ stato il nostro discografico presente quella sera.
D. Sì, viviamo in un’epoca di ritorni di fiamma come il ritorno di Albano e Romina però la vostra coppia sembra più armoniosa rispetto all’altra e questo il pubblico lo sente tanto che la vostra esibizione è stata straordinaria. E a proposito di cose straordinarie, volevo citare la sua voce che è ancora bella, squillante e argentina. C’è un segreto per conservarla così bene e mantenere intatte le doti vocali?
R. Naturalmente, bisogna bere molto da ubriacarsi poi frequentare locali molto fumosi e così via. Scherzo, però, avendo una scuola di canto, mi capita d’insegnare agli altri e così facendo correggo anche i miei difetti perché la voce, se la si usa bene, non si stanca mai. Quando canto, non faccio nessuno sforzo e quindi non esce mai una voce sforzata ma naturale.
D. E noi siamo molto contenti di poterla ascoltare. Invece, ritornando alla sua capacità di scrivere delle canzoni che sono rimaste nel tempo, da dove nasce l’ispirazione? E’ una dote naturale o si coltiva nel tempo?
R. La musica deve essere un fatto di divertimento e spensieratezza per cui non ho mai creduto che la canzone debba essere portatrice di messaggi educativi o di politica per cui ho giudicato le mie composizioni a delle canzoni che fossero adatte a far ridere la gente.
D. Forse non cambierei niente perché tutto quello che ho fatto, anche quando è scaturito dall’incoscienza e dall’inconsapevolezza, mi rappresenta. Avrei potuto studiare più la musica perché era ingenuo il mio modo di concepire la musica all’inizio e quindi quest’ingenuità ha creato un tipo di musica orecchiabile, facile.
Se fossi stato più colto musicalmente, avrei avuto più pudore a scrivere certe cose. Non sarebbero state canzoni così popolari.
D. Certo perché veramente sono bellissime. Ancora oggi sono così fresche e attuali che si sente la loro autenticità.
R. Sono state più costruite per divertire il pubblico perché quando ho cominciato io non c’era un mercato sfrenato per cui ho scritto solo per divertirmi.
D. Tutto sommato, eravate un po’ più liberi rispetto alla società musicale attuale.
R. Non c’era l’affannosa ricerca di successo e di mercato, lo si faceva per il gusto di farlo, che è una grande fortuna!
INTERVISTA A ENZO D’ALO’
(Roma, 16 aprile 2008)
In Parole e cartoons, prefazione Italo Spada, Ed. Arbor Sapientiae, Roma, 2015 (ristampa 2019)
Ho ritenuto importante lasciare immutata quest’intervista, nonostante i cambiamenti intervenuti in seguito per lasciare intatto lo spirito delle considerazioni che il regista faceva in quella data.
Per quanto riguarda il Pinocchio, solo nel 2012, è stato realizzato ed è stato visto per la prima volta al cinema il 21 febbraio 2013.
Enzo D’Alò è uno dei più significativi esponenti della “rinascita” del cinema italiano d’animazione. Suoi sono i quattro lungometraggi (La freccia azzurra, Momo, La gabbianella e il gatto e Opopomoz ) che si ispirano quasi tutti a delle opere letterarie tranne Opopomoz che ha una sceneggiatura originale scritta con Furio Scarpelli ) che parlano con il linguaggio delle fiabe.
Per lui tradurre un libro nel linguaggio fiabico comporta sempre un cambiamento della storia, ma significa anche attenzione a lasciare intatto lo spirito del messaggio che l’autore ha voluto esprimere attraverso il libro.
Tra i registi d’animazione italiani si sente molto vicino, per il suo modo di raccontare e per le sue storie ricche di contenuti a Bruno Bozzetto e vede però che intorno a lui in questo momento proliferano film che sono essenzialmente “prodotti per il mercato”, vuoti e senza significato.
Rivendica la necessità per i bambini di essere considerati esseri pensanti e, per questo affronta tematiche sociali, pur ribadendo che i suoi non sono “film tristi”.
Vede la nostra società ipocrita, per certi versi, perché, da un lato gli appare come una società più violenta rispetto al passato (nonostante la guerra), dall’altro è attenta a proporre ai bambini storie troppo edulcorate per una sorta di “protezione”.
Ho faticato non poco per ottenere quest’intervista in quanto D’Alò è in piena fase di produzione per realizzare il suo Pinocchio, progetto che ha in cantiere dal 2002 (lo stesso periodo del Pinocchio di Benigni) che per ovvi motivi di “sovrabbondanza” non poté essere lanciato allora e, successivamente, è stato abbandonato ; ora con la co-produzione di francesi, belgi e lussemburghesi vedrà la luce nel 2010.
R. Vorrei che mi spiegasse prima, con una breve premessa ,le motivazioni della sua ricerca.
D. Sto svolgendo un lavoro nell’ambito del dottorato di ricerca in pedagogia presso l’Università di Roma Tre proprio sulla tematica del linguaggio delle fiabe e del cinema d’animazione italiano.
Sull’argomento, ci sono ben pochi studi e, visto che la fiaba è un linguaggio molto attraente per i bambini, che ricorre nel cinema d’animazione , ho intervistato diversi registi tra cui Bruno Bozzetto, Iginio Straffi , Stelio Passacantando, e ora lei, registi che sono sicuramente tra le personalità più significative del cinema d’animazione italiano. Ho intervistato Paolo Cardoni , come illustratore tra i più validi, per avere anche la posizione di un artista che collabora al cinema d’animazione con una figura diversa (da un altro punto di vista) e poi farò un’analisi filmica di una decina di film più significativi dell’animazione italiana in prospettiva fiabica. Pubblicherò integralmente l’intervista , naturalmente dopo avergliela sottoposta, via mail e poi la rielaborerò per trarne confronti e differenze con altri stili di regia.
D. Cominciamo dalla domanda classica. Come è nata la sua passione per il cinema d’animazione?
R. Mi sono avvicinato al cinema d’animazione in maniera molto casuale perché come musicista, dovevo far realizzare ai bambini dei film d’animazione. Non sapevo molto sull’argomento comunque ho avuto la fortuna d’incontrare grandi personalità come Lotte Reiniger (una regista austriaca tra le più innovative nel campo), esponenti della scuola di Zagabria, AndrèLeduc.
E poi ho imparato molto dai bambini ,che seguono percorsi tutti personali, per raccontare delle storie. Sono affascinati dal percorso in sé’ più che dalla finalità della storia, come succede agli adulti, che sono troppo imprigionati in certi schemi per accorgersi della bellezza di ciò che li circonda.
Le faccio un esempio: se un adulto deve attraversare la strada lo fa seguendo una linea retta che congiunge i due punti più vicini tra una parte e l’altra e guardando solo il punto d’arrivo. Invece il bambino seguirà un percorso a zig zag, noterà il semaforo, conterà le strisce pedonali, vivrà pienamente il percorso più che la realizzazione dello scopo di attraversare la strada.
La stessa cosa accade per le storie. Al bambino non importa tanto o soltanto la finalità della storia quanto tutto il “percorso per arrivare”, il fascino del racconto.
D. Quindi quale posto occupano le storie?
R. Per me sono fondamentali. Se ho una bella storia da raccontare, ho tutto ciò che mi occorre. Anche se poi le storie trovano un loro contesto proprio dato da chi le ascolta.
Quando è uscito Momo, in conferenza stampa, un giornalista mi chiese come mai mi fossi ispirato a Belusconi per il personaggio del Presidente dei Signori grigi perché in lui “riconosceva” quest’uomo che poi è un personaggio in cui la cattiveria ha anche una sua logica, sia pure perversa.
Invece un bambino, in un’altra occasione, dopo la proiezione, mi disse che nel Presidente aveva riconosciuto la figura del suo maestro che era proprio cattivo.
D. Qual è quindi la specificità di questo linguaggio ?
R. Credo che la specificità sia proprio il riuscire a raccontare la metafora, con grande leggerezza e poesia, cose che con altri linguaggi non si riuscirebbe a raccontare.
Ad esempio, nella Gabbianella e il gatto che ho dovuto cambiare in alcuni elementi (ad esempio togliendo lo scimpanzé Mattia n.d.r.) si vede la metafora dell’accettazione della diversità , della capacità di fare fronte con amore all’altro, il diverso da sé. Quindi un gatto che trova un uovo d’uccello, che, normalmente, avrebbe divorato, fa alla gabbiana (la mamma) la promessa che non solo non l’avrebbe mangiato ma addirittura si sarebbe occupato del piccolo. E poi riesce a difenderla da tutti gli attacchi dicendo che lei “è un gatto” e, cosa straordinaria, pur non sapendo volare glielo insegna.
In questo si vede molto bene la metafora: raccontare una cosa per dirne un’altra. Sarebbe un po’ come se davanti alla porta di un bancario milanese si presentasse un bambino del Burkina Faso o dell’Albania chiedendo di essere accolto. Cosa accadrebbe? Comunque verrebbe sconvolta la tranquillità della sua vita e si dovrebbe misurare con l’incognita.
D. Qual è il suo rapporto con i bambini?
R. E’ una domanda pericolosa .
D. Perché ? Ho letto che lei ribadisce l’importanza d’imparare dai bambini e non prevaricarli. Pure io condivido questa “regola”, anche se non è proprio una regola, questa posizione.
R. Sì, non è una regola ma una posizione che mi porta a non prevaricare con i bambini visto che l’adulto in genere ha un atteggiamento supponente.
D. Sì i bambini sono molto diversi dagli adulti e mi piace stare con loro perché sono più liberi.
R. E’ una capacità che da adulti si perde spesso. Ognuno come dicevo prima, vede ciò che vuole vedere.
D. Lei ha anche dichiarato che si riesce ad esprimere meglio la metafora nell’animazione tradizionale, disegnata (2 D) piuttosto che nel 3 D. Perché?
R. Non è questione di tecnologia. Il discorso è che nell’animazione disegnata si possono esprimere dei concetti che non sono possibili con il 3 D in quanto spesso, quando si usa l’animazione tridimensionale, si è più concentrati sulla verosimiglianza, sull’iperrealismo di quanto non lo sia su cosa si vuole raccontare.
A volte, addirittura questa frenesia del più vero del vero, arriva a punte estreme quando si potrebbe usare direttamente il cinema dal vero. Invece, nel 2D si è più concentrati sulla storia.
D. Prima di tutto, trovare dei finanziatori per i miei progetti visto che il lungometraggio d’animazione è molto costoso e ci vogliono 7 milioni di euro per un film, la difficoltà è proprio pratica.
D. Sì e poi c’è anche un discorso di mentalità perché in Italia l’animazione è considerata destinata ad un pubblico di bambini ed è un settore molto marginale del cinema.
Una mentalità arretrata perché si vede in Giappone e in tanti altri paesi come la stessa Italia che con l’animazione si possono raccontare cose più reali del vero.
Se si pensa al Simpson o a Shrek si vede quanto sono innovativi e quindi l’animazione è un linguaggio espressivo fortissimo ed è un peccato che da noi ancora fatichi a prendere piede.
R. Purtroppo non si considerano abbastanza i bambini e i film destinati a loro come importanti e sono sempre visti come marginali. Qualche volta non è così per esempio nel caso dei Simpson, dopo molti anni di programmazione televisiva, è stato realizzato un lungometraggio che è fatto bene, ha una forte sceneggiatura e si segue benissimo. Ma in molti altri casi si fanno opere per i bambini approssimative e raffazzonate.
D. Certo i bambini non votano.
R. Sì, però l’animazione italiana anche se non si può paragonare per mezzi ai film americani della Disney è comunque ricca di contenuti e vuole trasmettere un messaggio, però fatica ad essere vista dai bambini italiani. Non so se dipenda dal fatto che i genitori vogliono per i loro figli solo intrattenimento senza pensieri e poi i risultati sono sotto gli occhi di tutti perché la società registra maggiore livello di violenza e un impoverimento enorme puntando solo sul mercato.
D. Danneggiano tutta la società ma c’è una visione molto miope purtroppo.
R. No, non è miope.
D. E’ miope perché si guarda solo l’aspetto economico però in modo immediato. Si guarda al prodotto che rende, in maniera simile alle altre merci , dove il cinema d’animazione è assimilato ad altre merci che devi vendere in un certo periodo mentre invece non si fa un discorso culturale purtroppo che è quello che educa un po’ tutti e ci rende migliori.
Questo è solo il mio punto di vista. Tra l’altro, parlando sia con Bruno Bozzetto che con Paolo Cardoni mi sono resa conto che sia per la storia di Allegro non troppo sia per la vostra Freccia azzurra, c’è stato bisogno del ricorso all’estero per avere la distribuzione in Italia di film che poi sono stati un successo. La solita vecchia storia dell’Italia che non riconosce i meriti.
R. In Italia questa è la normalità.
Questa è una cosa tristissima che noi, in Italia, abbiamo una creatività, delle professionalità, degli artisti però poi si devono scontrare con dei muri di gomma impenetrabili.
Se Bozzetto fosse nato in Francia, sicuramente, avrebbe fatto venti lungometraggi e non tre.
D. Tra l’altro Bruno Bozzetto mi spiegava che il primo l’ha prodotto il padre e gli altri sono stati finanziati dallo studio pubblicitario. Adesso ha difficoltà a produrre il quarto che già da tempo ha in cantiere perché non trova un finanziatore.
Negli ultimi anni, si assiste da un lato ad un mescolamento di generi per cui non c’è differenza tra cinema per adulti e cinema per bambini , dall’altro si tende ad edulcorare le storie d’animazione per bambini. Perché’
R. A cosa si riferisce?
D. Per esempio, nel caso di Bambi degli anni ’40, si vede che in quel film la storia della morte della madre è straziante ed è raccontata in un modo così tragico da lasciare il segno. Invece il sequel Bambi e il principe della foresta mostra un padre diventato improvvisamente affettuoso, quasi una sorta di mammo che si occupa del cerbiatto. Per lei questa è una tendenza agli estremismi propria della nostra società o c ‘è qualche altra spiegazione?
R. Non ho visto il seguito di Bambi. Però, paradossalmente, proprio nella nostra società che è molto più violenta di quella degli anni ’40 o ’50 nonostante la guerra, penso che ci sia una sorta d’ipocrisia per cui da un lato i bambini, attraverso programmi televisivi violenti (i telegiornali, i film di genere o i videogiochi) sono sottoposti a stimoli forti e aggressivi, dall’altro si vuole “proteggere” gli stessi bambini dai racconti forti.
D. In America, c’è stato un periodo in cui si è pensato che la stessa Biancaneve fosse troppo truculenta e non si potesse proporre ai bambini.
R. Nonostante tutto invece i bambini sono sempre affascinati dalle fiabe che propongono dei problemi “seri”, di senso della vita, perché loro che si sentono inermi in balia di tutto ) hanno bisogno di misurarsi con l’accettazione della propria identità e con il “lieto fine”.
D. I bambini hanno bisogno di pensare e i miei film, anche se non sono tristi, propongono sempre degli spunti di riflessione tanto che molti insegnanti nelle scuole li propongono ai bambini nelle attività didattiche e poi non è solo importante il contenuto ma anche come si tratta l’argomento.
D. Tra le storie che io ho raccontato faccio l’esempio di Momo tratta da un’opera letteraria di Michael Ende.
I film sono sempre diversi dal libro in questione ma devono conservare lo spirito dell’autore, ciò che l’autore voleva comunicare.
Per esempio, in Momo (libro) c’è molto esoterismo, ad ogni passo del libro si può dire che ci sia un rimando ad un mondo esoterico nascosto dietro la realtà visibile che io, facendo un film d’animazione, ho dovuto togliere. Rimane però intatto il messaggio che Ende voleva comunicare, di un mondo in cui venivano minacciati i sentimenti e le cose più preziose.
So che invece lo stesso Ende, fino alla fine della sua vita, ha osteggiato la realizzazione della Storia infinita perché sentiva che era stato stravolto il suo messaggio.
D. Bisogna cambiare quindi ma rispettando sempre la volontà dell’autore.
Lei spesso ha affrontato tematiche sociali mettendo in guardia dall’omologazione e dal conformismo. Cosa ne pensa della situazione attuale?
C’è spazio per la creatività e la fantasia in questo mondo? Mi scuso perché è un po’ apocalittica questa domanda ma in questo momento l’ho pensata così.
R. Sì, un po’ lo è. Diciamo che spesso si realizzano film d’animazione senza badare molto ai contenuti pensando solo alla piacevolezza degli effetti speciali e si crea sempre più omologazione.
D. Quindi lei è pessimista!
R. Purtroppo è la verità. Viviamo in una società in cui tutto deve essere funzionale.
D. Lei è un musicista e si avvale della collaborazione di grandi nomi nei suoi film. Quanto conta la musica nel cinema d’animazione?
R. Per me conta come tutti gli elementi del film, come il disegno, né più né meno.
D. Ha scelto sempre come collaboratori grandi artisti sia nel campo musicale (Gianna Nannini, Paolo Conte sia nel campo dell’illustrazione (Paolo Cardoni, Michel Fuzellier, Walter Cavazzuti) sia nel teatro e nella scrittura (Dario Fo e Umberto Marino). Quanto conta l’apporto di grandi personalità artistiche?
R. R. Io cerco di trovare affinità e corrispondenze con artisti che stimo e che collaborano a realizzare la mia idea di film.
D. Una grande responsabilità per lei unire tutte le competenze.
R. In qualche caso, la collaborazione con l’artista ha dato luogo ad una diversa idea di film. Per esempio nel caso di Gianna Nannini, mi occorreva proprio cercare di raccontare la diversa percezione del tempo ai bambini e questo è stato possibile proprio grazie alla musica di quest’artista.
D. Tra l’altro trovo che Momo sia molto attuale, moderno nella sua critica al nostro stile di vita, forse più della Storia infinita.
Comunque, il suo film è stato un successo.
R. Forse è stato considerato troppo serio.
D. Io mi ricordo che ho portato i miei figli a vederlo e a loro non solo è piaciuto ma l’unico appunto che hanno fatto è che fosse troppo breve. Si erano immersi tanto nella storia che gli dispiaceva che fosse finita.
R. Molti genitori, comunque, non vogliono far pensare i bambini, li vogliono sottrarre a qualsiasi storia con un minimo di contenuto, così non li portano a vedere i miei film che raccontano qualcosa. Inoltre il cinema italiano deve competere con quei colossi come quelli della Disney che, naturalmente, hanno un battage pubblicitario e di merchandising enorme rispetto ai miei.
D. Certo, comunque, c’è un abisso tra la propaganda che si fa di un film d’animazione straniero rispetto ai nostri. E poi, tra l’altro, anche le collocazioni orarie sono proprio infelici. Io mi ricordo le corse perché comunque c’era solo il primo spettacolo o al massimo il secondo e poi c’era il cinema vero, per gli adulti.
R. Per esempio, in Francia c’è una mentalità diversa per cui questo sistema può essere accettato. Ma in Italia, soprattutto per un meridionale, è inaccettabile.
Per esempio penso ad un giorno delle feste natalizie, portare il proprio figlio al cinema alle due e mezza è una follia. Solo un pazzo può fare una cosa del genere.
D. Come è invece il suo rapporto con i disegnatori?
R. E’ ottimo perché io non so disegnare e quindi non costituisco una minaccia o un pericolo.
D. Non è quindi in competizione. Lei ha anche detto che utilizzare la tecnologia nel cinema d’animazione aumenta di molto le possibilità espressive e quindi, a suo giudizio, la tecnologia ha impoverito l’espressione artistica?
R. No, io uso la tecnologia. E’ utile al mio modo di raccontare e non chiedo altro. Sarebbe come dire che la lavatrice ha peggiorato la qualità del bianco delle lenzuola rispetto al bucato a mano, o dire che la qualità di vita della casalinga è stata peggiorata.
La tecnologia serve ad aiutare a raccontare le storie, ad esprimere dei concetti. Non so se lei conosce un po’ la tecnica dell’animazione?
R. Un pochettino sì.
R. Prima, si potevano utilizzare solo pochi rodovetri alla volta. Invece adesso con la tecnologia ne posso avere contemporaneamente 150.
D. Tutto un altro mondo, veramente un grande progresso.
R. Non è la tecnologia ad impoverire l’arte ma la mancanza di riflessione o di contenuto delle storie.
D. Quindi dipende tutto dalla testa che c’è dietro un progetto, da chi ci sta dietro.
Sì, lo stesso discorso lo condivide anche Bruno Bozzetto che mi parlava della forza delle storie.
R. Sì, siamo molto amici. Anche lui condivide con me lo stesso amore per raccontare storie significative che diano un messaggio più che realizzare dei film solo dominati dalla moda o dal mercato.
D. E poi Bozzetto mi raccontava che lei ha incorniciato un rifiuto, mi sembra della Rai, a produrre un film come La freccia azzurra. Condividete quindi anche la stessa amarezza.
E invece ritornando al rapporto con i bambini (che per lei è una domanda pericolosa). Come è questo rapporto?
R. E’ buono.
D. In un’intervista lei ha detto che, proprio per raccontare storie a sua figlia che era piccola, aveva trovato Momo.
R. Sì. È vero. Io sono sempre molto contento di stare con i bambini perché, soprattutto quando sono piccoli, sono molto aperti, imparo molto da loro. Adesso, indipendentemente dalla mia vita privata, sto sempre attento a non prevaricarli.
D. Adesso quanti anni ha sua figlia, per curiosità?
R. 25
D. Allora è grande e tra un po’ racconterà film per i suoi nipoti.
Lei incontra spesso bambini e ragazzi per spiegare cos’è l’animazione. Li trova cambiati in questi ultimi anni?
R. Non posso rispondere a questa domanda. Non lo so. E’ una domanda proprio difficile. I bambini piccoli sono sempre curiosi, ma poi, crescendo, sono sottoposti al mercato. La spinta della nostra società verso l’omologazione è molto forte.
D. I bambini vogliono essere considerati in modo serio. Questa è la grande differenza tra le fiabe classiche e le fiabe moderne che spesso vogliono divertire ma non affrontano temi importanti, come detto prima. Perciò i bambini prediligono le fiabe classiche. In esse ritrovano una base solida.
R. Certo, perché gli adulti spesso pensano che i bambini siano scemi e quindi chi racconta storie deve farlo senza dar loro un contenuto.
D. Sono anni che ripeto che la forma è sostanza perché nasconde tante cose che non si dicono in modo diretto.
R. I bambini vengono visti con superficialità, solo per il mercato.
D. Una società si vede anche da come tratta i bambini e gli anziani e ,purtroppo, la nostra non è che ne esca molto bene. Nelle città, c’è un’intolleranza enorme.
R. Sì, perché il problema è di tutti quelli che escono dalla funzione produttiva. Il bambino che si ammala dà fastidio anche a mamma e papà. Il bambino che gioca a pallone nel cortile, scoccia. E’ vietato giocare a pallone nel cortile!
D. Io ho fatto una battaglia nel cortile di casa mia che, alla fine, ho vinto. Però è stata durissima perché c’è sempre qualcuno (anche con bambini) che si oppone con le motivazioni più svariate.
Sostanzialmente tutte le persone che esistono, respirano, danno fastidio. L’anziano malato dà fastidio.
R. Tutto deve essere funzionale. Ecco perché si vuole che il bambino cresca ancora più in fretta.
D. Oppure, se si tratta dell’anziano, deve sbrigarsi a morire.
R. Ovviamente, sembra un paradosso.
D. Però è così perché Pulcinella scherzando , scherzando disse la verità.
R. Io credo che se si inventasse un farmaco che allunga la vita a tutti quanti, farebbe molta fatica ad essere messo in commercio perché sarebbero in pochi a poterne usufruire.
D. Solo i super-ricchi. Parliamo ora del Pinocchio. Sono anni che lei insegue il progetto del Pinocchio collodiano (però adesso lo sta realizzando).Lo voleva realizzare in concomitanza col Pinocchio di Benigni però non era proponibile. Tra l’altro, io ne sarei molto orgogliosa, fiera di questo Pinocchio italiano d’animazione. L’hanno fatto dappertutto ma un Pinocchio bello, italiano ancora non ce l’abbiamo.
R. Vorrei rendere lo spirito collodiano. Sì, sono molto contento, anche se spesso neanche in Italia lo conoscono bene. L’ho presentato con un trailer alla conferenza stampa e un giornalista mi ha rimproverato di aver parlato della bambina dai capelli turchini e non della fata. Ma se si andasse a rileggere la prima parte di Pinocchio, ritroverebbe proprio questo termine.
D. Tra l’altro, nel caso di Pinocchio, c’è anche un rovesciamento della funzione genitoriale per cui Geppetto appare più materno mentre il ruolo paterno viene svolto dalla bambina e poi dalla fata, che lo pone davanti alle sue scelte.
R. C’è anche questa constatazione. Nessuno se lo ricorda perché il Pinocchio di Disney ha prevalso nel nostro immaginario, ma è un personaggio molto americano. Questo vale per tanti aspetti. Per Disney, la Toscana e il Tirolo erano molto vicini. Questo per parlare delle differenze esterne perché, se poi si considerano i contenuti, nel Pinocchio disneyano si è persa tutta la carica dell’anarchismo e della ribellione presente nel personaggio originario.
Il Pinocchio, che si avvale della collaborazione di artisti come Lorenzo Mattotti e di musicisti come Lucio Dalla, è una co-produzione e uscirà nel 2010 anche se già da tempo il regista ci sta lavorando. Lo aspettiamo con curiosità.
*n.d.r. In realtà il Pinocchio è uscito nel 2013.
ESTER CAMPESE (CAMPEY) : PITTRICE ELEGANTE DAL SORRISO SEMPLICE
In Campo de Fiori, Rivista 131, gennaio 2016, pag,7
“Le cose essenziali sono invisibili agli occhi. Non si vede bene che col cuore.” (A.De Exupery)
E’ questo il motto della pagina FB dell’artista, che rappresenta in pieno la creatività di una pittrice raffinata dal respiro internazionale, che si muove agevolmente tra Londra, i paesi dell’Est , la lontana Cina e l’America dove ha portato un suo quadro inserito nel catalogo Mondadori e ha iniziato la collaborazione con il più importante critico d’arte italiano Vittorio Sgarbi, nella mostra “Spoleto incontra Miami a Palazzo Giustinian ” e qualche puntata a Bologna, in Umbria o alla Fiera di Roma o nel resto d’Italia.
Ester Campese, in arte Campey (per un’assonanza beneagurante con il brindisi giapponese), ha cominciato a dipingere per il bisogno di trasmettere delle emozioni di questo suo ricco mondo interiore, che attinge a grandi artisti come Mirò e Kandinsky, ma non si ferma solo alla citazione bensì la fa sua e la trasfigura e, come dice una critica veramente calzante, “è un traghettatore per chi osserva, per chi dinanzi all’opera d’arte si mette in gioco, senza paura, senza sovrastrutture di alcun tipo.
A metà strada tra un’analisi in direzione di un linguaggio che abbia prettamente a che fare con l’estetica e di un suo parallelo non sempre facile da svelare, Campey crea e sperimenta”.
E’ un’esploratrice, che compie un viaggio nelle tecniche, negli stili, nei materiali con lo stesso entusiasmo e freschezza di un bambino che, in punta di piedi, voglia sperimentare le forme artistiche tanto che spesso usa le mani per un contatto più stretto con la materia.
Nelle sue opere, la freschezza pittorica si fa latrice di un inusitato entusiasmo, mutuato da un uso del colore che sa farsi tramite per un linguaggio espresso mediante le istanze dell’astrattismo oppure per mezzo delle caratteristiche dell’informale figurativo.
Abbiamo voluto incontrare un’artista della sua levatura che, nonostante le esposizioni delle sue opere in varie parti del mondo, conserva una semplicità e una discrezione degna delle persone veramente importanti, che non hanno bisogno di “darsi arie” e si esprime con un sorriso contagioso e l’entusiasmo che si coglie nel suo approccio alla vita e all’arte e le abbiamo rivolto alcune domande per capire più da vicino il suo mondo:
D. Prima di tutto una domanda classica: Come e quando nasce la passione per la pittura?
R. Non ho nozione di un periodo preciso in cui è nata ma la pittura è nata con me come una necessità di esprimersi in modo artistico. Non amo solo la pittura ma anche la danza, la musica, i colori e mi considero una creativa a tutto tondo. Mi sono dedicata alla pittura in maniera altalenante ma una decina di anni fa ho cominciato a dipingere in maniera più continuativa e poi realizzo costumi e quindi sono anche una stilista, amo danzare e la musica in genere.
D. Come definirebbe la sua pittura?
R. La mia particolarità è proprio non avere una collocazione precisa ne’ dal punto di vista del soggetto, che scelgo in modo casuale ne’ per la forma, ma c’è sempre una mia ridefinizione personale. Mi sento sempre un’esploratrice che, attraverso le tele, compie un viaggio interiore e crea e sperimenta le mille forme della materia e cerca di trasmetterlo agli altri con una gioia che è comunicativa. Inoltre la pittura è anche ricerca: dal dettaglio all’insieme si cambia la prospettiva ed è importante l’angolo di osservazione per capire le varie sfaccettature.
Preferisco l’astratto perché mi offre più possibilità ma poi se passo al figurativo, sono anche a mio agio in particolar modo con le donne, che sono il mio soggetto preferito.
D. Che tecnica usa?
R. Il mio percorso ha avuto un’evoluzione che mi ha portato all’olio su tela ma ho un rapporto molto fisico, emozionale con la pittura e spesso uso le mani, non i pennelli perché cerco il contatto diretto nell’arte.
D. Che emozione prova nel vedere la reazione dei visitatori alle sue opere?
R. Mi piace molto interagire con gli altri e intrecciare un dialogo. Provo un’emozione e una gioia profonde nel trasmettere il mio mondo attraverso i quadri. Poi sono anche curiosa di scoprire le opere degli altri autori e ho sempre un approccio timido, quasi in punta di piedi , di rispetto nei loro confronti.
D. Quali sono i progetti per il futuro?
R. Oltre alle mostre nelle varie parti del mondo e anche in Cina, ho in mente un progetto che è veramente originale. Poiché amo dipingere l’astratto ma, quando passo al figurativo, il mio soggetto preferito sono le donne, vorrei realizzare una mostra in cui seguo l’iter dell’evoluzione del costume della donna, con una particolare predilezione per il periodo liberty con l’attenzione all’eleganza e alla misura che lo caratterizzava, ad un’immagine della donna morbida e delicata che mi corrisponde molto.
Poi, con un mio amico fotografo, che reputo un artista, vorrei realizzare in un dialogo binario ad esempio di paesaggi o ritratti realizzati ognuno con le proprie modalità: la pittura da un lato e la fotografia dall’altro.
Complimenti per Ester Campese , pittrice internazionale di grande successo e speriamo che tutti i suoi progetti possano diventare realtà, così come merita.
Grazie Ester!
INTERVISTA A GIORGIO ALBERTAZZI
In Campo de’ Fiori, anno 2015
Abbiamo intervistato telefonicamente Giorgio Albertazzi, un fuoriclasse, un maestro della scena italiana, che ha segnato con la sua arte, una stagione fondamentale della nostra scena.
Ha debuttato con il grande Luchino Visconti con Troilo e Cressida di Shakespeare e la sua carriera è stata costellata di grandi successi. Celebre è l’Amleto ma anche famose altre sue interpretazioni come Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar in cui impersonava proprio l’imperatore Adriano,che sono rimaste nell’immaginario collettivo.
E’ stato anche attore di sceneggiati televisivi e di cinema dove ha partecipato a ben trenta film tra cui anche di cui il celebre L’anno scorso a Marienbad di Resnais, la sua grande capacità istrionica lo rende soprattutto un “animale da palcoscenico”. E’ spesso anche regista dei suoi lavori.
A più di novant’anni, ha smesso da poco di andare a cavallo, ed è stato per lunghi anni compagno sulla scena e nella vita della grande Anna Proclemer, recentemente scomparsa, restandole sempre amico anche dopo la fine della storia d’amore e realizzando insieme a lei degli spettacoli eccellenti.
La sua vitalità è intrecciata al suo anticonformismo, che si esprime in tante direzioni. Si è definito un perdente di successo, mutuando questa definizione da Kafka e scrivendoci un bel libro dove si racconta, da buon toscano, anche con una certa dose d’ironia. Albertazzi dice, da un lato, di essere ateo sempre come Kafka e dall’altro è l’ideatore della battuta di spirito secondo cui “le cosce delle donne sono la prova dell’esistenza di Dio”. Forse, per questo solo qualche anno fa (nel 2007), ne ha sposata una, di quasi quarant’anni più giovane, la nobildonna fiorentina Pia de’Tolomei , discendente della famosa Pia di dantesca memoria, sfidando anche la paura del matrimonio, che l’aveva caratterizzato per tutta la vita..
D. Come sta?
R. Tutto bene!
D. Mi fa piacere, allora cominciamo. Attualmente, è impegnato nella tournee in giro per l’Italia, con il Mercante di Venezia, un testo molto significativo di Shakespeare che tratta del rapporto tra un ebreo emarginato Shylock , che lei interpreta in modo molto umano e un giovane nobile prepotente. Come mai ha scelto questo testo e che rapporto ha con la vecchiaia?
R. Intanto il testo non l’ho scelto. Non li scelgo mai, sono sempre gli altri che me li propongono. L’ho fatto anni fa e ho scritto un adattamento . E’ un fatto rilevante quello che sta succedendo adesso perché lo spettacolo sta avendo un successo clamoroso.. Non è assolutamente un ebreo, emarginato, è un signore, un ebreo veneziano. Spesso lo dipingono come un “ebreuccio” ma non è assolutamente così.
D. Io mi riferisco alle interpretazioni consuete, le do atto di avere un approccio più umano al personaggio.
R. Il Mercante di Venezia di Shakespeare è un dramma di amori non conclusi, di abbandoni, di solitudini, un po’ per un fatto razziale e un po’ anche perché la vita è così . Lui è innamorato di questa figlia che fugge con Cristiano e, da quel momento, la sua vita non ha più senso. A questo proposito, io ho introdotto una scena in cui lui alla fine, dopo il processo smaschera la figlia.
Pensi che questo testo è il più rappresentato, più degli altri come l’Amleto, ad esempio.
D. Tanti anni fa , quando facevo parte dei ragazzi della scuola di drammaturgica di Eduardo De Filippo, ricordo che lui scelse Il Mercante di Venezia, come testo di prova su cui esercitarsi proprio sui possibili sviluppi di questo testo ai giorni nostri perché lo riteneva particolarmente ricco di spunti particolari.
R. Venezia era un centro di commercio, non era certamente una città chiusa per chi presta denaro.
D. Perché la Chiesa aveva dato agli ebrei solo la possibilità di commerciare.
R. Vengono sempre emarginati perché c’è sempre qualcuno per cui tu non sei giusto. Lì comincia la storia!
Tutti abbiamo una possibilità di essere emarginati e quindi è vero che tutti sono tenuti in disparte per qualche motivo perché, d’altra parte, c’è da parte degli ebrei questo senso di superiorità, loro sanno di essere il popolo eletto e quindi questa componente, in un certo senso, li allontana. Sono intelligentissimi, hanno questa grande intelligenza, certamente più della media normale e hanno questo senso di essere speciali.
D. Invece lei è un privilegiato, un fuoriclasse. Ma che rapporto ha con la vecchiaia? Con la sua e con quella degli altri?
R. Io credo che la giovinezza non abbia età. Per essere giovani, veramente giovani, ci vogliono molti anni come diceva Picasso ed io concordo.
R. Infatti, in una sua intervista, lei ha dichiarato che, da poco ha smesso di andare a cavallo, ma ha sempre grandi progetti. Mi dica qual è il segreto della sua vitalità?
R. Francamente, non lo so, però è così. C’è questa vitalità ed è il desiderio, un sogno, un’idea, non essere mai sazi, non rinunciare a “mangiare la vita”.
D. Che bella espressione: mangiare la vita!Uno dei segreti potrebbe essere che spesso ha lavorato con i giovani e si circonda di giovani. Vorrei chiederle se i giovani le hanno insegnato qualcosa.
R. C’è uno scambio, a volte sì. Faccio stage .Comunque, normalmente, mi trovo a contatto con gente più giovane di me ma non è l’età che conta. Credo di più nel potere della bellezza che salverà il mondo. L’elogio della bellezza voleva farlo Fazio al Festival di Sanremo sulla bellezza, ma gli è andata male perché è successo un sacco di casino. Ma è vero che sono la bellezza e la leggerezza che trasformano la pesantezza del vivere, che è simile alla morte. La vita va vissuta con leggerezza, con il sorriso. Non è facile però non è nemmeno impossibile! il sorriso paga.
D. Sicuramente perché è contagioso.
R. La vecchiaia. C’è un momento della vita in cui il corpo non ti obbedisce più e sei tu che ti devi adeguare. Questo è l’elemento della vecchiaia difficile da superare. Come andare a cavallo che, a un certo punto, non puoi più fare, però, non devi viverlo come una frustrazione tremenda, ma come una scoperta di qualche altra cosa, devi compensarlo .
D. Quanto ha contato la passione artistica nella sua vita?
R. Non è che vivo meglio perché sono un artista. Un’altra volta sempre Picasso ha detto che l’importante è non arrendersi, trovare la via per vivere con leggerezza in maniera sempre diversa!
D. Passiamo ad argomenti più pesanti. Da giovane, ha preso parte alla repubblica di Salò ed è stato arrestato. Che ricordi ha di quegli anni ?
R. Avevano fatto un bando. Non c’erano nemmeno partigiani e fascisti. Io sono nato e vissuto in un’epoca in cui il fascismo era l’Italia praticamente. C’era un consenso generale per cui si poteva identificare il partito con il paese .
D. Cos ‘è per lei l’Italia e cosa pensa del momento attuale?
R. L’Italia è un bellissimo paese, solo che non ha un senso della nazione preciso, che il fascismo ha impoverito . L’Italia è tra i paesi più belli del mondo, invece è in preda alla burocrazia e alla mafia, alle ndranghete. Il Paese viene strangolato, non si è espresso, non è mai diventato quello che potrebbe essere, un paese pieno di cultura, di leggerezza, di mare, di cielo. Già il fascismo aveva imposto un’Italia imperiale che era una cosa antica, una cosa meravigliosa però era finita ed il fascismo l’ha cercata di rianimare. Poi è arrivata la democrazia ma, in questo paese, forse una vera democrazia non c’è mai stata. C’è soprattutto la partitocrazia, non tanto la democrazia. Il partito viene prima del paese , c’è un’aberrazione . Se uno vive nel Kansas, in America, c’è il Kansas. Ma, quando si sente l’inno nazionale, tutti si alzano in piedi perché si riconoscono negli Stati Uniti.
D. Quindi ci sarà una speranza!
D. Quali sono i suoi progetti futuri ?
R. Meglio non dire per scaramanzia. Andiamo avanti con Il mercante di Venezia, poi ci sono Le lezioni americane di Calvino, poi devo andare in America , poi il cinema.. poi ci sarà una sorpresa.
D. Quale è il personaggio inedito, a parte l’Amleto, a cui si sente più legato ?
R. L’imperatore Adriano nel testo Memorie di Adriano, che ho portato in scena, per tanti anni, a Villa Adriana a Tivoli.
D. Lei si è autodefinito un perdente di successo. Come è nata questa definizione?
R. Da un articolo che avevo letto su Kafka, che mi era piaciuto e in cui lui si definisce così e io ho fatto altrettanto perché mi calzava a pennello.
La ringraziamo per averci onorato con la sua bella intervista!
“LA BRASILIANA DE ROMA”
Intervista a Mel CamilleArreas Parente
In Campo de’Fiori, ottobre 2015, pag. 13
Raffinata e dinoccolata, di una bellezza non classica, ma anche sportiva con un respiro internazionale. Di origine brasiliana e, precisamente, di Forteleza, Mel Camille Arreas Parente ha lavorato in Brasile come fotomodella per alcune testate pubblicitarie ed è stata presentatrice televisiva. Ha casa a Londra dove vive con il marito con cui è felicemente sposata, di passaggio a Roma, una città che adora e dove ha molto lavorato nel mondo della moda soprattutto con l’artista designer Enzo Scarlatti e la produttrice e manager Giovanna Lauretta, della televisione e dello spettacolo, Mel ha accettato con molto piacere di rispondere a qualche nostra domanda, alla vigilia di un importante film che dovrà girare tra poco:
D. Qual è l’ argomento del film e qual è il suo ruolo?
E’ un film con un’ importante produzione sul tema scottante della mafia e, precisamente, sulla storia del boss Jimmy Miano, che si girerà tra gli Stati Uniti e la Sicilia. Non le posso dire niente altro neanche sul ruolo per le note ragioni di scaramanzia perché appena si dà qualche anticipazione di troppo si sa che le possibili imprese artistiche svaniscono come neve al sole.
D. Cosa ne pensa della nostra città ?
R. La città eterna mi ha conquistato con il suo incanto già tanti anni fa, quando sono venuta dal Brasile in Italia e, precisamente proprio a Roma, per imparare la lingua. Mi sento quasi romana, nonostante viva da tempo a Londra e, quando vengo, mi sento a casa mia.
D Qual è il suo sogno più grande in campo artistico?
R. Vorrei poter esprimere la mia creatività nel campo della moda e del cinema.
Bene, le auguriamo buona fortuna!
INTERVISTA A PAOLO POLI
Visibile sul mio sito.
. Uno dei suoi maestri è stato Sergio Tofano. Può raccontare che uomo era e quale è stata la sua influenza.
R. Tra i tanti personaggi che io ho conosciuto uno dei più illuminati è stato Sergio Tofano , che io ho veduto poco perché lui ha lavorato soprattutto negli anni tra le due guerre quando io ero bambino e lo vedevo poco.
D. Ha fatto bene a precisare.
R. Quando avevo vent’anni, alla metà del secolo scorso, facevo parte di un teatro universitario, che si chiamava L’alberello con il Teatro La Pergola di Firenze, ho fatto una cosa di Sergio Tofano , che si svolgeva in una casa di moda, che si chiamava Qui comincia la sventura del Signor Bonaventura , dove interpretavo il personaggio del Bellissimo Cecè e Bonaventura era il grandissimo Ferruccio Soleri, che tutti conoscono come l’Arlecchino del Piccolo Teatro di Milano.
Io facevo un personaggio curioso e, siccome ero bello, davvero bellissimo, per fare Cecè mi ero messo un naso finto a punta, che mi rendeva più simile a un burattino (cioè la mia natura profonda e non quella esteriore) e poi mi piaceva il personaggio di Bonaventura che, in quell’episodio, fa un personaggio umile che spazza la casa di mode.
Sempre a spazzare . “Di mia vita la scopa è lo scopo”-diceva con questi giochi di parole dei cascami del futurismo che, tanto erano piaciute a Petrolini, e che arricchiva le sue strofette che facevano da commento alle storie del Corriere dei Piccoli che quando ero piccolo, c’erano ancora ma poi ,con la guerra, finirono e che poi, nel dopoguerra come premio delle sue buone azioni, buona ventura non davano più un milione ma un miliardo. Ma. Ormai. erano passati i tempi e i bambini volevano più la roba giapponese con la violenza.
Mentre noi guardavamo più i fumetti di fantasia. Quando io ero piccolo, c’era ancora Little Nemo che faceva dei sogni freudiani e poi, quando si svegliava, era a letto, non era successo nulla oppure Vernice Alambicchi. Un professore aveva trovato una vernice speciale che rendeva reali le cose dipinte allora arrivava un drago, delle cose di fantasia che ci consolavano dell’aridità borghese delle nostre vite.
Io poi ho voluto riprendere un lavoro di Tofano nell’anno 1965.
Ma è stato lo spettacolo più brutto che io ho fatto perché non piaceva ne’ ai grandi ne’ ai piccini –come mi disse Romolo Valli.
“Vedi, non è antico, è vecchio!”
MILENA VUKOTIC NEL RITRATTO DI UNA CAPITALE
In Campo de’Fiori, Rivista 132, febbraio 2016
E’, come al solito sorprendente e bravissima, un’attrice che sa accettare le sfide di tutti i personaggi, anche i più complessi, nell’interpretazione di una signora raffinata e colta che incontra un tossicodipendente trentenne, alle cinque del mattino all’Ospedale S. Spirito, il più antico di Roma, e intreccia con lui (Lorenzo Lavia) un vivace e disincantato dialogo che apre uno spaccato sul mondo romano nell’incontro fra generazioni .L’Arcispedale quando si fa l’alba è questa l’ultima fatica teatrale della grande Milena Vukotic, una vera e propria signora della scena, che alterna, con grande disinvoltura personaggi teatrali e televisivi, in attesa di cominciare, già da gennaio, le riprese della decima serie del Medico in famiglia dove interpreta il ruolo, ormai storico, di nonna Enrica, entrata nel cuore degli italiani e in particolare di me e di mia figlia, al fianco di nonno Libero (Lino Banfi).
Il testo teatrale, che interpreta l’attrice insieme a Lorenzo Lavia, scritto da Valerio Magrelli, è uno dei monologhi di Ritratto di una capitale in scena al Teatro Argentina di Roma dal 22 dicembre al 3 gennaio, progetto di Antonello Calbi e Fabrizio Arcuri, che racconta con la scrittura di grandi penne, sei scene di una giornata a Roma con accenti drammatici, comici, disperati, atti d’amore e di odio per l’immobilità di una città che, comunque, con le sue luci e le sue ombre, non lascia mai indifferenti.
Gli altri monologhi, interpretati da valenti attori, sono Odioroma di MariolinaVenezia con Anna Bonaiuto e Roberto Di Francesco, Flaminia bloccata, con un gioco di parole tra la strada e il nome di persona, di Fausto Paravidino con Pieraldo Girotto, Lucia Mascino e Filippo Nigro. Poi c’è Roma est, che racconta dell’insofferenza verso lo straniero con un litigio tra una donna romena e un giovane romano di Roberto Scarpetti con Lucia Mascino, Fabrizio Parenti e Josafat Vagni. Il testo di Elena Stancanelli è intitolato Angeli caca cazzi ovvero ah, come starei bene a vive se fossi morto e s’ispira all’incontro tra il poeta di strada Victor Cavallo e il ballerino di Saranno famosi, Leroy Johnson , malato di aids e venuto a morire a Roma, con Sandro Lombardi e Roberto Latini. Infine l’ultimo testo, forse il più indigesto per gli spettatori, è l’epistola alla città morta, scritta e interpretata da Elvira Frosini e Daniele Timpano, che immagina che due esseri forse spettri forse viventi, sulla base della notizia della nuova partenza dell’Italia, vogliano scuotere gli spettatori e risvegliarli , anche in modo brutale, dalla loro indifferenza.
Molto bella, la colonna sonora composta dal gruppo dei Mokadelic, che accompagna puntualmente questo spettacolo così sperimentale. Inoltre, in questo roteare di situazioni e immagini, un plauso particolare va agli ideatori del set virtuale Luca Brinchi, Roberta Zanardo/Santasangre e Daniele Spanò, che sono riusciti a riprodurre le suggestioni e le atmosfere dei muraglioni del Tevere o l’eterna bellezza dei monumenti di Roma e le immense periferie dell’Anagnina con lo sferragliare della metropolitana, che ne accompagna la vita ormai multietnica o le immense strade consolari o i cieli, solcati da prepotenti gabbiani, che sono diventati ormai i padroni dei cieli romani. Insomma uno spettacolo da non perdere!
ARTICOLI E SAGGI
- Collaborazione all’Agenzia Stampa Global press dal 1990 al 1993;
- Le iene, “Film”,n.1 gennaio-febbraio 1993
- I migliori del Bronx, “Film”, n.6,nov. dic.1993
- Ricky e Barabba, “Film”, n.1 gennaio-febbraio 1993
- L’ultimo dei Mohicani, “Film”, n.1, gen.feb 1993
- Giochi d’adulti, “Film”, marzo-aprile 1993
- “Ma quale violenza.Ce n’è molta di più in televisione. Belli gli effetti speciali”, “Paese sera”, 18 settembre 1993
- Città d’arte alleate per battere il degrado, “Paese sera”, 21 settembre 1993
- Circoli teatrali lotta per la sopravvivenza, “Paese sera”26/27 settembre 1993
- I trasgressori, “Film”,n.5,settembre –ottobre 1993
- Beni culturali,in agitazione i cassintegrati di Roma e Lazio, “Paese sera”, 8 ottobre 1993
- L’antirambo italiano. Carlo Lizzani racconta il film sulla Somalia,14 ottobre 1993
- Ricordi e nostalgie di una città che fu, “Paese sera”, 20 ottobre 1993
- Calcata, Il ritorno delle streghe, “Paese sera” , 30 ottobre 1993
- I migliori del Bronx, “Film”,n.6, novembre-dicembre 1993
- Senti chi parla adesso, “Film”,n.7, gennaio-febbraio 1994
- I cento anni di Carlo Ludovico Bragaglia, “Filmcronache”, luglio 1994
- La strategia della lumaca, “Film”, n.10, lug.ago 1994
- Caccia mortale, “Film”, n.10 lug. ago 1994
- Bugie rosse, “Film”, ,n.14, marzo-aprile 1995
- Intervista a Silvana Pampanini, “Casa oggi”, n.247 mar 1995
- Intervista aSydne Rome, “Casa oggi”, n.249 ,mag 1995
- Il tagliaerbe 2”Film”,n.22, luglio-agosto 1996
- Zebra head, “Film”, n.23, settembre –ottobre 1996
- Mortalkombat il film, “Film”, n.19 gennaio –febbraio 1996
- East side story, “Film”, n.35, settembre- ottobre 1998
- Funny games, “Film”, n.35, settembre-ottobre 1998
- Incontri romani:MonicaVitti:la mia finestra è il mio teatro privato, “Centro storico”, novembre 1998
- Amare per sempre, “Film”, n.36 ,novembre-dicembre 1998
- Family plan, “Film”,n.36, novembre-dicembre 1998
- Maria Mercader, la sua vita, Roma, Vittorio De Sica, “Centro storico”, gen.1999
- La città e i libri per Luciano De Crescenzo, “Centro storico”, mar 1999
- Agenore Incrocci in arte Age, un maestro della sceneggiatura, “Centro storico”, mag.1999
- Camere e corridoi, “Film”, n.40,luglio-agosto 1999
- Carlo Alighiero, Roma e il mestiere del teatro, “Centro storico”, set.1999
- Diana and me, “Film”,n.41,settembre-ottobre 1999
- Doug il film, “Film”,n.41, settembre –ottobre 1999
- Gianni Bisiach, Idee per Roma e per il giornalismo, “Centro storico”, ott.1999
- Tarzan, “Film”,n.42, novembre-dicembre 1999
- Impiegati… male, “Film”, n.42,novembre-dicembre 1999
- The intruder, “Film”, n.42,novembre-dicembre 1999
- Uno specialista. Ritratto di un criminale di un criminale moderno, “Film”,n.43,gennaio-febbraio 2000
- Enrico Lo Verso, Un attore contro, “Filmcronache”, anno XIV,n.78 marzo-aprile 2000
- Gilberto Tofano, L’avventura multimediale del signor Bonaventura, “Filmcronache”, anno XIV,n.78,marzo-aprile 2000
- Stuart little un topolino in gamba, “Film”,n.45, maggio-giugno 2000
- T come Tigro, “Film”, n.45,maggio-giugno 2000
- Effetti collaterali, “Film”,settembre-ottobre 2000
- Supernova, “Film”,settembre-ottobre 2000
- Ferzan Ozpetek, Un turco italiano, “Filmcronache”, n.84,mar-apr.2001
- Babar,il re degli elefanti, in “Il ragazzo selvaggio”, n.27 maggio-giugno 2001
- Nowhere to hide, “Film”, settembre-ottobre 2001
- Momo alla conquista del tempo, “Film”,n.55, gennaio-febbraio 2002
- Qui comincia l’avventura…Sergio Tofano (Sto), “Il pepeverde”,n.11/12/2002
- La foresta magica, “Ragazzo selvaggio”, n.39,maggio-giugno 2003
- Camilleri incontra i bambini. Non solo Montalbano, “Valore scuola”, anno
- XXVI,n.15,2003
- Altre storie del signor Bonaventura. Racconti,poesie,favole di Sto, “Il pepeverde”, n.18/2003
- Intervista alla cantante dei Baraonna Angela Caporale, “La Piazza”, maggio 2003
- Parla lo psichiatra di Incantesimo, “La piazza”, giugno 2003
- Cento vetrine, i segreti della soap, “La Piazza”, luglio 2003
- Otello Profazio, l’arguto cantastorie, “La Piazza”, agosto 2003
- A colloquio con Guido Caroselli, “La Piazza”, set.2003
- Pimpi ,piccolo grande eroe, in “Il ragazzo selvaggio”, n.43 gennaio-febbraio 2004
- Kaye Umansky, Il castello degli orrori, Mondadori, Milano 2003 in “Il Pepeverde”,n.21/2004 luglio-settembre 2004
- Roberto Piumini-Serena Biglietti, Rosaspina, Fabbri, Milano 2003, “Il Pepeverde”,luglio-settembre 2004
- Luoghi formativi per insegnanti architetti e non manovali, “Valore scuola”, anno XXVII,n.9/2004
- Tiziana Merani, Socrate,l’oca fantasma, Mondadori, Milano 2004
- Margherita D’Amico, Tre duchesse e un asino, Mondadori, Milano 2004
- “Il Pepeverde”, n.19/2004
- Gianni Rodari, A sbagliare le storie, Sanna, Trieste 2003, “Il Pepeverde”,n.19/2004
- Silvia Roncaglia,Chi ha rapito Giallo Canarino?,Nuove Edizioni Romane 2003
- Koda,fratello orso, “Film”, n.69 maggio-giugno 2004
- Cinderella story, “Film”,n.71, settembre –ottobre 2004
- Yu-gi-oh il film, “Film”, novembre-dicembre 2004
- Babbo bastardo, “Film”, n.73, gennaio-febbraio 2005
- Regaliamo un parco ai bambini, Incontro con l’attore Gianpiero Bianchi, “La Piazza”, gen. feb 2005
- Striscia, una zebra alla riscossa, “Film”, n.76,luglio-agosto 2005
- La storia del cammello che piange, “Film”, n.77, settembre-ottobre 2005
- Se ti investo mi sposi, “Film”, n.77, settembre-ottobre 2005
- J. Donnelly, Una voce dal lago, Mondadori, Milano 2005, “Il Pepeverde”, n.25/2005
- Eric Carle, L’ippocampo un papà speciale, Mondadori,Milano 2005
- Il teatro tra la gente, “Valore scuola”, anno I, n.9, 2005
- Burattini in città, “Valore scuola” , anno I,n.10, 2005
- Yo -rhad Un amico dallo spazio, “Film”, n. luglio- agosto 2006
- Ant-bully-una vita da formica, “Film”, n.84,novembre-dicembre 2006
- Spia Spia -2 Superagenti armati fino ai denti, “Film”, n.84,novembre-dicembre 2006
- Maddalena Caccavale Menza, Cartoni animati. Il contributo del cinema d’animazione, “Il Pepeverde”,n.31-32 gennaio-giugno 2007
- Maddalena CaccavaleMenza, La fortuna del signor Bonaventura, “LG –Argomenti”, gennaio-marzo 2008
- Angeles Ximenes, Pablo Prestifilippo, Il signor Giacinto,il suo orecchio, la sua radio… e una storia d’amore, Orecchio Acerbo, Roma 2008, “Il Pepeverde”,n.36/2008
- Maddalena CaccavaleMenza, Ancor dura l’avventura del signor Bonaventura,”LG- Argomenti”, gennaio-marzo 2008
- Tesi di dottorato di ricerca in Pedagogia, dal titolo Il linguaggio delle fiabe e il cinema d’animazione-Breve viaggio nel lungometraggio italiano,discussa il 12 maggio 2009.
- Relatrice la Prof.ssa Gianna Marrone, Correlatrice la Prof.ssa Bianca Spadolini, Coordinatore il Prof. Massimiliano Fiorucci.
- Bruno Bozzetto:divertire per educare, LG argomenti, n.3 anno XLV, luglio-settembre 2009
- Maddalena Caccavale Menza, Scheda del libro Ian Beck, La vera storia di IanTrueheart giovane eroe, “Il Pepeverde”
- Maddalena Caccavale Menza, Il cinema d’animazione e l’Italia.Prima viene la storia. Parola di Bruno Bozzetto, “Il Pepeverde”, n. 43/2010 gen.-mar
- Maddalena Caccavale Menza,Il cinema d’animazione in Italia.Una bella storia è tutto, “Il Pepeverde”, n.45/2010 lug.set
- Maddalena Caccavale Menza, schede sul libro di Roberta Argenti, I guardiani del Colosseo,in “Il pepeverde”, n.45/2010 lug.-set.
- Maddalena Caccavale, I bambini intervistano Ermanno Detti, Pagine giovani, anno XXXIV, 145 n.3 lug/set. 2010
- Maddalena Caccavale Menza, La fiaba,questa sovversiva. Senza fiabe? Saremmo peggio di quel che siamo, “Il Pepeverde”,n.47/2011
ARTICOLI SU CAMPO DE’ FIORI
2014
- Rivista 115, XIV RASSEGNA TEATRALE “ILEANA GHIONE” RASSEGNA DEDICATA ALLA MUSICA, articolo di Sandro Alessi, giugno 2014
- Coro diretto dalla Maestra Maddalena Caccavale presso il Teatro Ghione
- Rivista 117, Maddalena Menza, 3° Festival del Cortometraggio Città di Morlupo, agosto 2014, pag. 37
- Rivista 119, Maddalena Menza, Sole nero. La nuova sceneggiatura di Gianfranco Tomei presentata a Morlupo, dicembre 2014, pag.44
2015
- Rivista 120, Maddalena Menza, Natalitudini: le geografie del Natale, gennaio 2015,pag.43
- Rivista 123, Maddalena Menza, Con le periferie nel cuore, Il nuovo docu-film di Pierluigi Giorgio, sul viaggio del Papa in Molise, aprile 2015, pag.40
- Rivista 124, Maddalena Menza, Le streghette di Benevento, Un bel successo del teatro d’avanguardia, giugno 2015, pag.38
- Rivista 125, Sandro Alessi, Bambini e anziani: una vera festa, Grande festa al Centro Anziani della Balduina di Roma, (Coro diretto dalla Maestra Maddalena Caccavale), luglio 2015, pag. 28
- Rivista 127, Maddalena Menza, IV Edizione del “Morlupo Short Festival”, Premiato anche l’attore Lando Buzzanca alla rassegna del Cortometraggio, settembre 2015, pag.29
- Rivista 128, Maddalena Menza, La brasiliana de Roma, Intervista a Mel CamilleArreas Parente, ottobre 2015, pag. 13
- Rivista 128, Sandro Alessi, “Sergio Tofano e il signor Bonaventura”, Il nuovo libro di Maddalena Menza, ottobre 2015, pag. 36
- Rivista 129, Maddalena Menza, Grande successo al Teatro dell’Angelo per il Monello, Gabriele Davoli, il bimbo-rivelazione della scena, novembre 2015, pag. 37
- Rivista 129, Maddalena Menza e Danilo Micheli, Il maestro campanaro di Agnone, La città delle campane, Museo Marinelli, novembre 2015, pag.38
- Rivista 130, Maddalena Menza, Fenomeno Fedez, dicembre 2015, pag. 7
2016
- Rivista 131, Maddalena Menza, Ester Campese Campey, Pittrice elegante dal sorriso semplice, gennaio 2016, pag. 7
- Rivista 131, Maddalena Menza, Una donna uccisa con troppa clemenza, gennaio 2016, pag. 36
- Rivista 131, Maddalena Menza, Parata di stelle alla Reginetta dei due mari e Oscar della Moda pugliese, gennaio 2016, pag. 39
- Rivista 132, Maddalena Menza, Brachetti: che sorpresa, L’ultimo entusiasmante spettacolo del grande trasformista diretto da Davide Livermore, febbraio 2016, pag. 4
- Rivista 132, Maddalena Menza, Milena Vukotic nel ritratto di una capitale, febbraio 2016, pag. 9
- Rivista 133, Maddalena Menza, Favino : meraviglioso servo per due, Si aggiudica il Premio Le maschere al San Carlo di Napoli, marzo 2016, pag. 7
- Rivista 133, Maddalena Menza, Grande successo al Teatro San Paolo per il piccolo coro San Francesco di Roma,marzo 2016, pag. 12
- Rivista 136, Maddalena Menza, Vecchi tempi di Pinter, Al Teatro Antigone di Roma, giugno 2016, pag.23
- Rivista 136, Maria Lombardo presenta a Catania “Parole e cartoons”, il
- libro di Maddalena Menza, giugno 2016, pag. 46
- Rivista 137, Maddalena Menza, In ricordo di Gabriella Di Luzio, luglio 2016, pag. 15
- Rivista 137, Maddalena Menza, Così parlò De Crescenzo, luglio 2016.pag. 34
- Rivista 138, Maddalena Caccavale Menza, I mille volti di Virginia Raffaele, Intervista alla bravissima imitatrice italiana, agosto 2016, pag. 4-5
- Rivista 139, Maddalena CaccavaleMenza, Sonia Bergamasco ovvero la madrina bionda di Venezia, ottobre/novembre 2016, pag.8
- Rivista 140, Maddalena CaccavaleMenza, Intervista a Vaimo Rapper di ultima generazione, dicembre 2016. Pag.4
- Rivista 140. Maddalena Menza, Carlo Coronati: il maestro in cammino, dicembre 2016,pag. 7
2017
- Rivista 141, Maddalena Menza, Il cinema Farnese, Intervista a Serena e Fabio Amadei, proprietari dello storico cinema in Piazza Campo de’ Fiori, gennaio 2017, pag. 6-7
- Rivista 141, Maddalena Caccavale Menza, Enricomincio da me, Brignano festeggia. al teatro i suoi primi 50 anni e diventa papà, gennaio 2017, pag.16
- Rivista 141, Maddalena Caccavale Menza, Le stelle ridenti a Morlupo, Lo spettacolo teatrale di Tortorella e Sannai, gennaio 2017, pag.16
- Rivista 142, Maddalena Caccavale Menza, Nei panni di una donna? Luciana Frazzetto, febbraio 2017, pag. 10
- Rivista 144. Maddalena Menza, Il “Miles Gloriosus” al Teatro Arcobaleno di Roma, aprile 2017, Pag. 52
- Rivista 145, Maddalena Menza, Lillo & Greg, Sold out all’Olimpico per il “Best of” dei loro 25 anni di carriera, maggio 2017, pag.7
- Rivista 149, Maddalena Caccavale Menza, Carlo e Marina Ripa Di Meana, I loro 36 anni di matrimonio raccontati in un film, novembre 2017, pag. 7
- Rivista 149, Maddalena CaccavaleMenza, Templari a Palazzo Ferrajoli, novembre 2017, pag. 26
- Rivista 150, Maddalena Caccavale Menza, Rino Gaetano: Essenzialmente tu, dicembre 2017, pag.7
2018
- Rivista 151, Maddalena Caccavale Menza, Serra Yilmaz, gennaio 2018, pag.7
- Rvista 151, Maddalena Caccavale Menza, 68° Anno dell’Accademia Angelico Costantiniana, gennaio 2018, pag.17
- Rivista 151, Maddalena Caccavale Menza, Improvvisa…mente al Teatro L’Aura di Roma, gennaio 2018, pag. 42
- Rivista 151, Maddalena Caccavale Menza, L’ineffabile cuccagna ovvero come evadere le tasse e vivere felici, febbraio 2018, pag.14
- Rivista 153, Maddalena Caccavale Menza, Celebrazioni in grande stile alla Sala Trevi in onore di Pastore e Nanà, marzo 2018, pag. 9
- Rivista 153, Maddalena Caccavale Menza, Donne d’intelletto e d’amore, marzo 2018, pag.50
- Rivista 153, Maddalena Caccavale Menza, In nome del Papa re, Uno degli ultimi spettacoli al Teatro dell’Angelo che sta per chiudere i battenti, marzo 2018
- Rivista 154, Maddalena Caccavale Menza, Tre accademici angelico costantiniani impegnati nell’arte della scrittura, aprile 2018, pag. 5
- Rivista 154, Maddalena Caccavale Menza, La famiglia nel pallone al Teatro Cyrano di Roma, aprile 2018, pag.37
- Rivista 155, Maddalena Caccavale Menza, Enrico Lo Verso, maggio 2018, pag. 14- 15
- Rivista 156, Maddalena Caccavale Menza, Premio Letterario delle Casalinghe,(Mo.I.Ca), giugno 2018, pag.10
- Rivista 156, Maddalena Caccavale Menza, Rassegna Sergio Pastore, giugno 2018, pag. 14
- Rivista 158, Maddalena CaccavaleMenza, La commedia dei Fantasmi di Plauto, settembre 2018, pag, 9
- Rivista 160, Maddalena Caccavale Menza, Gente di facili costumi, Paola Tiziana Cruciani al Ghione di Roma, novembre 2018, pag. 52
- Rivista 161, Maddalena Caccavale Menza, Un “berretto a sonagli” al Teatro Ghione, dicembre 2018, pag. 15
- Rivista 161, Io, la figlia della Dolce Vita, Sara Pastore racconta Aichè Nanà, sua madre, dicembre 2018, pag. 22
2019
- Rivista 162, Maddalena Caccavale Menza, A che servono questi quattrini, In scena al Teatro Ghione di Roma, gennaio 2019, pag. 29
- Rivista 162, Maddalena Caccavale Menza, Al Teatro Italia di Roma i Russian Stars con “Il lago dei cigni”, gennaio 2019, pag. 52
- Rivista 163, Maddalena Caccavale Menza, Enrico Lo Verso al Teatro Ghione, febbraio 2019, pag. 35
- Rivista 163, Maddalena Caccavale Menza, I Tamburi del Vesuvio al Vascello, febbraio 2019, pag.35
- Rivista 164, Maddalena Caccavale Menza, Il Fu Mattia Pascal al Teatro Ghione, marzo 2019, pag. 49
- Rivista 164, Maddalena Caccavale Menza, La gatta Cenerentola, febbraio 2019, Pag. 54
- Rivista 165, Maddalena Caccavale Menza, Massimo Ranieri ne “Il Gabbiano” al Teatro Quirino di Roma, marzo 2019, pag. 44
- Rivista 165, Maddalena Caccavale Menza, “Credo” il nuovo disco di Vincenzo Incenzo, marzo 2019, pag. 48
- Rivista 165, Maddalena Caccavale Menza, Queserà, marzo 2019, pag. 49
- Rivista 167, Maddalena Caccavale Menza, La leggenda dell’isola dei gatti dalla lunga coda, giugno 2019, pag.5
- Rivista 167, Maddalena Caccavale Menza, Mai dire mai, giugno 2019, pag. 13
- Rivista 167, Maddalena Caccavale Menza, “Il Fauno” Nicola Vicidomini, maggio 2019, pag. 33
- Rivista 168, Maddalena Caccavale Menza, Omaggio ai Led Zepelin, La No Quartet Band al Vitala Fesstival, luglio /agosto 2019, pag. 13
- Rivista 169, Maddalena Caccavale Menza, La casa qualunque, La mostra dedicata alla poesia, realizzata da Sabina D’Angelosante e Boh, settembre 2019, pag. 17
- Rivista 169, Maddalena Caccavale Menza, William and Elizabeth, settembre 2019, pag. 35
- Rivista 171, Maddalena Caccavale Menza, Intervista a ConyRay, novembre 2019, pag. 10-11
- Rivista 171, Maddalena Caccavale Menza, L’attimo fuggente al Teatro Ghione, novembre 2019, pag. 35
- Rivista 172, Maddalena Caccavale Menza, Dall’incontro tra Alida Castagna e Stefano Maria Palmitessa nasce il nuovo spettacolo teatrale “Il neonato refrattario 4.0, dicembre 2019, pag. 10
2020
- Rivista 173, Maddalena Caccavale Menza, Premiata Emanuela Del Zompo della Bon’tworry, gennaio 2020, pag.30
- Rivista 173, Maddalena Caccavale Menza, Intervista a Vera Ambra, (Premiata Maddalena Caccavale Menza al Premio L’ebbrezza della vita”), gennaio 2020, pag.30-31
- Rivista 173, Maddalena Caccavale Menza, A Roma San Pietro il presepe dei netturbini, Intervista all’autore Giuseppe Ianni, un uomo ricco di fede e di gioia, gennaio 2020, pag. 32-33
- Rivista 174, Maddalena Caccavale Menza, Conoscere Fellini: una fortuna immensa, febbraio 2020, pag. 34-35
- Rivista 174, Maddalena Caccavale Menza, Il Rompiballe al Teatro Ghione di Roma, febbraio 2020, pag.35
- Rivista 175, Maddalena Caccavale Menza, Bon’tworry, C’è Bo Guerreschi contro la violenza di genere, giugno 2020, pag. 28-29
- Rivista 176, Maddalena Caccavale Menza, Intervista a Chiara Gamberale, luglio/agosto 2020, pag. 28
- Rivista 177, Maddalena Caccavale Menza, Volontariamente, Intervista al Presidente dell’Associazione Fabrizio Berliri, settembre 2020, pag. 28
- Rivista 178, Maddalena Caccavale Menza, Un volto per fotomodella Finale regionale del Lazio e Finale Nazionale, ottobre 2020, pag. 10-11